Cinema

Perfetti sconosciuti, la doppia vita degli uomini e delle donne contemporanei racchiusa nei telefonini

Il film fila via liscio, kammerspiel e gioco al massacro, disincanto sarcastico e abisso drammatico, per quei disinvolti e poco ‘odiosi otto’ (attenzione oltre al gruppo di amici c’è la figlia di Eva e Rocco, non un personaggio inutile), apparentemente duri ma incredibilmente fragili

I segreti inconfessabili dei nostri giorni ipertecnologici sono dentro a quella carabattola di plastica e microchip che portiamo anche al cesso. E lì, tra Smartphone, BlackBerry e la versione basic detta “cellulare”, li è andati a stanare la piece di Perfetti Sconosciuti: più che un film composto da set e cambi scena, un testo brillante recitato con piacere e misura, orchestrato con inattesa sagacia dentro quattro mura quattro di un appartamento romano. La premessa è d’obbligo: dopo aver visto Sei mai stata sulla luna? si era definitivamente salutato il regista Paolo Genovese. Basta, grazie. Un film che aveva più soggettisti (5) che sceneggiatori (3) e che franava tra luoghi (e riprese) comuni buone per gli spot da prodotto Puglia felix. Invece che ti capita? Succede che entrati in sala ci si collega alle frequenze di Perfetti sconosciuti, quelle di questo coro di attori che sono consumati perfomer della parola, e senza mai staccarsi dallo schermo ci si diverte un mondo, e si conclude amaramente il viaggio tra display, suonerie fastidiose, corna e confessioni esistenziali, come fossimo dalle parti della commedia all’italiana degli anni migliori. Chiunque avrà già intravisto il trailer.

Perfetti sconosciuti è un film che mette al centro dell’attenzione, e del tavolo della cena dei protagonisti, la doppia vita dell’uomo contemporaneo racchiusa nei telefonini. Sette cavie si sottopongono al gioco di Eva (Kasia Smutniak), la padrona di casa, psicologa ai ferri corti con la figlia adolescente e nascostamente attratta da un amico: estrarre dalla tasca i propri cellulari, appoggiarli sul tavolo in mezzo a zucchine, polpettone e gnocchi, e ogni volta che arriva un messaggio o una chiamata leggere o ascoltare in viva voce il contenuto. Lo sappiamo, questo gesto per molti di noi significa un brivido lungo la schiena: c’è, o c’è stato, sepolto almeno un nostro segreto dentro quegli aggeggini che ci collegano col mondo 24/7. L’amo allo spettatore è lanciato, quasi quanto l’ipotesi di una sequenza pornografica tutta da scoprire. Perché, vi assicuriamo, che iniziato il giochino casuale dello svelamento, durante il film non c’è nemmeno tempo di andare a sbirciare il proprio telefonino anche solo per vedere l’ora.

Perfetti sconosciuti fila via liscio, kammerspiel e gioco al massacro, disincanto sarcastico e abisso drammatico, per quei  disinvolti e poco ‘odiosi otto’ (attenzione oltre al gruppo di amici c’è la figlia di Eva e Rocco, non un personaggio inutile), apparentemente duri ma incredibilmente fragili, socialmente mescolati nel grande calderone della classe media urbana contemporanea, intenti chi a sminuire bugie, chi a fuggire dalla realtà, chi a diventare zimbello del gruppo. Ci sono: Cosimo (Edoardo Leo) e Bianca (Alba Rohrwacher), la coppietta appena sposata e innamoratissima, lei ultima arrivata tra gli amici è veterinaria, lui fa il taxista, banderuola lavorativa che passa da un affare all’altro; Eva e Rocco (Marco Giallini), lei frenetica psicologa, lui sardonico chirurgo plastico con l’avallo del padre della moglie; Lele e Carlotta (Mastandrea e Anna Foglietta) insieme da anni, lui lavora nell’ufficio legale di un’azienda privata, lei per accudire la famiglia ha lasciato il lavoro; infine Beppe (monumentale Giuseppe Battiston), professore di ginnastica licenziato per esubero che doveva portare alla cena la nuova compagna che però si è ammalata.

Tanta carne al fuoco, si penserà. Vero. Ma in Perfetti Sconosciuti accade un miracolo inatteso nel cinema italiano affollato recentemente da sceneggiatori super trendy, impalpabili esegeti dei temi del momento. La bizzarra miscela di scrittura tra il regista, Paola Mammini (Tutta colpa di Freud), Filippo Bologna (L’ultima ruota del carro), Paolo Costella (dal cult Bellifreschi ai cinepanettoni), l’attore e drammaturgo Rolando Ravello, sforna uno degli script più ponderati, briosi, comici e mai schiocchi, registrati negli ultimi anni. Davvero, l’alchimia di scrittura è il lato ultrapositivo e funzionale di un racconto in cui tutti i personaggi rimangono sempre in scena senza mai pesare nella loro tipizzazione. Se poi ci aggiungiamo che molte battute diventeranno tormentoni, e che si prende di petto il tema dell’omosessualità (quel “frosci” ripetuto in una scena madre da uno dei protagonisti gela il sangue), Perfetti sconosciuti è un film letteralmente imperdibile. In sala dall’11 febbraio con Medusa.