Da un giro di opinioni tra i vertici delle otto onlus è emerso che, nonostante la complessità dell’esercizio, tutte concordano con Zamagni quando auspica la misurazione dell’impatto sociale delle attività. Qualcuna ha già iniziato a farlo: per esempio Save the children ha abbinato ai principali programmi svolti in Italia per il contrasto alla dispersione scolastica, la lotta alla povertà alimentare dei bambini e il miglioramento degli stili di vita dei minori nelle periferie “una valutazione di impatto attraverso la misurazione di alcuni indicatori prima, durante e dopo l’intervento”. Il tutto “con il coinvolgimento di soggetti indipendenti come Fondazione Agnelli, Fondazione Zancan e l’università La Sapienza di Roma”. Secondo Niccolò Contucci, direttore generale Airc, “quando si tenta di individuare standard di tipo qualitativo per misurare le performance non si riesce a trovare un sistema valido per tutti gli ambiti sociali. Quindi la strada migliore è che ogni organizzazione definisca gli obiettivi che pensa di poter raggiungere nel medio periodo, li comunichi pubblicamente e poi misuri a fine periodo il grado di successo“.
“Noi perseguiamo la trasparenza pubblicando sul sito i bilanci annuali corredati dalla certificazione di una società di revisione, redatti secondo le linee guida emanate dall’ex Agenzia per il terzo settore e nel rispetto dei principi contabili suggeriti dall’ordine dei commercialisti, anche in mancanza di una normativa che renda vincolanti le modalità di rendicontazione per il nostro settore di riferimento”, spiegano invece da ActionAid. “Ma per essere davvero accountable occorre spostare l’attenzione sull’efficacia del lavoro svolto e sull’impatto che ha sulla vita delle persone. Per questo cerchiamo di rendere sempre più evidenti i risultati degli interventi nella relazione di missione e nel bilancio sociale”.