Solo a gennaio gli agenti italiani hanno scoperto e riaccompagnato alla frontiera austriaca 250 immigrati che cercavano di entrare in Italia senza averne titolo. “In tasca hanno solo il biglietto ferroviario da Innsbruck, capoluogo del Tirolo, fino a Bolzano, ma nessun altro documento”, svela un agente della polizia di frontiera che parla apertamente di rimpatri illegali organizzati da Vienna a scapito del nostro paese. “Da quello che abbiamo potuto verificare stiamo parlando di gente che non ha mai messo piede in Italia. Quindi non si capisce perché dovremmo prenderli noi”.
Migranti che per raggiungere l’Unione europea hanno percorso la cosiddetta rotta balcanica: Turchia, Grecia, stati dell’ex Jugoslavia fino alla Slovenia o all’Ungheria per poi entrare in Austria. “Oppure profughi ai quali è stato negato lo status di rifugiato dalla Germania o dalla Svezia”, aggiunge il poliziotto che parla di numeri molto più grandi rispetto agli effettivi rimpatri: “Saranno transitati da Nord verso Sud attraverso l’asse del Brennero almeno un migliaio di clandestini – continua – ma con le forze messe in campo dal Viminale per far fronte a questa sorta di contro-esodo è già tanto se siamo riusciti a “restituire a Vienna” 250 individui”.
La polizia italiana li può respingere in virtù degli accordi di Dublino, gli stessi impugnati dai nostri vicini, Francia in primis, l’anno scorso quando il viaggio era all’incontrario. “Quei trattati sentenziano che la domanda di protezione internazionale vada fatta nel primo paese di approdo. Che in questo caso è l’Austria”, spiega l’agente. Una sorta di contrappasso rispetto alla passata primavera quando erano i paesi confinanti a rispedire in Italia i profughi, come fossero pacchi postali, impugnando le leggi internazionali.
Fatto sta che la stretta all’accoglienza messa in atto dai paesi centro e nord europei ha invertito il flusso e l’Italia, da paese esclusivamente di transito, è tornata a essere la meta di migliaia di persone in fuga dalle loro case. “A fronte delle 250 riammissioni che l’Austria è stata costretta a fare, noi abbiamo avuto solo 70 casi in senso opposto ”, specifica l’agente.
Nel frattempo mentre a livello internazionale continua ad andare in scena un profluvio di dichiarazioni per scongiurare la chiusura a catena delle frontiere, nel chiuso delle cancellerie nazionali le cose vanno in senso opposto.
Come a Vienna, dove la ministra dell’Interno Johanna Mikl-Leitner ormai parla apertamente della “possibilità di erigere al Brennero una barriera protettiva lungo il confine con l’Italia”. Esattamente come quello che l’estate scorsa l’Ungheria di Victor Orban aveva eretto con la Serbia provocando un’ondata di sdegno generale. Le fa eco il titolare della Difesa austriaca Hans Peter Doskozi che, vista la stretta sul confine con la Slovenia, propone la creazione di campi profughi in provincia di Bolzano in modo da contingentare gli ingressi dall’Italia.
“Vienna si sta preparando a chiudere le frontiere. Questo è un fatto – sostiene Fulvio Coslovi, segretario altoatesino del sindacato di polizia Coisp – Ma non lo farà né oggi né domani dato che la cosa sarebbe controproducente visti i casi di rimpatri illegali scoperti dai colleghi in frontiera”. E allora quando? “Entro massimo la fine di marzo quando riprenderanno i massicci sbarchi sulle coste del Meridione e la direttrice dei migranti tornerà a essere il Nord Europa. Il piano è chiaro: trasformare il Sud Tirolo in una sorta di posteggio per clandestini come è accaduto alla Serbia in questi ultimi mesi”.
Tant’è che la tensione sotto le Dolomiti è altissima. Solo ieri la Camera di Commercio di Bolzano ha diramato un comunicato in cui annunciava come cosa fatta il benservito austriaco a Schengen, il trattato che garantisce la libera circolazione dentro l’Ue messo in discussione dall’eccezionale pressione migratoria. “Abbiamo saputo in via informale che la polizia tirolese sta prendendo misure per la predisposizione di una barriera al Brennero”, si legge nella nota che prosegue elencano i danni incalcolabili di una scelta del genere. Secca la risposta di Innsbruck: “Falso, ma nel caso prendetevela con Vienna e non con noi”. Alla fine, nonostante la parziale smentita, l’Austria è stata costretta ad ammettere che rafforzerà i controlli “sul confine meridionale”, per il momento però solo a campione.
A Bolzano però non c’è stato il tempo neanche di tirare un sospiro di sollievo perché i nuovi annunci sulla costruzione di una rete al confine meridionale austriaco hanno fatto ripiombare la provincia autonoma nel panico.