Sì, d'accordo, il Festival di Sanremo sarà anche una gara musicale, una vetrina per la musica italiana e tutto quello che volete. Prima di ogni altra cosa, però, è uno show televisivo, lo show televisivo per antonomasia del nostro Paese. E allora, signori cari, secondo voi al settimo piano di viale Mazzini si preoccupano maggiormente dei dati di vendita dei dischi o dei dati Auditel?
Sì, d’accordo, il Festival di Sanremo sarà anche una gara musicale, una vetrina per la musica italiana e tutto quello che volete. Prima di ogni altra cosa, però, è uno show televisivo, lo show televisivo per antonomasia del nostro Paese. E allora, signori cari, secondo voi al settimo piano di viale Mazzini si preoccupano maggiormente dei dati di vendita dei dischi o dei dati Auditel? Ecco, appunto.
Carlo Conti è uomo da grandi numeri: lo ha dimostrato con Tale & Quale Show e persino con un quiz come L’Eredità. Conosce il suo pubblico e sa come tenerlo incollato alla tv. Lo ha dimostrato anche lo scorso anno, visto che il suo primo Festival si è chiuso con una ragguardevole media di 10.837.000 spettatori, per uno share medio del 48,64%: due milioni e nove punti percentuali in più rispetto all’edizione 2014, la seconda (calante assai) della coppia Fazio-Littizzetto. Gli ottimi risultati dello scorso anno sono stati ottenuti con un Festival senza guizzi, semplice, lineare, professionale ma piatto. Un Festival alla Carlo Conti, il ché non è necessariamente un difetto.
Ripetersi, si sa, è dura anzicheno. E se Conti riuscirà a confermare i dati dello scorso anno (o anche soltanto ad avvicinarvisi), potrà a buon diritto cantare vittoria, mostrare la ruota del pavone in conferenza stampa e poi salutare tutti e, chissà, evitare di fare addirittura tris. I dati Auditel delle ultime dieci edizioni del Festival della Canzone italiana di Sanremo sono piuttosto costanti, almeno sul fronte dello share, anche se non mancano un paio di crolli clamorosi che devono servire da monito a Conti e a chi, dopo di lui, si sobbarcherà una delle responsabilità più gravose della tv italiana.
Nel 2006 sul palco dell’Ariston c’era Giorgio Panariello, accompagnato da Ilary Blasi e Victoria Cabello, e quell’edizione non è certo tra le più degne di essere ricordate. Innanzitutto perché vinse l’orrida canzone del piccione di Povia (e tanto basterebbe per l’oblio eterno), ma anche perché nella serata di giovedì, mentre su Canale5 andava in onda il Grande Fratello, il Festival era stato superato per qualche minuto dal padre di tutti i reality, che contemporaneamente ospitava alcune vecchie glorie della canzone italiana. Quando, il mattino dopo, i dati Auditel recitavano “6.234.000 spettatori”, qualcuno in casa Rai avrà sicuramente avuto un mancamento. Sei milioni vanno bene per una fiction, per i pacchi nell’access prime time, per la Ghigliottina dell’Eredità. Non per Sanremo, nossignore. Alla fine della settimana, la media del Festival di Panariello si era assestata sugli 8.380.000 ascoltatori, per uno share del 40,17% (9.523.000 spettatori e 48,23% per la finale del sabato). Dopo un siffatto crollo, che ti vanno a pensare gli illuminatissimi dirigenti Rai per l’edizione 2007: “Ma sì, richiamiamo Pippo Baudo. Tanto, ormai…”. Il Pippone nazionale risolleva un po’ le sorti sanremesi, con una media di 9.731.000 telespettatori (48,07% di share). È un festival baudiano, e tanto basta per descriverlo. Ma la finalissima è vista da più di 12 milioni di persone (55,32%) e il dato è clamoroso, rispetto all’anno precedente. Bene, bravo, bis. E bis fu: Pippo torna anche nel 2008, convinto di poter ripetere il miracolo. Ma la tv è matrigna più della Natura di Leopardi, e Pippo “spippa” alla grande, con una media conclusiva di 6.812.000 spettatori e un misero 36,56% di share. La finale si ferma sotto i 10 milioni, e la serata del venerdì crolla addirittura a poco più di 5 milioni. È il canto del cigno di Pippo Baudo, recordman sanremese, che probabilmente in Riviera non ci tornerà più come conduttore.
Il gioco si era fatto assai duro. E quando il gioco si fa duro, o i duri cominciano a giocare o si chiama Paolo Bonolis. Visto che in Rai di duro c’è solo la capatosta di chi fa scelte spesso scellerate, ci si è affidati a san Paolo da Mediaset, che costruisce un nuovo Festival a sua immagine e somiglianza, si fa affiancare da un volto Rai ultranazionalpopolare come Antonella Clerici, e in men che non si dica ti risolleva le sorti del carrozzone rivierasco: 10.335.000 e 47,99% di media, finalissima che supera i 12 milioni. Il capolavoro è servito, di nuovo. E di nuovo, come già aveva fatto nel 2005 (forse la migliore edizione degli ultimi 15 anni), Paolino ringrazia, saluta e se ne va: ora sono affari vostri.
Nel 2010, mamma Rai torna a fare mamma Rai, con una edizione supermegaultraextranazionalpopolare quasi trash affidata alle amorevoli cure di Antonella Clerici. Risultati clamorosi: media di 10.924.000 spettatori, tutte le serate oltre i dieci milioni, finalissima a 12.500.000. Chapeau, Mrs. Clerici. Ma una mano è arrivata anche dalle tante polemiche di quell’anno. Politiche, innanzitutto, scattate quando Maurizio Costanzo, che guidava uno strano talk estemporaneo sul palco, aveva chiamato in causa Claudio Scajola e Pierluigi Bersani. Eravamo in pieno berlusconismo, Silvio era a Palazzo Chigi, Scajola era ministro, nonché reuccio incontrastato della provincia di Imperia. Applausoni scontati, così come prevedibili erano i fischioni per Bersani, umiliato da una platea tradizionalmente molto conservatrice. Altra polemica leggendaria, quella che ha visto protagonisti Pupo ed Emanuele Filiberto, stravotati al televoto, fischiatissimi in sala e contestati persino dalla solitamente compassata orchestra dell’Ariston.
Le edizioni del 2011 e del 2012 vengono affidate alle manone di Gianni Morandi, che conferma e anzi aumenta il risultato già ottimo della Clerici: 11.450.600 di media (47,78% di share) nel 2011, 11.135.500 (47,29%) l’anno dopo. E va benissimo anche il Festival che segna il ritorno di Fabio Fazio sul palco dell’Ariston, accompagnato da Luciana Littizzetto: 11.936.600 (media più alta degli ultimi 15 anni) e share del 47,49%. Bis conquistato sul campo, dunque, e la squadra, visto che aveva vinto, non è cambiata neppure nel 2014. Altro boom? Nossignore. Nel 2014 Fazio e Littizzetto arrivano a Sanremo spompati, stanchi, stranamente loffi. Il risultato è una media deludente di meno di 9 milioni (share del 39,26%) e tanti saluti anche a Fazio, che magari tornerà a Sanremo tra 15 anni, come l’ultima volta. La scorsa edizione, infine, è quasi cronaca. Primo Festival dell’era Conti, 10.837.000 spettatori di media, share del 48,64%, finalissima a quasi 12milioni. Numeri ragguardevoli che, come dicevamo, sarà tutt’altro che semplice replicare. In bocca al lupo.