L’autore ha provocatoriamente deciso di cambiare il nome del suo monologo in “La cacca”. In un post su Facebook esprime il suo rammarico: “Non è questa, in verità, la forma di censura che più ci umilia e progressivamente va distruggendoci - spiega -. Quella più pericolosa è una più oscura e subdola, che si manifesta attraverso una sorta di isolamento, che qui in Italia ci viene imposta”
La scritta “La merda” sulle fiancate di autobus e tram può offendere il pudore. Può farlo anche se si tratta di uno spettacolo teatrale molto apprezzato, soprattutto all’estero, come quello scritto da Cristian Ceresoli e interpretato da Silvia Gallerano. Lo sostengono i dirigenti del Gruppo Trasporti Torinese (Gtt), azienda dei trasporti pubblici che ha rifiutato di esporre la pubblicità della pièce, in programma giovedì 11 al Teatro Colosseo di Torino. A darne notizia è stata l’edizione locale de La Repubblica.
“La merda” è un lungo monologo recitato dalla Gallerano, che si presenta completamente nuda sul palco e interpreta una ragazza che, pur di arrivare al successo nel mondo dello spettacolo, è disposta a tutto. Sebbene l’attrice sia svestita sul palco, sul manifesto non compariva nessuna immagine di nudo, ma solo il titolo della pièce. Secondo Gtt, che non vuole si parli di censura, questo basterebbe a offendere il pudore. È “solo una valutazione che viene fatta su ogni pubblicità che viene proposta per l’affissione sui mezzi pubblici – spiega l’azienda in una nota -. In questo caso l’autorizzazione non è stata concessa in quanto si è ritenuto che la pubblicità avrebbe potuto urtare la sensibilità di parte della cittadinanza, coerentemente alla normativa comunale sulle affissioni”. Non solo. “Essendo un’azienda a capitale pubblico, occorre tenere conto delle diverse sensibilità delle persone”, soprattutto considerando che “in passato Gtt è stata criticata per la pubblicità che espone”.
La decisione ha sorpreso gli organizzatori e i produttori dello spettacolo, anche se “di episodi simili ne abbiamo avuti altri, purtroppo”, spiegano dagli uffici di “Produzioni Fuorivia”, società che porta in giro per l’Italia lo spettacolo prodotto dalla Frida Kahlo Productions e dalla Richard Jordan Productions. Un esempio? “Su Facebook il titolo ha creato problemi e le pubblicità non vengono accettate, per cui bisognava metter qualche asterisco al posto delle lettere”. Ci sono poi molti titoli di recensioni in cui il nome dello spettacolo non viene nominato. I manifesti invece, non hanno mai dato problemi, a parte in questo caso torinese: “Questo è il primo caso eclatante”, spiegano. Alcuni si chiedono se sia possibile, oggi, scioccarsi ancora per l’uso della parola “merda”, ormai sdoganato e superato: “La merda non si può scrivere, pare, si può solo vivere tutti i santi giorni”, commentano su Facebook quelli di “Produzioni Fuorivia”.
Ceresoli, l’autore, ha provocatoriamente deciso di cambiare il nome del suo monologo in “La cacca”. In un post su Facebook esprime il suo rammarico: “Non è questa, in verità, la forma di censura che più ci umilia e progressivamente va distruggendoci – spiega -. Quella più pericolosa è una più oscura e subdola, che si manifesta attraverso una sorta di isolamento, che qui in Italia ci viene imposta”.