Quello di Stefano Rho è uno dei 20 casi di perdita del lavoro per "dichiarazioni false" avvenuto a Bergamo nell'ultimo anno. La Flg-Cgil lancia ora un appello ai parlamentari: "S'interessino del caso del professore e di riflesso dei casi di tutti coloro che sono stati colpiti così duramente per un'inesattezza giuridica"
Licenziato perché 11 anni prima aveva fatto pipì in un cespuglio. Stefano Rho, insegnante di filosofia di Bergamo sollevato dall’incarico per “dichiarazione falsa” rilasciata in un’autocertificazione al ministero dell’Istruzione, è uno dei 20 casi di licenziamento di questo genere registrati nel sistema scolastico bergamasco nell’ultimo anno. La storia di Stefano, sollevato dal suo incarico per una multa ricevuta nel 2007 per aver compiuto “atti contrari alla pubblica decenza orinando nei pressi di un cespuglio” nel 2005, però, ha fatto più scalpore delle altre, tanto da far partire una petizione sul sito change.org dal titolo “Chi ha pisciato fuori dal vaso? Reintegrate Stefano Rho”. “Quando la giustizia si intreccia con la burocrazia è solo capace di accanirsi sulle cose piccole mentre tollera i misfatti, i giochetti e i cavilli…” si legge sulla pagina della petizione, indirizzata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al ministro della Pubblica Istruzione, Stefania Giannini e al giornalista del Corriere della Sera che ha raccontato la storia, Gian Antonio Stella.
In poco tempo la mozione per la reintegrazione del professore di filosofia ha raggiunto più di 3.000 firme, accompagnati da messaggi di solidarietà e indignazione per la disavventura del 43enne. Molti conoscono di persona Stefano, altri grazie ai figli, ex studenti del docente che fino all’11 gennaio insegnava in vari licei di Bergamo. Fin quando il dirigente scolastico Patrizia Graziani non ha dovuto licenziarlo, facendogli perdere tutte le “anzianità accumulate negli ultimi anni e la cancellazione da tutte le graduatorie provinciali” come raccontato sul Corriere. Tutto perché una notte di Ferragosto del 2005, dopo una birra con gli amici ad Averara, paesino di 182 abitanti, non trovando un bar aperto ed essendo la strada quasi completamente buia, Stefano non ha saputo resistere al richiamo della vescica e insieme ad un amico, ha urinato in un cespuglio. Beccati dai carabinieri i due al momento hanno solo ricevuto una ramanzina, salvo poi ritrovarsi a dover pagare una multa da 200 euro due anni dopo. Rho e l’amico hanno saldato il conto con la giustizia, credendo che la vicenda potesse ormai essere accantonata.
A settembre del 2013, dopo 15 anni di sostituzioni e precariato, Stefano firma un’autodichiarazione nella quale afferma di non aver mai “di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi scritti del Casellario giudiziario ai sensi della vigente normativa” ma dopo tre mese dai controlli emerge la multa del 2007 e l’insegnante viene chiamato dal dirigente scolastico per un chiarimento: spiegata la vicenda la Graziani decide di non allontanarlo dalla professione, limitandosi alla censura. Per la Conte dei Conti però Stefano va licenziato.
Dopo la pubblicazione della storia di Stefano, Elena Bernardini, segretario generale provinciale della Flc-Cgil di Bergamo ha raccontato che il realtà “sono già almeno 20 i casi di licenziamento per questo tipo di ‘dichiarazione falsa’ dall’inizio di quest’anno scolastico”. Il motivo è presto detto: tutti coloro che vengono assunti a scuola devono firmare un’autocertificazione in cui dichiarano di non aver mai avuto condanne penali e per questo richiedono al Tribunale il Certificato penale del Casellario Giuridico. Le condanne o multe minori però godono del “beneficio di non menzione” motivo per cui non compaiono nel documento ufficiale. Quando però è la Pubblica Amministrazione a richiedere il Casellario, lo spazio bianco dedicato alle condanne si riempie, creando l’incongruenza che fa scattare la “dichiarazione falsa”
Fino allo scorso anno il reo se la cavava con una multa o un provvedimento disciplinare: “Non era mai successo che si giungesse a misure così drastiche” ha sottolineato la Bernardini. Dal 2015 la Corte dei Conti ha deciso di applicare rigidamente la regola, facendo scattare il licenziamento: “È inaccettabile – commenta il segretario Flg-Cgil – la sproporzione tra la misura adottata e l’errore formale d’origine. Tra l’altro, si colpisce il lavoratore per questioni che non avrebbero per nulla inciso né sul diritto all’assunzione né sulle graduatorie, insomma penalizzando persone che hanno tutte le carte in regola per lavorare”. “Per questo facciamo appello a giudici e parlamentari: si interessino del caso del professore Rho e di riflesso dei casi di tutti coloro sono stati colpiti così duramente per un’inesattezza procedurale” ha concluso.