Carlo Conti: Il massimo che si può dire è che presenta senza inciampi, come la voce registrata del centralino telefonico. E’ il vigile urbano che dirige il traffico del Festival, con disciplina e ritmo. Non c’è mai un guizzo, mai una battuta inaspettata, una sorpresa. Un compitino mediocre che inspiegabilmente fa ascolti stellari: 11 milioni di persone incollate al teleschermo. Tra l’effetto tavor e lo share, arriva alla sufficienza striminzita: sei meno.
Madalina Ghenea: Anche lei non fa sbagli, è ordinata, precisa, parla bene l’italiano. Naturalmente bellissima e di una bellezza rara: prorompente, sexy ma piena di grazia. Sbaglia clamorosamente il primo abito, quello da uomo Tigre (tutti di Alberta Ferretti). Meglio il secondo abito nero, piumato ma molto scenico perfetto per la scalinata dell’Ariston. Splendida la terza mise. Sette.
Virginia Raffaele-Sabrina Ferilli: L’unica idea di questa edizione è la sua parodia della valletta. Intelligente in sé, ancor di più se si pensa alla pseudo polemica di Garko che non vuol essere chiamato valletto. Lei è simpatica, intelligente, tiene il palco: eclissa tutti gli altri. Conti fa con lei lo stesso gioco di Fazio con la Littizzetto: con la differenza che la Raffaele è fresca, vivace, non ingabbiata in nessun cliche. Conti dovrebbe farle un monumento, gli ha salvato il festival. Due abiti per Sabrina, belli ma non spettacolari (il secondo, nero e lungo più sanremese del primo, che faceva un po’ carta da cioccolatini) naturalmente il punto non era quello: nove, meritatissimo.
Gabriel co-conduttore Garko. Disastroso. Non riesce nemmeno a leggere il gobbo, anche quando si infila gli occhiali (cercando invano di sembrare più intelligente). Ha sempre la stessa espressione, sempre. In conferenza stampa ha detto di non essere abituato a stare dietro un palco come quello dell’Ariston: nemmeno sopra, purtroppo. All’inizio aveva dichiarato che ogni sera avrebbe indossato un completo ispirato ai belli del cinema: Paul Newman, Marcello Mastroianni, Cary Grant, Marlon Brando, Sean Connery. Ieri aveva uno smoking nero: da chi era vestito? Non pervenuto, non classificabile.
Laura Pausini: si presenta in un orribile abito bicolore, rosa con strisce laterali nere: è molto preoccupata di sembrare troppo in carne e non lo nasconde. Carlo Conti le porta il blazer blu che indossava quando ha vinto con La solitudine. Inspiegabilmente per una star internazionale è molto impacciata sul palco. Cinque.
Sir Elton John. Incanta l’Ariston con Your Song e un’interpretazione strepitosa di Sorry Seems To Be The Hardest Word (dedicata a Gasparri che lo aveva definito “schifo umano”). Tutti si aspettavano lo spot pro unioni gay, ma lui parla dello spirito cristiano: chapeau. Dieci.
Aldo Giovanni e Giacomo. Portano uno sketch vecchissimo, in sala stampa lo conoscono in tanti: Pdor figlio di Kmer, di cui c’erano video in rete. Scelta poco comprensibile, li salva solo la scelta di devolvere in beneficienza il cachet. Quattro.