Festival di Sanremo 2017

Sanremo 2016, pagelle della seconda serata. I promossi e bocciati da Michele Monina

di Michele Monina
Sanremo 2016, pagelle della seconda serata. I promossi e bocciati da Michele Monina

Chiara Dello Iacovo 7,5
Chiara ha venti anni, è una cantautrice e a differenza di altre cantautrici e cantautori di venti anni non canta dei massimi sistemi, ma di se stessa, guardandosi e facendosi vedere. Originale nello sviluppo. Bella voce. Farà strada, io ve l’ho detto. Ricordatevelo.

Cecile 6
Cecile porta una canzone che, potenzialmente, poteva essere una bomba. Ma non è una bomba. Forte il tema. Dritto il testo. Ma anche bruttina la base. E bruttino il testo, perché essere dritti non è mica sempre un pregio. Peccato. Lei, comunque, si fa notare, si farà.

Irama 6,5
Originale, Irama, con questo suo parlare miliardi di parole, quella faccia pulita, da fotoromanzo, quegli orecchini da nativo americano. Originale. Pure troppo. Nel senso. Non è avanti, è di lato. Ma qui siamo a Sanremo.

Ermal Meta 7
Ermal Meta è di mestiere. Scrive per molti. Sa come gira il fumo. Quindi porta non il suo brano migliore, e anche con un arrangiamento un po’ vintage va da quelle parti, e lui lo sa.

Dolcenera 8,5
Dolcenera è la donna del momento. Mentre i suoi colleghi in gara se ne stavano al Royal a sorseggiare daiquiri lei è corsa a Milano a registrare una puntata di The Voice, di cui è giudice. Non solo, è anche autrice e produttrice artistica del brano che interpreta. E la canzone che interpreta è proprio bella. Fosse in inglese potrebbe finire nella colonna sonora del prossimo 007. Un blues moderno, intenso, emotivo. La migliore in gara stasera. Senza se e senza ma.

Clementino 6
La canzone di Clementino andrebbe ascoltata con il testo sotto. Perché il testo è meglio di come arriva dal brano. E se la nuova tendenza dei giovani è skippare le strofe per sentire solo i ritornelli dei brani, in questo caso andrebbe fatto il contrario, sentire il rap e gettare il ritornello. Rispetto a Rocco Hunt lui cresce a ogni ascolto. Il che è un bene. Lui, ovviamente, non vincerà mai.

Patty Pravo N.C.
La divina Patty non si discute. È Patty Pravo, potrebbe cantare quel che gli pare. Invece canta una canzone che è roba già sentita, e la canta anche malino. Le strofe le sentono giusto i cani, come coi terremoti e i fischietti agli ultrasuoni, il ritornello va un po’ meglio, ma quel giro armonico andrebbe bandito, con una moratoria di cinque anni verso il giro di do. Che vogliamo dire, allora. Niente. Passiamo oltre.

Valerio Scanu 4
Tempo addietro si diceva, credo di Mina, con quella voce potrebbe cantare anche la guida del telefono. Ecco, Valerio Scanu deve aver frainteso la faccenda e canta la canzone che ha scritto per lui Fabrizio Moro come se stesse leggendo la guida del telefono. Bella canzone, nei limiti sanremesi, bella voce, ma zero emozioni. Algida, e non è un messaggio promozionale.

Michielin 3
Ok, abbiamo capito. Del resto da noi funziona così. Se una cosa funziona, in Italia, si tende a perpetuarlo nel tempo. Se funziona all’estero, poi, si tende a copiarlo, con quel delay che essere partito da lontano comporta. Eccoci a Francesca Michielin, e la sua canzone in gara. Prendi un po’ di Elisa, per vocalità e origini geografiche il paragone più scontato, quindi, e mescola con un tot di Lorde. Mengoni sullo sfondo, perché Mengoni è l’artista che va copiato, oggi. Risultato, il grande nulla. Una canzone inconsistente che si lascia almeno dimenticare presto.

Alessio Bernabei 2
Il ragazzo è in gara per permettere ai Dear Jack di poter essere in gara a loro volta, o viceversa. Due gusti is meglio che one, da un’idea di Stefano Accorsi stavolta non vale. Nel senso, se una idea provoca ribrezzo, non è che dividendola e proponendola in due versioni provochi meno ribrezzo, ne provoca il doppio. La canzone è una cover di Ariana Grande, cantata da Nek l’anno scorso. Roba da ballare. Io ho pure provato a calarmi un’exctasy per sopportare tutto questo dolore, ma non basta, la prossima volta provo col crack.

Elio e le Storie Tese 7
Elio e le Storie Tese, senza Rocco Tanica, impegnato nell’edicola dalla Sala Stampa, fanno un Festival a se stante. La loro canzone è una sorta di minimusical, tanta musica e tanto spettacolo. Sette ritornelli. Nessuna strofa. Sette ritornelli tutti diversi, legati da giochi di parole, tipo domino. Geniali. Zappiani. Viene da chiedersi cosa avverrà di questo brano fuori di qui. Probabilmente non esisterà fuori di qui. Qui c’è, per fortuna.

Neffa 4
Neffa dice di non avere autostima. Conoscendo il suo multiforme passato viene da chiedersi perché. Poi senti la canzone presentata a Sanremo e lo capisci. Fossimo generosi la definiremmo antica, invece è solo vecchia. Già sentita, fuori tempo massimo. Anche un po’ irritante, perché volutamente vecchia. A un certo punto canta “voglia di sorridere” e il problema sta nel fatto che ce l’ha fatta andar via. Sembra un brano cantato da Marcello in un programma di Guardi’. In una parola: perché?

Annalisa 8
Annalisa ha una bellissima voce, fin qui usata per cantare canzoni non esattamente alla sua altezza. Stavolta, forse, è la volta buona. Bella canzone, magari difficile al primo ascolto, ma che cresce le volte successive. Non cerca scorciatoie e a volte prendere la strada più lunga è la scelta migliore. Si vede un bel panorama, qui, e Annalisa è una perfetta guida. 

Zero Assoluto 6,5
Se volessimo appoggiare i battiti del nostro cuore sui BPM dei brani in gara al Festival l’ultima voce che sentiremmo prima di vedere la luce e passare oltre sarebbe “lo stiamo perdendo, carica a duecento, libera!”. Linea piatta. “Ora del decesso 21:30”. Tutte ballate, o quasi, tranne poche eccezioni, alcune belle eccezioni, come Ruggeri, altre brutte eccezioni come Bernabei, altre medie, come Rocco Hunt (le cui quotazioni per la vittoria finale salgono di pari passo col fastidio nell’ascoltare la sua canzone paracula). Poi ci sono loro, gli Zero Assoluto. Che fanno una canzoncina ritmatissima. The Bad Touch dei Bloodhoud Gang, come ritmica, gli Zero Assoluto come melodia flebile. Niente di indimenticabile, ma almeno torniamo a vivere, santo Iddio.

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