A chiedere e ottenere il diritto a riunirsi durante l'orario di lavoro, secondo le nuove disposizioni emanate dal Comune, potrà essere solo la maggioranza della Rsu, la rappresentanza sindacale unitaria interna all'ente ed eletta dai lavoratori
Nel Comune di Bologna nell’ultimo anno ci sono state 158 assemblee retribuite tra i dipendenti. In teoria una ogni due giorni: troppe secondo il sindaco Pd Virginio Merola che a inizio febbraio ha deciso una stretta. E sul caso si è mosso per chiedere chiarimenti anche il presidente del Comitato nazionale di garanzia per gli scioperi, Roberto Alesse. A chiedere e ottenere il diritto a riunirsi durante l’orario di lavoro, secondo le nuove disposizioni emanate dal Comune, potrà essere solo la maggioranza della Rsu, la rappresentanza sindacale unitaria interna all’ente ed eletta dai lavoratori. Oppure ci vorrà la richiesta di una delle sigle che firma il contratto nazionale degli enti pubblici: Cgil, Cisl e Uil. Nel caso di Bologna la Rsu è composta a maggioranza dai confederali e così a insorgere dopo la notizia sono stati i sindacati di base che nella Rsu hanno una rappresentanza minoritaria (16 membri su 51): “Con questa decisione l’amministrazione intende imporre solo la propria visione del mondo e il silenzio alle lavoratrici e ai lavoratori che aderiscono ai sindacati di base”, hanno scritto in un comunicato i Cobas.
Il primo cittadino ha spiegato che i contratti collettivi di lavoro prevedono la regola della maggioranza da tempo. Ma a Bologna, con un accordo integrativo in vigore dal 1999, fu deciso che convocare l’assemblea potesse essere possibile anche senza la maggioranza della Rsu e dalle singole sigle sindacali anche le più piccole rappresentate. Ora si cambia: “Abbiamo disdetto l’accordo integrativo perché ci siamo resi conto che c’è un uso distorto del diritto di assemblea retribuita, la Rsu è formata da 51 persone, ma qualsiasi sigla poteva convocare un’assemblea”, ha spiegato Merola.
La questione tuttavia non nasce a caso. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la decisione del sindacato Usb di convocare una assemblea dei vigili urbani proprio in occasione della partita di serie A Bologna-Fiorentina, quando in un pezzo di città la viabilità è pesantemente condizionata e i vigili per strada servono per evitare gli ingorghi. Il primo cittadino non ci ha visto più ed è arrivata la decisione: “È un rimedio a un abuso perché non possiamo più assistere a un uso così disinvolto dell’assemblea. Si fanno assemblee quando non si può fare sciopero in momenti critici come le partite di calcio, non si potrà fare più se non c’è l’accordo della maggioranza dei delegati”, ha detto Merola.
In difesa dei sindacati più piccoli si schiera Mirco Pieralisi, eletto con Sel ma da tempo in rotta con la maggioranza: “Il Sindaco mette tutto in un calderone senza tener conto che le assemblee sindacali sono quasi sempre divise per categorie e per turni di lavoro, sono programmate con largo anticipo e che esiste un tetto orario annuale per ogni lavoratore”, spiega Pieralisi. In effetti il numero totale dei dipendenti del comune è di oltre 4mila e le assemblee vengono convocate per settori. Il sindaco Merola, peraltro in campagna elettorale per la rielezione, in questi anni non ha avuto rapporti facilissimi a livello sindacale, e non solo con i vigili urbani.
Chi tuttavia la prende con ironia sono i Cobas che in un comunicato spiegano come la giunta Merola, a parere loro, “ha mostrato la sua avversione verso i sindacati di base e crediamo che in questa deriva autoritaria e antidemocratica del Comune di Bologna ci siano tutte le motivazioni per ravvisare l’ennesimo comportamento antisindacale”. Poi in un post scriptum la provocazione: “Per tutto questo, chiediamo un’assemblea…”