Cinema

Il viaggio di Norm, l’orso ecologista che cerca di salvare il mondo (ma non ci crede nemmeno lui)

Il viaggio di Norm spinge su un aspetto politico ed etico del racconto senza crederci minimamente, si basa su un’animazione semplificata che non utilizza tutte le possibilità performative della computer grafica. Insomma un’operazione che non soddisfa gli adulti e che forse strapperà qualche risata ai bambini

di Davide Turrini

Il cinema d’animazione è uno strano oggetto dei desideri cinefili. Superata la fase ingenua e poetica dell’infanzia, poi quella della passionalità su tecnica e meccanismi compositivi della tarda adolescenza, si arriva al momento in cui si attende una sorpresa, un guizzo, qualcosa di inatteso a livello generale dell’opera. Ecco, di fronte a Il viaggio di Norm, purtroppo, non si ritrova nulla di tutto questo. A partire dal protagonista, un orso polare, che doveva essere vegano. Così si era raccontato in numerose anticipazioni di produzione e distribuzione italiana con trailer e clip. Eppure di vegano il povero Norm deve avere giusto un’unghia delle zampe. L’orso bianco, un po’ impacciato nel rincorrere le sue prede, di fondo non ama molto cacciare. Glielo dice anche un collega orso: “Agisci più con lo stomaco che col cuore”. Dopo aver rincorso una foca, sfinito e incapace di mangiarsela, eccolo allora trastullarsi con la fochina in grembo mentre le racconta gli highlights della sua infanzia sui generis. Da qui dovremmo dedurre che non sbaffandosi la polposa bestiola, Norm ha naturali tendenze vegan. Giusto metà film, appena in tempo per aver dimenticato la questione nutritiva, e Norm nel ristorante in cui si serve sushi si infila in bocca due bei pesci palla vivissimi. Roba che nemmeno Fantozzi con le polpette di Bavaria. Addio veganismo. Rimane l’orso ecologista. Il Norm che compie un viaggio a New York per salvare la popolazione dell’Artico dalla vorace speculazione edilizia.

Questo il cuore del film diretto da Trevor Wall. L’impronta ecologica dell’intera operazione è chiara, perché prologo e innesco dello script di Daniel e Steven Altiere, Malcolm T. Goldman, Jamie Lissow, portano gli animali dell’Artico a rifiutare le logiche di mercato che vogliono orsi e foche come oggetti del turismo voyeuristico più sfrenato, o addirittura impiantare sul ghiaccio un bel villaggio con villette  disegnate alla Frank Gehry. E’ qui che Norm decide di salvare il suo angolo di pianeta. Si scapicolla fin nella Grande Mela dove tenterà di sventare il piano di mister Green, un odioso speculatore edilizio che sembra una caricatura da insegnante di ballo isterico di qualche film parodico sulla danza. L’orso, che parla l’ “umanese”, finirà per esprimere una delle sue doti migliori a fini commerciali (il ballo) e tra talk show e apparizioni tv proverà in mondovisione a far capire come l’uomo stia distruggendo un spazio incontaminato del pianeta terra.

E’ però inutile continuare sul terreno farraginoso dello script che si avviluppa su se stesso e cerca una conclusione che sembra non arrivare mai. Una rondine non fa primavera, e nemmeno un film. Il viaggio di Norm spinge su un aspetto politico ed etico del racconto senza crederci minimamente, si basa su un’animazione semplificata che non utilizza tutte le possibilità performative della computer grafica. Insomma un’operazione che non soddisfa gli adulti e che forse strapperà qualche risata ai bambini, anche se la penuria di caratteri e soluzioni animate – l’esiguo numero di animali trattati e trasformati, il rallentamento motorio degli umani – rischia di diventare un problema nel rilanciare continuamente il racconto percepibile anche per i più piccini. Producono Lionsgate e Splash Entertainment che, con il regista Wall e il team d’animazione, hanno ideato la serie animata Sabrina – Vita da Strega.

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