Dopo giorni di febbrili e difficili trattative, François Hollande ha proceduto, a poco più di un anno dalle prossime elezioni presidenziali (e legislative) in Francia, a quello che con ogni probabilità sarà il suo ultimo rimpasto governativo. Le novità principali? Jean-Marc Ayrault, già premier socialista, fino al primo aprile 2014, recupera il posto di ministro degli Esteri, lasciato libero da Laurent Fabius. E poi entrano nell’esecutivo tre rappresentanti dei Verdi (al momento attuale assenti dal governo): due come sottosegretari e un ministro, Emmanuelle Cosse, messa alla guida del dicastero della Casa, influente in Francia, competente per gli alloggi popolari.
Il nuovo governo è composto di 38 ministri. E Hollande ha voluto rispettare ancora una volta la parità uomo-donna: metà dei posti per gli uni, metà per le altre. Per il resto le scelte puntano a rassicurare l’elettorato tradizionale di sinistra (attraverso un personaggio rispettato per coerenza e onestà, come Ayrault) e a rinsaldare i legami con i piccoli partiti di quell’area, alleati del Ps (Partito socialista), in particolare con i Verdi. Non ci sono, comunque, nomine “eclatanti”, che possano dare una svolta al corso governativo. E spingere la popolarità (bassissima) dell’esecutivo di Manuel Valls finalmente verso l’alto.
Ayrault, 66 anni, un fedele da sempre di Hollande, non si era distaccato dall’amico presidente neanche quando era stato silurato come primo ministro, facendo ricadere sulle sue spalle la responsabilità della sconfitta dei socialisti alle elezioni dipartimentali della primavera 2014. Ayrault, figlio di operai, poi professore di tedesco alla scuola pubblica, è la classica emanazione di quel cattolicesimo progressista dell’Ovest francese, che è l’unico al momento a resistere (anche nelle urne) all’avanzata del Front National. Esponente della sinistra storica del partito (ma non di quella dissidente attuale), a livello di politica estera è considerato un europeista e un filo-tedesco (ma non necessariamente filo-Merkel).
Emmanuele Cosse, 41 anni, è l’attuale segretario generale dei Verdi, un partito in crisi, ma del cui sostegno Hollande potrebbe avere bisogno per passare al primo turno delle presidenziali del 2017, se davvero si presenterà a quelle elezioni. Nel governo entrano altri due esponenti dei Verdi: Barbara Pompili diventa sottosegretario responsabile delle Relazioni internazionali per il clima e Jean-Vincent Placé (in realtà ecologista, formalmente è da poco uscito dal partito), che è stato nominato sottosegretario alla Riforma dello Stato.
Jean-Michel Baylet, del Partito radicale di sinistra (altra piccola formazione di centro-sinistra), è diventato ministro dell’Assetto del territorio: altra scelta di Hollande, alla ricerca il più possibile di consensi nel centro-sinistra. Audrey Auzolay, consigliere culturale del Presidente, prende invece il posto, come ministro della Cultura, di Fleur Pellerin, vivacemente criticata in questo ruolo.