Festival di Sanremo 2017

Sanremo 2016, le pagelle della prima serata televisiva di Domenico Naso

di Domenico Naso

Carlo Conti 7
A Conti non si può dare meno di 7 nemmeno se non ti piace il suo modo di condurre. Perché lui il suo lavoro lo sa fare. Punto. Certo, magari ci piacerebbe vederlo più mattatore che vigile urbano del palco, ma i suoi ascolti in Rai non li fa nessuno. Vuoi vedere che alla fine ha ragione lui?

Virginia Raffaele 9

E’ lei l’unica e sola mattatrice di questo Festival al gusto Minias. È una granitica sicurezza, una che non può sbagliare, non fosse altro perché prima di salire sul palco sgobba come una secchiona per costruire tutto nei minimi dettagli. E la resa è efficace, perché si può essere pure simpatici e brillanti, ma far ridere è un mestiere difficilissimo, fatto di fatica e lavoro duro.

Madalina Ghenea 6
La rivelazione. Ma come? La rivelazione e prende solo 6? Sì, perché alla vigilia di questo Festival pensavamo di doverle rifilare qualche 0 qua e là. E invece no, Madalina è spigliata al punto giusto, presente a se stessa (roba rara dalle parti dell’Ariston), disinvolta. Magari anche basta con gli aneddoti dell’infanzia indigente in Romania, ma il resto è da promuovere senza remore.

Gabriel Garko 3
Spiace accanirsi, però l’esordio sanremese dell’attore piemontese è stato francamente imbarazzante. Fuori posto, fuori tempo, senza la minima idea di cosa dovesse fare. Ma almeno questo Festival servirà a chiarirci l’ultimo dettaglio che mancava al quadro che ci eravamo fatti in passato sul Nostro: non sono le orribili sceneggiature delle fiction Mediaset a penalizzare il povero Gabriel. È proprio lui che non ce la può proprio fare.

Lorenzo Fragola 5,5
Apre il Festival e un po’ di emozione c’è. In prova era andata meglio. Decisamente meglio. E la canzone non è così forte da poter pretendere di restare nella storia sanremese. Molti giornalisti gli ripetono di continuo che il distacco da Fedez gli ha giovato. Noi onestamente non abbiamo ancora notato la differenza. È giovane, ha tanto tempo, ma bisogna decidere cosa si vuol diventare da grandi. E se la risposta è Mengoni, però, sappia che non basta portare a Sanremo un brano che lo ricordi.

Noemi 7
La canzone meriterebbe un 9, la performance un 5. E allora la rossa Noemi, clamorosamente a rischio eliminazione, si deve accontentare di un 7, con la speranza che cresca nel corso della settimana. È una dei cinque che hanno deciso di portare sul palco i nastri rainbow pro unioni civili, ma questo non aumenta il voto. Al massimo la nostra stima personale, ma nulla più.

Arisa 8
Lei a Sanremo non sbaglia un colpo. Anche perché sarà anche un po’ naive e stralunata (e lo è, urca se lo è), ma quando apre la bocca per cantare non ce n’è davvero per nessuno. Il pezzo piace, anche se in passato ha cantato di meglio, ma la resa sul palco è da applausi a scena aperta. Da sempre sostenitrice dei diritti LGBT, la cantante lucana ha stretto con passione quasi commovente dei lunghi nastri arcobaleno (era stata la prima, nel pomeriggio, a rispondere positivamente all’appello di Andrea Pinna sui social). In molti, sui social e in Sala Stampa, hanno criticato l’outfit. Ma quando canta, Arisa potrebbe anche indossare un sacco di iuta. Frega niente.

Enrico Ruggeri 6,5
Avrà pure perso la criniera, ma Enrico Ruggeri resta un leone indomabile. La canzone è piacevole, molto alla Ruggeri, ma la cosa migliore è la performance. Si spende dal primo all’ultimo secondo, si vede che gode quasi fisicamente nel fare quel mestiere. Ci mette l’anima e il pubblico lo capisce (premiandolo con una posizione rassicurante in classifica). Anche lui porta sul palco i nastri arcobaleno, in barba alle etichette che a volte affibbiamo con troppa facilità agli artisti. Inossidabile.

Dear Jack 4
Hanno perso il frontman acchiappa-ragazzine, quell’Alessio Bernabei che stasera si esibirà a Sanremo per la prima volta da solista. E la perdita si avverte anzicheno. Non tanto musicalmente, perché Leiner si difende, quanto dal punto di vista dell’immagine ormai consolidata che il gruppo si era creato. La canzone, checché ne dicano quelli che parlerebbero bene dei Dear Jack anche se cantassero “La canzone del piccione” di Povia, è assai debole, con un frase ripetuta allo scopo di farla diventare un tormentone ma che alla fine è solo un vero e proprio tormento.

Giovanni Caccamo e Deborah Iurato 6
Un duetto strano che più strano non si può. La coppia è male assortita, ma sono amici e ci tenevano a fare insieme questa esperienza. Bene. Anzi, benino. Perché la prima parte, quella interpretata da Caccamo, funziona e non tradisce le naturali inclinazioni musicali del cantautore siciliano. Quando si inserisce la Iurato (che meriterebbe un 2 solo per l’orrido divano Poltrone e Sofà collezione 1967 che indossava), il tutto si trasforma in un duetto sanremese classico, nemmeno così aperto e avvolgente. Ma la sufficienza la meritano, forse perché nei paraggi non è che ci siano Dolly Parton e Kenny Rogers. Beati monoculi in terra caecorum.

Stadio 6,5
Canzone da Stadio, atmosfere da Stadio. Curreri parte in sordina poi migliora strada facendo (pare per un settaggio dei monitor diverso da quello delle prove). Il testo è bellissimo e ha mosso a commozione anche qualche cuore notoriamente di pietra in Sala Stampa. Miracolo.

Bluvertigo NC
Qui il voto non lo riusciamo a dare. La canzone è bella, forse una delle cose migliori che sentiremo in questo Festival, ma la voce di Morgan è ormai un lontano ricordo e non possiamo far finta di nulla. Il talento che ha deciso di distruggere se stesso è a un passo dal raggiungimento dell’obiettivo. E poi saranno solo rimpianti e rimorsi per quello che avrebbe dovuto e potuto fare, e che invece non ha fatto e probabilmente non farà più.

Rocco Hunt 7
Simpatia naturale, entusiasmo che all’Ariston diventa una iniezione intracardiaca di adrenalina, il pezzo del rapper campano è bello, funziona e lui andrebbe amato alla follia anche solo per la voglia che ci mette. Potrebbe essere l’outsider di questo Sanremo, magari finire addirittura sul podio. Teniamolo d’occhio.

Irene Fornaciari 3
Accanimento terapeutico. Bisogna rassegnarsi all’evidenza, prenderne atto e fare altro. Se sei figlia di un artista come Zucchero, per sfondare non ti basta essere bravina. Dovresti essere un talento clamoroso. E non è questo il caso.

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