L'esecutivo sembra un pugile alle corde, frastornato e incapace di reagire. E colleziona figuracce al tavolo europeo. Ma in un contesto di sfiducia generalizzata verso il sistema bancario, i ritardi peggiorano il quadro. Occorre accelerare l’iter di accertamento delle responsabilità a carico dei soggetti coinvolti nei dissesti e i risarcimenti e velocizzare anche il recupero dei crediti
Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione non è affatto eccellente. Anzi, sembra avvitarsi di settimana in settimana. Le proteste delle vittime del decreto Salva Banche proseguono (sabato 30 gennaio hanno manifestato in Piazza Santi Apostoli a Roma), ma il governo a due mesi da quel fatidico 22 novembre non solo continua a non dare risposte, ma non ha ancora nemmeno varato i decreti per stabilire i requisiti per i risarcimenti e per affidare la gestione degli arbitrati all’Authority anticorruzione. Decreti ritenuti urgenti dallo stesso governo a fronte dei circa mille casi già individuati di persone che in obbligazioni subordinate erano state indotte a investire buona parte dei loro risparmi e si trovano ora in condizioni di indigenza. Ci vorranno ancora settimane, forse più: da indiscrezioni sembra che Palazzo Chigi voglia formulare un apposito decreto legge anziché emanare i decreti ministeriali che permetterebbero di avviare subito il lungo iter degli arbitrati e dei rimborsi. In ogni caso le norme non sono ancora pronte dato che continuano a susseguirsi gli incontri di lavoro tra ministero dell’Economia, Anac e ministero della Giustizia.
In un contesto di sfiducia generalizzata verso il sistema bancario, i ritardi non aiutano. Oltre ai decreti sui rimborsi per i risparmiatori truffati, sono slittati anche l’approvazione della riforma delle banche di credito cooperativo e i decreti sulla garanzia statale sulle cartolarizzazioni dei non performing loans. Dopo aver sbandierato a parole un’intesa sulle sofferenze bancarie con Bruxelles, l’Italia sembra aver difficoltà a metterla nero su bianco mentre da giorni in Borsa i titoli bancari sono falcidiati dalle vendite alimentando ulteriormente i dubbi sulla tenuta del sistema.
Sulla questione banche il governo sembra un pugile alle corde, frastornato e incapace di reagire come dimostrano anche le ripetute prese di posizione a favore di una revisione del meccanismo del bail-in. Come si fa a essere presi sul serio quando si sostiene – come fa il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – che le nuove norme “creano più instabilità del previsto” e che “occorre una fase transitoria che dovrebbe essere accompagnata da accorgimenti che mettano a disposizione strumenti per affrontare singoli problemi che possono colpire singoli istituti bancari”. Quale fase transitoria? Quali strumenti? Il bail-in è stato votato in sede europea anche dall’Italia e la normativa è stata recepita dal nostro ordinamento ed è entrata in vigore con il primo gennaio. Non sono previste alternative alla risoluzione delle banche in crisi, né tanto meno è prevista una fase transitoria: di che parla il ministro?
Qualche giorno fa era stato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco a chiedere la revisione delle norme sul bail-in e da Bruxelles era arrivata pronta la risposta che “non ci sono piani per cambiare la Brrd”. Più che continuare a collezionare figuracce al tavolo europeo, il governo farebbe bene a occuparsi della tutela del risparmio, di come rendere più veloce l’iter di accertamento delle responsabilità a carico dei soggetti coinvolti nei dissesti delle banche (amministratori, dirigenti, sindaci, revisori, autorità di vigilanza) accelerando così i tempi dei risarcimenti a favore delle vittime. E, non meno importante, varare in fretta le norme che servono a velocizzare i tempi di recupero dei crediti, norme di cui si devono poter avvantaggiare tutti e non solo le banche che hanno crediti in sofferenza.