Sperimentatore di contaminazioni musicali, Eugenio Bennato tira le somme di una lunga carriera artistica con Canzoni di contrabbando, antologia che raccoglie 13 brani che meglio descrivono il percorso creativo del musicista napoletano. “Il titolo è legato alla modalità in cui viene diffuso il disco – racconta Bennato – che è fuori da ogni logica commerciale. Le mie canzoni, del resto, hanno avuto sempre percorsi alternativi. Alcune hanno avuto il privilegio di essere arrivate al grande pubblico e di rimanere nell’immaginario collettivo, come Brigante se more”. L’intento è far riscoprire, attraverso le sue canzoni, il Sud e il suo lato propositivo: “Con la crisi dei valori occidentali – prosegue – la cultura del Sud può essere un valore aggiunto, offrendo valori diversi. Come quello della lentezza che si contrappone alla velocità digitale, l’amicizia, contro la razionalità della società odierna e in ultimo il concetto di integrazione”, espresso nell’unico brano inedito del disco, Mon père et ma mère: “Racconta il mio incontro con un giovane migrante che attraversa gran parte dell’Africa per poi fermarsi di fronte al Mediterraneo, perché è lì che c’è la difficoltà maggiore, è lì che si interrompe il viaggio e inizia l’incertezza”. Nel video del brano duetta con la figlia Eugenia: “Lei vive a Tangeri ed molto sensibile a queste tematiche. Ha scritto un rap in francese in cui esprime un concetto importante: ‘Insieme, nello stesso cammino, musulmani e cristiani’”.
Bennato, che idea si è fatto della questione migranti?
Ognuno ha il suo ruolo e credo che quello del musicista sia nell’ambito della sperimentazione musicale. Ad esempio il rap arabo nella mia musica l’ho integrato molti anni fa, credo di essere stato il primo in Italia, forse anche in Europa. Certo, rispondeva a un’esigenza squisitamente artistica, che rappresenta la multietnicità dell’occidente contemporaneo. Il problema migranti trascina con sé esigenze di carattere organizzativo, logistico, politico. Però questo non impedisce che la musica vada dove deve andare. Nell’America del secolo scorso, l’arrivo delle voci nere dall’Africa hanno portato una nuova alchimia che ha prodotto il Gospel, il Blues e il Rock. Io credo che la strada sia questa, e da musicista lo testimonio con intuizioni e collaborazioni artistiche. Poi da cittadino posso dire la mia, ma preferisco parlare attraverso la musica.
È un problema che conosce bene: lei è andato alla fonte dei ritmi e delle leggende che risuonano anche nelle canzoni popolari italiane.
Sì, l’intento è riscoprire il Sud e il suo lato propositivo. Con la crisi dei valori occidentali, la cultura del Sud può essere un valore aggiunto. Queste sono parole un po’ vaghe, ma mi sono accorto che c’è un pensiero sempre più diffuso oggi anche tra filosofi e sociologi che va verso questa direzione.
Con le sue canzoni e con la cultura ha rovesciato in positivo la Questione Meridionale.
La questione meridionale, quella classica, storica, che riguarda lo squilibrio fra Nord e Sud, si inserisce in questo percorso. Oggi sembra un po’ superata, ma invece si è estesa e allargata agli altri Sud del mondo. In Canzoni di contrabbando questi temi sono legati e coerenti fra di loro.
Lei porta avanti anche la questione del Federalismo.
A un certo punto però ho dovuto prendere posizione contro certe rivendicazioni autonomistiche che sono antistoriche. Fra i miei sostenitori ci sono neoborbonici che dicono delle cose che condivido, ma poi esagerano quando rivendicano un secessionismo che non mi appartiene assolutamente e che non condivido. Quindi per me il problema non è quello di ripristinare lo status quo di 150 anni fa, ma di aprire le menti e far riflettere sul fatto che oggi più che mai, nell’era globalizzata, è necessario che suonino i tamburi di ogni villaggio, che ogni essere umano possa esprimere la propria identità e le proprie radici.
Come vede la Lega di Salvini che viene anche a Napoli per chiedere voti?
Salvini mi sembra una persona visibilmente grossolana e ignorante. Nelle sue esternazioni manifesta un’ignoranza tipicamente settentrionale, che non condivido assolutamente.
E dell’Italia renziana cosa ne pensa?
Sulla politica attuale ritengo che ci sia un dibattito poco chiaro, non ho posizioni precise, mi sembra che siano argomenti impalpabili in cui non vorrei addentrarmi. Mi interessa poco, mi interessano altre questioni.
La legge di Stabilità del governo Renzi, però, contiene interventi di grande portata per la cultura, come ha sottolineato il ministro Dario Franceschini: “Torna a esserci finalmente un grande investimento nel settore della cultura”.
Spero che sia così, ma noi che siamo in prima linea i soldi non li vediamo e andiamo avanti a furor di popolo!