Il ragazzotto prestante che al cinema ha recitato anche per Ozpetek, Zeffirelli e Tinto Brass, è anche l'emblema massimo di un certo modo di proporre la serialità in televisione. Avete mai avuto la ventura di guardare qualche spezzone de L'onore e il rispetto o Il peccato e la vergogna? Onestamente speriamo di no. Ora Dario Oliviero (questo è il vero nome di Garko) ha un'occasione diversa, inedita per il suo percorso professionale. Per motivi che sfuggono alla comprensione umana, Carlo Conti lo ha scelto come “valletto” : Garko, conquistaci
Bello è bello, per carità. E chi lo conosce personalmente parla anche di una ragazzo molto simpatico. A noi, però, tocca il compito di tracciare un ritratto pubblico di Gabriel Garko, l’attore chiamato da Carlo Conti a far da “valletto” al prossimo Festival di Sanremo. A Dario Oliviero (questo è il vero nome di Garko), piemontese di Settimo Torinese, va riconosciuta una granitica cocciutaggine, una caparbietà indefessa, una voglia spasmodica di realizzare il sogno di diventare attore. E ce l’ha fatta, eccome se ce l’ha fatta, imponendosi come l’attore di fiction più amato dalle donne italiane, una sorta di gallina dalle uova d’oro per la serialità targata Mediaset.
Ma il ragazzotto prestante che al cinema ha recitato anche per Ozpetek, Zeffirelli e Tinto Brass, è anche l’emblema massimo di un certo modo di proporre la serialità in televisione. Avete mai avuto la ventura di guardare qualche spezzone de L’onore e il rispetto o Il peccato e la vergogna? Onestamente speriamo di no, perché in fondo vi vogliamo bene, ma se vi è successo, allora sapete a cosa ci stiamo riferendo. A cominciare dal pessimo accento siciliano venato di piemontese, fino ad arrivare alle espressioni tutte uguali, che più che drammaticità sembrano esprimere costipazione, le performance di Garko sono l’antitesi della recitazione. Spiace ripeterlo, spiace accanirsi, ma se vogliamo essere onesti e dire le cose come stanno (senza farsi condizionare troppo dal successo di pubblico o dal potere dei canali televisivi), allora tocca ribadire, fino alla nausea o fino a che avremo fiato in corpo, che le fiction con Gabriel Garko sono “cagate pazzesche” (citazione colta, non inorridite). Punto e a capo.
Ora il “bello che non balla” ha un’occasione diversa, inedita per il suo percorso professionale. Per motivi che sfuggono alla comprensione umana, Carlo Conti lo ha scelto come “valletto” sul palco dell’Ariston. D’accordo, forse i motivi non sfuggono affatto, visto che il pubblico televisivo femminile va in visibilio ogni qualvolta Dario da Settimo Torinese compare sullo schermo. Stando alle testimonianze di chi lo conosce bene, però, Garko in privato sarebbe un brillantone, un simpatico naturale. E allora speriamo che dia prova di queste doti fino a oggi tenute gelosamente (ed efficacemente) nascoste, stupendo i critici e chi ha storto il naso all’annuncio del suo ingaggio sanremese.
Conquistando pubblico e critica come “valletto”, Garko farebbe sparire in un lampo gli sfottò sul suo “talento” recitativo, quelli ancora più virali e spassosi sulle pagnotte al posto degli zigomi sfoggiate qualche tempo fa a L’Arena di Giletti (trattavasi di conseguenza di una cura cortisonica, fece sapere il belloccio), magari anche le antiche e insistenti voci sulla sua presunta omosessualità (negata pubblicamente in un’intervista rilasciata a Oggi). La settimana sanremese, dunque, potrebbe trasformare il bersagliatissimo Garko (che divide questo triste primato con la compagna di tante fiction e di tante battute recitate male Manuela Arcuri) nella rivelazione di questo Festival e, perché, gli aprirebbe nuovi scenari professionali sul fronte del varietà e dell’intrattenimento (con il benefico effetto collaterale rappresentato dalla diminuzione di fiction girate e propinate al povero pubblico televisivo). In fondo, da Virginia Raffaele ci si aspetta molto, da Madalina Ghenea nulla, mentre da Garko ci si aspetta tutto il peggio possibile. Sembra una condizione di svantaggio, in realtà è l’esatto contrario. Gabriel non ha nulla da perdere: mal che vada tornerà tra le amorevoli braccia di Mediaset, che gli farà girare altre ottocento stagioni de L’onore e il rispetto, sfruttando l’onda lunga delle poche pretese del suo pubblico di riferimento. E allora vai, Dario da Settimo Torinese. Stupiscici, conquistaci, distruggi in sette giorni un giudizio costruito (con cognizione di causa) in anni di accenti siciliani sballati e di monoespressività sfoggiata con tracotante bellezza. È la tua occasione. L’unica, probabilmente.