Mentre il PD di Renzi continua a beneficiare della polemica anti-Bruxelles e della crociata in solitaria contro “i burocrati perversi”, come sottolineano tutti i sondaggi, incassa anche l’adesione entusiasta di Totò Cuffaro che dichiara senza giri di parole di volergli portare in dote il suo cospicuo pacchetto di voti.
E’ molto compiaciuto l’ex-governatore della Sicilia, ritornato in libertà dopo aver scontato la sua condanna (con un anno indultato) per favoreggiamento aggravato alla mafia e che, non è male ricordarlo, aveva già da politico colluso fatto proprio lo slogan “la mafia fa schifo“. E appena scarcerato ha voluto ribadire che “la mafia è un cancro” e che la politica è per lui una storia chiusa.
Cuffaro rivendica come un merito tutto suo il corposo elenco delle new entry imbarcate dal sottosegretario all’istruzione Davide Faraone fin dalla Leopolda-Faraona del 2015, dove esibivano la loro riconversione ex-tutto accomunati dall’imprinting di Totò- vasa-vasa e dalla prodigiosa capacità di convogliare nel “nuovo” partito di Renzi il tesoro di quello che in buona parte fu “il granaio” siciliano di Casini & co.
Secondo Cuffaro lui con i suoi di sempre può spostare quel milione e ottocentomila voti guadagnati con i baci per tutti e con la disponibilità totale ed ininterrotta dei confronti dei potentati politico-mafiosi e dei singoli boss accertate nella condanna definitiva. L’attrazione irresistibile per i transfughi, convertiti, o riciclati senza soluzione di continuità, già targati FI o Udc, già cuffariani o lombardiani, poco importa, è “il partito post democristiano” che all’ombra della rottamazione “ha restaurato” i suoi tempi come osserva sinteticamente Cuffaro. E liquidarlo come un povero millantatore che rivendica “meriti” fasulli per sentirsi ancora “protagonista” non è molto facile, perché la lista della classe politica e dirigente siciliana trasmigrata è molto lunga e i nomi sufficientemente eloquenti.
A scandalizzarsi, come già di recente per “l’affiancamento” di Verdini sempre più concreto e fondamentale è stato ancora una volta Roberto Speranza che si è posto la domanda tabù “come ci siamo ridotti”? E a “rispondere” è stato Lorenzo Guerini sempre zelante nel negare l’evidenza che ha rispedito al mittente le rivendicazioni e gli apprezzamenti imbarazzanti di un “sopravissuto” come Totò Cuffaro che vede pienamente restaurati i suoi tempi nel partito che doveva liquidare “la vecchia politica”.
Con un copione immutabile si assiste sempre alla stessa sceneggiata; il problema non è un Pd siciliano, ma non solo, egemonizzato dai poteri clientelari e collusi in modo più ostentato e capillare che mai, ma “il polverone” che sollevano per trovare visibilità i pochi e ininfluenti non allineati nel partito.