Nel 2010 l’allora leader dell’Idv fu il primo a mettere nero su bianco una misura anti-voltagabbana. Da far firmare ai candidati alle Regionali. Con una penale da 100 mila euro in caso di tradimento. Per evitare nuovi casi-Scilipoti. “Giusto punire chi usa il partito come un taxi”, dice l’ex pm di Mani pulite. Che poi dà un consiglio al fondatore dei 5 Stelle: “Stia attento alla forma, altrimenti si rischia un effetto boomerang com’è successo a me. Alla fine sono rimasto cornuto e mazziato”
Questa volta Beppe Grillo è arrivato secondo. “La ‘polizza anti-voltagabbana’ l’ho inventata io nel 2010 alla vigilia delle elezioni Regionali – dice fiero l’ex leader dell’Italia dei valori (Idv), Antonio Di Pietro, parlando con ilfattoquotidiano.it –. Sono contento che il fondatore del Movimento 5 Stelle abbia preso spunto da me, è giusto che chi viene eletto rispetti il volere popolare. Però mi permetto di dargli un consiglio, anzi due. Innanzitutto ‘voltagabbana’ è chi si fa eleggere in un partito e poi lo lascia per andare in un altro o comunque per farsi gli affari suoi, mentre tutt’altro discorso è avere opinioni diverse all’interno dello stesso partito. Il che invece è ampiamente comprensibile. In secondo luogo, il mio amico Beppe stia attento alla forma: in casi simili, alla fine, si rischia l’effetto boomerang”. Mentre proseguono le polemiche a distanza fra M5S e Pd sul documento che il partito di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio farà firmare ai propri candidati alle comunali di Roma (che prevede una multa da 150 mila euro per i dissidenti), l’ex pm di Mani pulite interviene nel dibattito ricordando il precedente che sei anni fa lo vide protagonista in prima persona. E aggiunge: “Una legge sui partiti? Mi auguro proprio che la facciano. Ma che c’azzecca? Qui il problema è un altro. E si chiama etica”.
Onorevole Di Pietro, dunque Grillo e Casaleggio avrebbero preso spunto da lei. Ma come funzionava la sua ‘polizza’?
In maniera molto semplice: i candidati nelle liste dell’Idv, se eletti, dovevano rimborsare le spese elettorali sostenute dal partito, versando una quota mensile di 1.500 euro che veniva trattenuta dalle strutture territoriali del partito stesso per il suo funzionamento.
In caso di ‘tradimento’?
In che senso? Non è certo un tradimento pensarla diversamente. Altra cosa invece è abbandonare il partito dopo essere stato eletto, fregandosene degli impegni presi con gli elettori. In tal caso era prevista una penale da 100 mila euro. Il motivo è molto semplice: durante la campagna elettorale un partito prende degli impegni politici con i propri elettori e investe sui suoi candidati anche importanti somme di denaro. Ma chi usa il partito come un taxi per farsi eleggere e poi pensare agli affari propri deve essere sanzionato in qualche modo. Altro che vincolo di mandato.
Adesso anche lei verrà accusato di fascismo e razzismo…
Ma che c’entrano il fascismo e il razzismo in questa storia? Si tratta di coerenza.
Dovrebbe chiederlo al Pd, i renziani sono scatenati.
Parliamo dello stesso Renzi che con i suoi voti di fiducia ricatta continuamente il Parlamento, i cui rappresentanti sono stati nominati dalle segreterie di partito grazie ad una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Consulta, e che se dovessero votare la sfiducia andrebbero a casa e nessuno li ricandiderebbe più? Per favore…
Quindi lei si schiera dalla parte dei fondatori del M5S. O sbaglio?
È ovvio, pur con le suddette precisazioni e anche qualche consiglio in più sul piano tecnico della stesura del documento di impegno. A Grillo e Casaleggio va la mia solidarietà per gli attacchi che sono stati rivolti loro in queste ore. Partiamo da un presupposto: i cosiddetti ‘voltagabbana’ non solo tradiscono il partito che decide di candidarli, ma soprattutto compiono una vera e propria truffa nei confronti degli elettori. È un fenomeno che va contrastato a tutti i costi. Ma bisogna stare attenti.
In che senso?
Il documento che il M5S farà firmare ai propri candidati andrà stilato stando attenti alla forma, altrimenti si rischia un effetto boomerang, com’è successo a me…
Si riferisce al caso di quel consigliere regionale eletto a suo tempo nelle file dell’Idv in Puglia che, subito dopo il voto, lasciò il partito?
A lui e non solo a lui. Sa com’è finita? Che il giudice ha bollato l’atto di impegno firmato dal candidato come “vessatorio”, e quindi sarebbe stata necessaria una seconda sottoscrizione di conferma. Insomma, un cavillo giuridico che ci ha fatto perdere la causa.
A lei, sei anni fa, nessuno disse nulla?
Ci mancherebbe pure, alla fine sono rimasto cornuto e mazziato. Per questo dico a Grillo di stare attento affinché non succeda pure a lui.
Un fatto curioso. Intanto oggi il Pd, per bocca del vicesegretario Lorenzo Guerini, è tornato a chiedere una legge sui partiti. Cosa ne pensa?
Ben venga, ma servirà davvero a qualcosa? Il nocciolo della questione è l’etica. Se un eletto non sposa più la linea del partito per il quale è stato eletto si deve dimettere e, al giro successivo, si ripresenterà con un’altra formazione. Non fa in continuazione il salto della quaglia. In Parlamento c’è gente che ha cambiato sette-otto volte casacca. Ma si può?
Si riferisce a Dorina Bianchi (Ncd), recentemente nominata sottosegretario alla Cultura?
Lei, ma non solo. A Renzi va bene così. Sempre meglio guardare in casa d’altri che all’interno della propria.
Twitter: @GiorgioVelardi