Il Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza con cui respinge le richieste della leghista Patrizia Borgarello e di alcuni cittadini per l'annullamento delle elezioni regionali del 25 maggio 2014. Avanti procedimento penale e civile
Sergio Chiamparino resta presidente del Piemonte. Il Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza con cui respinge i ricorsi della leghista Patrizia Borgarello e di alcuni cittadini che chiedevano l’annullamento delle elezioni regionali del 25 maggio 2014 per le firme false a sostegno del candidato dem. I magistrati di Palazzo Spada chiudono così la lunga serie di ricorsi, indagini e querele che ha caratterizzato le elezioni in Piemonte dal 2010.
Il 10 luglio 2014, dopo aver ottenuto e visionato i moduli elettorali conservati dalla Corte d’appello di Torino, Patrizia Borgarello, ex consigliera provinciale della Lega, aveva fatto ricorso al Tar per far annullare il listino regionale Chiamparino Presidente, due liste provinciali del Pd e la lista Chiamparino per il Piemonte. Secondo Borgarello molte sottoscrizioni raccolte erano palesemente false e così, eliminando quelle liste, si sarebbe dovuta annullare anche l’elezione di Chiamparino. Secondo i magistrati, però, pur eliminando alcuni moduli falsati tre di quelle liste risultavano ancora regolari, mentre l’unica a rischio di annullamento è il listino provinciale del Pd. Per questa ragione il 9 luglio scorso hanno respinto parzialmente il ricorso della Borgarello e le hanno dato sessanta giorni di tempo per fare una querela per falso contro quella lista dubbia. Con questa decisione Chiamparino si è salvato, mentre è rimasta in bilico la sua maggioranza. La causa è cominciata martedì 9 febbraio e se il tribunale civile dovesse dichiarare nulla la lista torinese del Pd, otto consiglieri dem potrebbero lasciare le poltrone e tra loro ci sarebbero anche il presidente del Consiglio regionale Mauro Laus e il capogruppo del Pd Davide Gariglio.
Nel frattempo oggi i giudici della Quinta sezione del Consiglio di Stato, presieduti da Claudio Contessa, hanno sostanzialmente confermato la sentenza del Tar: “Se i voti raccolti dalla lista di cui si discute fossero reputati nulli tout court, lo scarto differenziale tra il presidente eletto e il candidato Pichetto (Gilberto, ndr) resterebbe assai consistente a favore del primo”, scrivono. Togliendo i 371.929 voti della lista in discussione, il vantaggio di Chiamparino sul rivale del centrodestra passerebbe da 561.038 voti a 189.109, precisano. Un caso ben diverso – annotano – da quello di Roberto Cota, la cui elezione del 2010 fu annullata per colpa delle firme false raccolte da Michele Giovine a sostegno dei “Pensionati per Cota”: questa lista aveva ottenuto 15.805 voti e lo scarto tra Cota e la sfidante Mercedes Bresso era di circa novemila preferenze.
“La sentenza odierna del Consiglio di Stato conferma la legittimità formale della mia candidatura e di conseguenza quella della mia elezione, peraltro mai messa in discussione a livello politico”, spiega il presidente Chiamparino, assistito dal professore Vittorio Barosio. Per il capogruppo Pd in Consiglio regionale, Davide Gariglio, “la legittimità delle elezioni regionali del 2014 non è più in discussione: la legislatura durerà fino al 2019”. Torna invece all’attacco Roberto Cota, che critica la “doppia morale del Pd”: “Non c’è Tar o Consiglio di Stato che tenga: Chiamparino si dovrebbe dimettere perché le sue liste sì che hanno le firme false”.
Intanto il 12 febbraio al Palazzo di giustizia di Torino molti degli eletti e dei funzionari del Pd torinesi indagati per le firme false chiederanno al gup Paola Boemio di patteggiare la pena. Il 17 febbraio invece riprenderà la causa civile per la querela di falso che fa traballare molti consiglieri dem.