Mi sveglio. E’ una mattina californiana di sole. E’ il 5 Febbraio 2016. La mia casella postale scoppia di messaggi. Abbiamo vinto. Il governo annulla Ombrina e altre 26 concessioni petrolifere a mare, tutte entro le dodici miglia dalla riva. Apro i siti dell’UNMIG per la conferma.  Leggo: “Rigetto totale”. Queste parole sono soavi nella loro durezza, specie perché in Italia mai niente è totale e definitivo. Una vittoria bella, tanto agognata, di noi tutti attivisti da mezzo stivale. Una vittoria che l’Abruzzo regala al resto d’Italia: per fermare Ombrina ne hanno dovute ammazzare o tagliuzzare altre ventisei.

Chi l’avrebbe mai detto che una piccola battaglia, quasi disperata, partita dalla piccolissima contrada Feudo di Ortona in Abruzzo nel 2007, avrebbe portato fino a qui. Una nazione intera che in dieci anni è passata dal paradigma immaginario del “petrolio oro nero” al paradigma reale del “petrolio maledizione nera”. Un popolo informato dei propri diritti, intollerante dei troppi conflitti di interesse, amicizie ed accordi segreti fra petrolieri, politici, pseudogiornalisti. Non sono riusciti a fermarci. La cosa più bella è che siamo arrivati fin qui in modo intelligente, senza violenza, e da popolo adulto, persistente, volenteroso. Caro Matteo Renzi, anche se hai provato a fermarci, anche se ci hai deriso, nulla hai potuto contro i tanti comitatini spuntati in ogni angolo d’Italia contro le tue idee fossili e vecchie.

Ai miei occhi tutto nasce con il Centro Oli di Ortona nel 2007.  Era il mostro desolforante che l’Eni voleva costruire fra i vigneti d’Abruzzo, trasformandola in una nuova Viggiano. Furono anni concitati: ce ne accorgemmo all’undicesima ora dei piani dell’ENI, che tramava con gli enti regionali e statali gia’ dal 2001 nel silenzio generale. Erano tutti d’accordo. L’allora ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio dei Verdi aveva firmato uno dei tanti decreti approvativi. Il governatore della regione Abruzzo Ottaviano Del Turco del Pd non perdeva occasione di decantare i miracoli che il Centro Oli avrebbe portato all’Abruzzo – occupazione, royalties — l’assessore all’ambiente dell’epoca Franco Caramanico pure lui del Pd aveva detto che si trattava di una “occasione da non perdere”. Anche l’allora sindaco di Ortona, Nicola Fratino di Forza Italia era d’accordo.  Confindustria Abruzzo non stava nella pelle dalla gioia. Cosa si poteva mai fare?  Ortona ha 23mila abitanti. La contrada Feudo si e no 500.  L’Eni guadagna 100 miliardi di dollari l’anno. La politica di destra, di sinistra e pure i Verdi di Roma erano tutti d’accordo.

Nasce il primo dei tanti “comitatini”. Il Comitato Natura Verde di Giusto Di Fabio, Gabriele Di Clerico e Luigi Tiberio decide di far qualcosa per Ortona. Si organizzano con proteste, domande ai politici dell’epoca. In qualche modo vengo coinvolta nella battaglia. Arrivano basi scientifiche, informazione a tappeto, conferenze in giro per l’Abruzzo. Abbiamo rotto le scatole a tutti. Ci siamo inventati passo dopo passo il da farsi ogni giorno, cercando di coinvolgere quanti più attori possibili, dalla Chiesa cattolica ai ragazzini delle scuole.  E credo che sia stato qui l’ingrediente magico: tutti hanno capito, tutti hanno sentito di poter fare qualcosa, tutti hanno sentito che vittoria o non vittoria era importante attivarsi, tutti si sono indignati ed hanno chiesto risposte.

Eravamo nel bel mezzo della guerra al Centro Oli quando nel Marzo 2008 spuntò la piattaforma esplorativa Ombrina Mare. Si vedeva nel blu dell’Adriatico un gigante rosso e bianco. La storia è stata lunga e appassionante, con tanti colpi di scena. Ombrina sarebbe stata una versione marina del Centro Oli. Stesso giacimento, stesso petrolio scadente. Anzi, all’inizio si pensava di portare il petrolio di Ombrina su terraferma per la desolforazione presso il Centro Oli: sarebbe stato l’inizio dell’Abruzzo minerario con impianti a terra e a mare. Una nuova Basilicata.

Dopo tanti eventi rocamboleschi, moratorie, Silvio Berlusconi che sale su una scala da imbianchino in piazza a Pescara ad annunciare che siamo “più belli del Maine”, minacce di denuncia, e uno degli amministratori di Ortona che mi scrive che in altre epoche mi avrebbe sfidato a duello,  l’ENI finalmente rinuncia al Centro Oli all’inizio del 2010. L’Abruzzo ha vinto una delle sue partite più belle.

Ma resta Ombrina. Che fare del petrolio allo zolfo che avrebbero estratto? Ecco l’idea malsana: mandiamo il petrolio su una nave desolforante, con fiamma permanente ventiquattro ore su ventiquattro, trecentosessantacinque giorni l’anno, senza dover usare il Centro Oli. Ci hanno provato, come ci provò l’Eni, a convincerci della bontà del tutto, che ci sarebbero stati “protocolli rigidissimi”, che in Italia siamo migliori degli altri, che incidenti mai e poi mai, che turismo e petrolio possono coesistere.  Ci hanno provato, ma non se l’è bevuta nessuno.

La macchina dell’informazione era stata messa in moto. Abbiamo lavorato con Ombrina come sul Centro Oli. Conferenze informative, blog e Facebook pullulanti di informazioni, nuovi comitati che organizzano altri eventi. Ombrina diventa imbarazzante per i politici. Qualcosa devono pur fare. Arriva una prima bocciatura nell’ottobre del 2010. Ombrina poi resuscita nel 2013. Decine di migliaia di persone si sono sentite prese in giro. Scendono in piazza a Pescara e a Lanciano – la mia città. L’Abruzzo non ha mai visto così tanto attivismo.

Nel corso degli anni altre realtà d’Italia hanno scoperto di avere a che fare con gli stessi problemi. Il Comitato Gestione Partecipata del Territorio sconfigge la Forest Oil con il suo impianto desolforante a Bomba, il No al Progetto Eleonora di Arborea in Sardegna ferma le trivelle di gas della Saras, nel Parco del Curone si manda via la Po Valley, a Carpignano un paese intero si ribella contro i pozzi Eni. Si protesta a Pantelleria, a Sciacca, a Rovigo, sul Montello, a San Benedetto del Tronto, a Crotone, sul Gargano, a Ragusa, a Cotignola.  Anche la Basilicata che accolse le trivelle a braccia aperte verso la metà degli anni novanta si scopre ingannata dalle petrol-promesse. Non posso più contarle le comunità insorte contro le trivelle in casa loro. Tutti a loro modo hanno storie belle di attivismo e di amore.

Ed eccoci qui. Per salvare la faccia su Ombrina, il governo di Matteo Renzi è costretto a ripristinare la fascia protettiva delle dodici miglia, il quarto cambio legislativo sulle trivelle a mare in cinque anni. Si è arreso anche lui ai comitatini, e ben 27 concessioni a mare sono state affondate o azzoppate.

E’ una vittoria dell’Abruzzo che nel proteggere se stessa regala una fascia marina di dodici miglia trivelle-free al resto d’Italia.  Io so dove e come nasce tutto questo. E voglio ringraziare qui una persona che in un modo o nell’altro è stata parte della mia vita per otto anni anche se non l’ho mai incontrato: Sergio Morandi, il capo di Ombrina, che mi ha attaccato in ogni modo a volte anche con quella che io reputo crudeltà. Grazie caro Sergio perché lei ha fatto venire fuori la parte migliore di me. La parte che non si è arresa, la parte che ha voluto, la parte coraggiosa, la leonessa che non sapevo di essere.

Grazie.

Qui la lista e le immagini delle 27 concessioni passate a miglior vita.

 

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