Visto che sulle unioni civili il partito sembrava finalmente compatto, lo scontro interno al Pd tra renziani e non renziani, tra sostenitori del partito della nazione e quelli della “ditta”, si è spostato in Sicilia per il caso di Totò Cuffaro. L’ex presidente della Regione Sicilia, che ha appena finito di scontare la sua pena per favoreggiamento a Cosa nostra, ha detto che i suoi voti (“un milione e 800mila”) si sono spostati verso il Pd. E se in un primo tempo il confronto era stato locale, ora il livello dello scontro diventa nazionale, anche perché è di pochi giorni fa il caso – quello acclarato – di una “mareggiata” di forzisti che erano passati nel Pd. Così da una parte c’è Roberto Speranza, uno dei leader della minoranza democratica, che dice che “se non si dà un segnale fermissimo e rigorosissimo sulla vicenda Cuffaro il Pd è morto”. E dall’altra c’è il vicesegretario Lorenzo Guerini – che è il diplomatico che gestisce sempre le “crisi” nei territori – che risponde che i controlli si fanno, per ora di anomalo non c’è niente, ma “ogni tre o quattro mesi c’è qualcuno che apre una polemica sui nostri tesserati”. Ma ora un altro caso nasce in Liguria, a Spezia, e a allarmarsi è il ministro della Giustizia Andrea Orlando, ligure e spezzino. Sono 4400 le nuove tessere, oltre 1100 solo a Sarzana, in un momento cruciale per il Pd locale: domenica è in programma il direttivo provinciale in vista del congresso, previsto tra marzo ed aprile, per l’elezione del nuovo segretario. Un vero “boom” con numeri superiori alle tessere della provincia di Genova. Servirà “una verifica scrupolosa” dice Orlando che ha in mente il “modello Barca”.
Il segretario regionale Fausto Raciti, non proprio in linea con l’ortodossia renziana, ha deciso da una parte di far partire un controllo minuzioso delle tessere dei nuovi iscritti in Sicilia per verificare se ci siano “infiltrati cuffariani” e dall’altra di congelare il tesseramento. I garanti del Pd sono stati convocati a Palermo. Una scelta contestata dai renziani ma anche da Areadem, la corrente dei franceschiniani. Per Raciti “allargare un partito significa non mischiare acqua e olio ma spingere persone di provenienze diverse a riconoscersi in un’identità e un progetto comune”. “Mi aspetto che in questa sua azione a tutela del Pd venga sostenuto con forza dalla segreteria nazionale” ha detto Francesco Verducci, senatore dei Giovani Turchi e coordinatore di “Rifare l’Italia”. Una posizione rafforzata, anche in questo caso, dal ministro Orlando.
Tra coloro che criticano Raciti c’è l’altro “uomo forte” in Sicilia del Pd (e di sicuro tra i renziani) Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione: “Io Cuffaro in vita mia non l’ho mai incontrato. Non attribuisco un valore morale a questo fatto. È una questione generazionale. Per me è come se fosse un ex giocatore di calcio, prendete Gianluca Vialli, che oggi commenta le partite in tv. Ecco io lo vedo così”. Per Faraone la minoranza ha bisogno di nemici per esistere e “il tesseramento al Pd non è un’iscrizione riservata in un club di iniziati. Bisogna aprire le porte per intercettare tutte le energie positive”. Il sottosegretario insiste: “Il Pd ha cambiato veste ed è oggi un partito maggioritario, che beneficia di apporti nuovi, magari insoliti, ma sempre costruttivi”. E precisa che “siamo quelli che, avendo come riferimenti Pio la Torre e Piersanti Mattarella, mettono al centro la legalità, quella vera, lontanissima dai professionisti dell’antimafia e da chi a sinistra e nelle istituzioni, con la mazzetta di giornali sotto il braccio e pronto a ‘dettare la linea’ in nome di una presunta superiorità morale, ne ha tratto vantaggi e benefici”. Insomma “i titoli a tutta pagina dei giornali degli ultimi giorni inseguono fantasmi del passato”.
Il primo effetto è che Cuffaro giura di non dire più nulla: “Non dirò più una parola su quello che penso della situazione politica. Mi spiace che quanto ho detto, a mio parere un’ovvietà, sia stato causa di fraintendimenti, di incomprensioni, di inquietudini e di liti, dentro e fuori ai partiti”. Quindi da ora non parlerà più di politica “per non diventare oggetto di strumentalizzazione delle ipocrisie della politica”.
Ma oggi la battaglia è ricominciata. Ha iniziato l’ex segretario Pierluigi Bersani dicendo che sta solo cercando di “dare una sveglia”. Ha continuato Speranza: “Non può più esistere il Pd – aggiunge – se ci sono dentro gli uomini di Cuffaro, che rappresentano tutto un sistema di potere”. Ha proseguito il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che più o meno ha definito il controllo sui tesseramenti è sacrosanto. E’ intervenuto anche il senatore Miguel Gotor: “Caro Davide Faraone hai ragione: un partito non è un club di iniziati, ma neppure di affiliati. Stop al tesseramento”. E infine è tornato anche l’orfiniano Verducci: “Non capisco le polemiche su Raciti, semmai va ringraziato”.
E qui ecco le parole di Guerini. “Il nostro è un partito serio, ha procedure trasparenti e verificabili per il tesseramento, con organi di garanzia a territoriali e nazionali. Se ci sono situazioni che non vanno bene interveniamo, come sempre fatto”, dichiara. Guerini assicura un intervento “intransigente” se verranno rilevate irregolarità ma sottolinea che le polemiche interne al partito fanno “solo del male ai nostri iscritti, che sono persone perbene e che si impegnano nel partito perché ne condividono ideali e azioni”. Guerini ha elencato tra l’altro quelli che considera i successi del Pd al governo nel campo dell’economia, dei diritti (con il ddl Cirinnà, ma anche sul “Dopo di noi” a favore dei disabili gravi). “Questo è il Pd – conclude – E non ha bisogno di polemiche inutili“.