Dopo l’articolo sul Fatto Quotidiano a firma Gianni Barbacetto (giovedì 4 febbraio) dal titolo “Cinesi per Sala, l’ultimo tarocco”, pubblichiamo la replica di Francesco Wu (Unione imprenditori Italia-Cina) e di Lorenzo Dellai (Presidente di Democrazia Solidale).
I residenti cinesi andranno a votare alle primarie di Milano. Nonostante cento anni di vita a Milano, 28.360 residenti nel capoluogo (Comune di Milano 2014) e 8756 imprese nelle province di Milano e Monza (Camera di Commercio – Milano 2014), ancora scarsa era la partecipazione alla vita politica della città. La scelta di andare a votare in occasione delle primarie per il candidato sindaco di Milano costituisce un primissimo passo ed una novità che evidenzia una crescita di consapevolezza come cittadini. Penso che questa sia una bella notizia per chi ha a cuore l’integrazione tra vecchi e nuovi cittadini a Milano. In tempi di crisi di convivenza Milano può affermare di aver fatto un passo avanti anche in questo. È, infatti, un anno di cambiamento per molti aspetti in città. Molte associazioni e circoli milanesi hanno preso posizione per un candidato. Dare il proprio sostegno in modo pubblico costituisce una parte importante di questa bella battaglia democratica. È in questo spirito che molte associazioni di residenti cinesi hanno dichiarato di sentirsi vicini a Giuseppe Sala. Spero che questo non venga interpretato diversamente da quanto viene fatto per i residenti italiani.
Di Francesco Wu (Unione imprenditori Italia Cina)
Leggo sul Fatto Quotidiano un articolo a firma Gianni Barbacetto sulle primarie del centrosinistra di Milano. Non commento il giudizio generale, che ognuno può articolare come crede, ovviamente. Tuttavia, mi ha molto sorpreso lo spirito con il quale si citano i “cinesi per Sala”, che – si legge – hanno avuto un incontro con la nostra collega Santerini e si sono impegnati a partecipare alle primarie sostenendo Sala. Scusi: dov’è lo scandalo? È nel fatto che votano Sala? O nel fatto che sono “cinesi”e quindi stranieri? Stranieri che in quanto tali non possono che essere “usati” come truppe cammellate, perché non capaci di giudicare e scegliere in libertà e consapevolezza? O nel fatto che sono estranei che si impicciano di vicende non di loro competenza? Io personalmente non sono mai stato innamorato delle primarie: mi sono sembrate e mi sembrano frutto di uno scopiazzamento parziale di sistemi di rappresentanza e di selezione della classe politica molto diversi dal nostro. Ma, se si vogliono fare, perché la partecipazione di persone straniere ma viventi e lavoranti in una città chiamata a rinnovare il proprio sindaco dovrebbe in quanto tale creare scandalo o quanto meno ilarità? Il nostro gruppo parlamentare alla Camera (quello che sprezzantemente l’articolista definisce “microfazione”; forse lasciando intendere che sarebbe preferibile anche per noi accasarsi in comodi e accoglienti contenitori, invece che testimoniare con coerenza un percorso di autonomia e di libertà?) ha sempre sostenuto l’esigenza di riconoscere piena cittadinanza ai “nuovi italiani” ed anzi ha ritenuto piuttosto timida la legge approvata alla Camera qualche settimana fa. Ci era sembrato che il giornale condividesse pienamente questo spirito. Molto ci meraviglia, dunque, che a fronte di uno degli atti naturali di cittadinanza politica (quello di un gruppo di milanesi di nazionalità cinese che decide di partecipare alle primarie per sostenere uno dei candidati) il vostro giornale parli di “tarocco”. E che lo faccia non perché rileva atteggiamenti non corretti o pratiche da truppe cammellate (disdicevoli ovunque e da chiunque praticate) ma semplicemente perché si tratta di “cinesi”.
Di Lorenzo Dellai (Presidente di Democrazia Solidale)
Democrazia è far partecipare alla vita della città, e anche alle elezioni, tutti i cittadini milanesi, dunque anche quelli della comunità cinese, che mai fino a ora avevano partecipato. È dare a tutti i cittadini la possibilità di farsi un’idea e poi scegliere. Non è trattare pacchetti di voti a favore di un solo candidato. Di Gianni Barbacetto