I quattro sono stati condannati in via definitiva per concorso in corruzione aggravata. L'ex presidente del provveditorato ai lavori pubblici e l'ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana hanno preso 3 anni e 8 mesi. Per i due imprenditori rispettivamente 2 anni e 8 mesi e due anni
Prima condanna definitiva per la cosiddetta ‘cricca‘ degli appalti del G8. La sesta sezione penale della Cassazione ha infatti respinto i ricorsi di Angelo Balducci, ex presidente del provveditorato ai lavori pubblici, e Fabio De Santis, ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana, per i quali la Corte d’Appello di Roma il 28 gennaio dello scorso anno aveva confermato la condanna a 3 anni 8 mesi, e degli imprenditori Francesco De Vito Piscicelli (colui che fu intercettato mentre rideva del terremoto dell’Aquila pregustando gli affari legati alla ricostruzione) e Riccardo Fusi, ex presidente della Btp, che hanno preso rispettivamente 2 anni e 8 mesi e 2 anni con pena sospesa. La condanna a carico dei quattro è per concorso in corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d’ufficio nell’appalto della scuola Marescialli, uno dei filoni dell’inchiesta per i lavori per i Grandi eventi e il G8.. Per la stessa vicenda è in corso al tribunale di Roma il processo al senatore Denis Verdini, anche lui accusato di concorso in corruzione.
In questo filone la procura di Roma, che ereditato l’inchiesta dai colleghi toscani, contestava all’ex presidente del Consiglio dei lavori pubblici Balducci e a De Santis, finiti entrambi in carcere e poi ai domiciliari nel 2010, di aver pilotato gli appalti in favore di imprenditori ‘amici’ attraverso “atti contrari al loro dovere d’ufficio”. In base all’accusa, confermata dalle sentenze di condanna in ogni grado di giudizio, grazie alla mediazione dell’imprenditore De Vito Piscicelli, Fusi prese contatti con Balducci e De Santis per rientrare nell’appalto che si era inizialmente aggiudicato, ma poi aveva perso per un contenzioso con lo Stato.
La stessa Cassazione, che nel giugno 2010 aveva stabilito la competenza territoriale nell’inchiesta della procura di Roma, ‘traslocando’ così il procedimento da Firenze alla Capitale, aveva parlato di “utilizzazione spregiudicata di un sistema di relazioni professionali e personali” nell’ambito di un “sistema di potere” nel quale ai pubblici funzionari “appare normale accettare e sollecitare utilità di ogni genere e natura da parte di imprenditori del settore delle opere pubbliche, settore nel quale quei pubblici ufficiali hanno potere di decisione e notevole potere di influenza, e gli imprenditori hanno aspettative di favori”.