di Rebecca Arcesati per SpazioEconomia
In Cina i piccoli risparmiatori privi di esperienza in borsa costituiscono circa l’80% degli investitori. Negozianti, studenti e moltissimi pensionati – si sono guadagnati il soprannome di “trader in pigiama” – sono loro ad aver perso di più con i massicci crolli dei listini la scorsa estate. In un Paese dove i depositi bancari offrono scarsi interessi, investire nel mattone è sempre meno sicuro e le regole troppo rilassate, molti si rivolgono al prestito online. E dietro la promessa di rapidi e facili guadagni, la truffa è diffusa.
Il caso eZubao, che ha condotto a 21 arresti, sembra figlio di questa schizofrenia collettiva. Creata dal nulla dal 34enne Ding Ning, in soli 18 mesi l’azienda era diventata la più grande piattaforma di online finance cinese. Tutto orchestrando una truffa ai danni di 900mila investitori, sostenuta da un’attiva campagna di marketing su tutte le principali emittenti per acquisire credibilità. I guadagni erano reinvestiti in stipendi e benefit esorbitanti per i dipendenti.
Il 95% dei progetti pubblicizzati era fasullo, eppure l’azienda offriva ritorni immediati tra il 9 e il 14,6%, margine ben più alto rispetto ai principali strumenti finanziari. Così aveva attirato l’interesse di investitori dilettanti in tutto il Paese, ai quali non era posto alcun limite di entrata iniziale. Come ammesso dall’ex Presidente Zhang Min, l’intero sistema si basava sullo schema Ponzi: i vecchi debiti non venivano pagati utilizzando utili reali, bensì le somme investite dai nuovi clienti, un meccanismo piramidale in cui agli investitori ignari veniva richiesto di reclutare nuovi clienti – amici, zii, cugini – in modo da proseguire lo schema. A dicembre tutto ha cominciato a vacillare e le autorità hanno aperto le indagini, congelando i beni della società in quattro province. Prosegue ora la ricerca di nomi e flussi di denaro. Alcuni dei fondi sarebbero stati reinvestiti per fondare una banca in Myanmar.
La finanza Peer 2 Peer (P2P) è una delle nuove frontiere mondiali dello shadow banking e sta conoscendo un’espansione notevole in Cina, dove ha un ruolo chiave nel garantire accesso al credito alle imprese private, ossatura dell’economia. Le banche sono la roccaforte di imprese statali e società immobiliari, così reperire finanziamenti è difficile specie per le piccole e medie imprese. A ottobre 2015 il numero di piattaforme di online lending era balzato a 2520 da appena 50 nel 2011, con un aumento del 71% solo dal 2014 e quasi 19 miliardi di dollari di transazioni. Tali siti operano al di fuori degli intermediari tradizionali quali banche e istituzioni finanziarie e comportano alti livelli di rischio.
Sulla scia del boom della finanza online, grandi aziende quotate, business privati e anche istituzioni finanziarie statali hanno messo a punto proprie piattaforme P2P. Si pensi a Tancent e Alibaba, le quali hanno lanciato servizi online che non solo si occupano di P2P, ma hanno diversificato notevolmente l’offerta spaziando per diversi prodotti di wealth management. Lufax, una delle maggiori operatrici P2P, prevede che il settore finanziario online raggiungerà 565 miliardi di dollari entro il 2018, diventando nove volte più grande di quello statunitense. Secondo Northeast Securities, circa il 70% degli utenti di Internet hanno utilizzato in qualche modo la finanza online nella prima metà del 2015.
Il problema rimane la scarsa regolamentazione. Non dimentichiamo che la bolla finanziaria che lo scorso anno ha fatto perdere allo Shanghai Composite Index oltre un terzo del suo valore è stata alimentata in gran parte dalla mole di credito preso a prestito online. A dicembre 2015 il 30% delle piattaforme era considerato dalle autorità “problematico” e negli ultimi sei mesi un terzo è fallito. Temendo i rischi eccessivi, questo mese la Agricultural Bank of China ha bloccato l’accesso a prestiti P2P da parte dei suoi clienti.
In seguito ai crolli di borsa – che hanno favorito la finanza online in quanto alternativa ai listini – il governo ha finalmente deciso di “ripulire il mercato”. La bozza di regolamentazione di dicembre stabilisce che gli intermediari finanziari online devono limitarsi a tale ruolo e non possono raccogliere o prestare fondi autonomamente, né promettere utili. La Banca Cinese del Popolo avrà un ruolo maggiore di supervisione.
Nuove regole servono per disciplinare un mercato la cui crescita salutare e regolamentata è contemplata anche nel 13esimo Piano Quinquennale: il governo intende incoraggiare canali di finanziamento alternativi per le imprese private e rompere il monopolio creditizio delle grandi aziende statali (SOE) nell’ambito della più ampia strategia che mette al centro innovazione, Internet e servizi anche nel comparto finanziario.