L'ex ministro e la coniuge accusati di aver sottratto dalla residenza cinquecentesca - sequestrata dopo il patteggiamento nel processo Mose
Portarono via mobili e suppellettili, ma anche i piatti doccia, i lavandini, i wc, le vasche, i caminetti, i termosifoni. Quando l’ex ministro Giancarlo Galan e la moglie Sandra Persegato lasciarono Villa Rodella, non organizzarono un trasloco, ma secondo la Procura una specie di saccheggio. Entrambi sono accusati di aver sottratto, danneggiato e disperso quanto si trovava all’interno della lussuosa casa cinquecentesca di Cinto Euganeo, in provincia di Padova, ma il dato nuovo – racconta il Gazzettino – è che la Persegato si è presa tutta la responsabilità, scagionando così l’ex presidente della Regione Veneto.
Sia Galan sia la Persegato nei giorni scorsi sono stati interrogati dal procuratore capo di Rovigo Carmelo Ruberto. E la moglie dell’ex ministro si è presa tutte le colpe: è stata lei a organizzare la partenza, lui aveva altri problemi da risolvere. Una mossa, probabilmente, per alleviare la posizione di Galan, che già ha scontato diversi mesi agli arresti domiciliari (proprio a Villa Rodella) e ha già una prima sentenza – definitiva da settembre – con cui dover fare i conti. Ma la decisione di portare via caminetti, termosifoni, wc e vasche, secondo i magistrati, ha alterato il valore della residenza. Diverso il parere degli avvocati, Niccolò Ghedini per Galan e Mauro Zandolin per la Persegato, secondo i quali i beni erano accessori.