Associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione, usura, reati ambientali e reimpiego di capitali illeciti. Queste le principali contestazioni della Dda di Bologna dopo l'operazione che a gennaio 2015 portò a 117 arresti. Accusato di voto di scambio l'ex assessore Pdl Bernini. Richiesta di giudizio anche per Nicolino Grande Aracri, considerato il referente del clan di Cutro
I pm della Direzione distrettuale antimafia di Bologna Marco Mescolini e Beatrice Ronchi hanno chiesto la condanna per tutti i 71 imputati giudicati in rito abbreviato per il caso Aemilia. Richieste pesantissime, fino a 20 anni di carcere, quelle arrivate la sera di mercoledì 3 febbraio nell’aula speciale allestita alla fiera di Bologna per il primo maxi-processo di ‘ndrangheta in regione. Poco più di un anno fa, il 28 gennaio 2015 un’operazione coordinata dalla Dda portò a 117 arresti (nella foto, il procuratore Roberto Alfonso alla conferenza stampa di presentazione dell’operazione), con lo smantellamento di quello che secondo l’accusa era una vera e propria ‘ndrina autonoma emiliana, con sede a Reggio Emilia e un forte legame con la cosca Grande Aracri di Cutro, nel Crotonese. Su 236 imputati, prima di Natale in 167 erano stati i rinvii a giudizio e il dibattimento inizierà a marzo a Reggio Emilia. I restanti, tra cui molti dei nomi importanti dell’inchiesta e quelli che sono considerati dalla Procura i vertici dell’associazione criminale, avevano chiesto invece il rito abbreviato.
Tra gli accusati di associazione di stampo mafioso, le richieste più pesanti, 20 anni, sono arrivate per coloro che sono considerati i due promotori, Nicolino Sarcone e Alfonso Diletto e per due organizzatori, Giuseppe Giglio e Antonio Silipo. Per altri tre accusati di essere i promotori dell’associazione, Antonio Gualtieri, Romolo Villirillo e Francesco Lamanna, i pubblici ministeri hanno chiesto rispettivamente 18 anni, 17 anni e 8 mesi, 16 anni e 8 mesi. Pene lievemente più basse per altri accusati di associazione mafiosa: Giuseppe Richichi (16 anni), Giulio Giglio (15 anni e 8 mesi), Donato Agostino Clausi (15 anni), Salvatore Cappa (14 anni e due mesi), Roberto Turrà (14 anni), Giuseppe Pallone (13 anni e 4 mesi), Francesco Frontera e Alfonso Martino (12 anni e 8 mesi), così come per Domenico Mesiano, poliziotto ed ex autista del questore di Reggio Emilia; 12 anni e 4 mesi per Pasquale Battaglia, 12 anni perMichele Colacino, Selvino Floro Vito e Francesco Lepera.
Tra gli accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, 13 anni e 8 mesi sono stati chiesti per la fiscalista bolognese Roberta Tattini, 12 anni per il consigliere comunale di Forza Italia a Reggio Emilia, Giuseppe Pagliani. Tredici anni sono stati chiesti inoltre per un altro poliziotto, Antonio Cianflone, 14 anni per il giornalista Marco Gibertini, 12 anni per Fulvio Stefanelli, marito di Tattini e sei anni per Giovanni Paolo Bernini, ex presidente del consiglio comunale ed ex assessore Pdl del Comune di Parma, accusato di voto di scambio politico-mafioso.
Per Nicolino Grande Aracri, considerato il punto di riferimento dell’omonima famiglia, la richiesta è stata di 12 anni per estorsione e trasferimento fraudolento di beni, con l’aggravante di aver favorito un’organizzazione mafiosa. Nel processo Aemilia tuttavia non risponde di associazione a delinquere di stampo mafioso, né di concorso esterno: la sua è l’unica posizione per cui sono state chieste dai pm delle assoluzioni per alcuni capi di imputazione.
Per Giulio Gerrini, ex responsabile ai lavori pubblici del Comune di Finale Emilia l’accusa ha chiesto 3 anni e sei mesi di reclusione. Per lui l’accusa della procura è abuso d’ufficio con l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa.
Tra le accuse contestate ai 71 imputati ci sono anche estorsione, usura, danneggiamento, minacce; chi di reimpiego di denaro di provenienza illecita, truffa, reati ambientali. Ora la parola passerà alle parti civili, poi alle difese. La sentenza del giudice Francesca Zavaglia è prevista tra fine febbraio e inizio marzo.