La chiusura della discarica di Brindisi per contaminazione della falda è ben più di un campanello d’allarme. Cresce, infatti, di giorno in giorno il numero delle falde freatiche inquinate per sversamenti di rifiuti sul suolo e nel sottosuolo. E conseguentemente, di giorno in giorno, diminuiscono le riserve di acqua utilizzabili dall’uomo. Peraltro, il percolato delle discariche è un veleno micidiale che, se non si interviene, penetra e si espande nel sottosuolo distruggendo le falde. Ed anche quando si cerca di proteggerle con barriere (polder) occorre una continua attenzione per controllare la loro tenuta, come ben sanno gli abitanti di Malagrotta.
Eppure la legge, questa volta è chiara. E’ il codice penale a stabilire fin dal 1930 pene severe per chiunque, anche per colpa, avvelena, corrompe o adultera “acque… destinate all’alimentazione prima che siano attinte o distribuite per il consumo” (artt. 439, 440 e 452).
Ed anche se questo delitto era certamente stato pensato per chi avvelenava o inquinava pozzi e acquedotti, ci ha pensato ben presto la Cassazione ad estenderlo anche alla contaminazione delle falde freatiche. La suprema Corte, infatti, fin dal 1995, con una storica sentenza (estensore Postiglione) ha stabilito che la norma si applica a tutte le falde freatiche e non solo a quelle già utilizzate a fini potabili e domestici. Ha sentenziato, infatti, che “il reato di cui all’art. 440 c.p. è applicabile all’inquinamento di qualsiasi falda freatica, a prescindere dal fatto che essa sia già in fase di captazione o di sfruttamento. Non vi è dubbio, infatti, che in un futuro più o meno prossimo, sia per l’aumento della popolazione, sia per le aumentate esigenze di vita della stessa, si renderà necessario attingere via via a falde acquifere sempre nuove per distribuirne il contenuto ai consumi. Invero, non avrebbe senso e sarebbe del tutto illogico che oggetto della tutela giuridica siano soltanto le acque in corso di utilizzazione, ove tale protezione non venisse estesa anche a quelle che potenzialmente sono destinate a tale uso, nel senso che, prima o poi anche queste saranno utilizzate“. Per poi precisare, due anni dopo, sempre con riferimento alla contaminazione di falde da discarica, che “è sufficiente la potenziale attingibilità ed utilizzabilità” della falda e che “la protezione del valore alimentare anche futuro delle acque di falda, potenzialmente raggiungibili con le moderne tecnologie per lo sfruttamento ad uso umano, deve essere assicurato in loco da ogni forma arbitraria di corrompimento od adulterazione, non solo dolosa, ma anche e soltanto colposa“.
Appare, quindi, evidente che l’inquinamento delle falde acquifere provocato da discarica di rifiuti (e non solo) è, di regola, vietato e penalmente sanzionato dalle nostre leggi anche se causato da colpa ed anche se la falda non è attualmente utilizzata per il consumo umano.
Tuttavia, è altrettanto evidente che non basta. In questo nostro paese pieno di discariche, legali o abusive, diventa sempre più difficile preservare le falde dall’inquinamento soprattutto per gravissima carenza di controlli. Occorrono, cioè, organi tecnici attrezzati, adeguati e preparati che troppo spesso non ci sono: le agenzie regionali per l’ambiente, salvo poche eccezioni, mancano di mezzi, uomini e, spesso, di professionalità per verificare lo stato delle falde ed accertare il nesso di causalità tra il loro inquinamento e le attività di gestione di rifiuti. Tanto più che molti tecnici esperti sono andati in pensione e non sono stati adeguatamente rimpiazzati. Il Corpo forestale dello Stato è stato soppresso e non si sa che fine farà. La polizia provinciale sta facendo la stessa fine.
Che senso ha ripetere giustamente che l’acqua è un bene pubblico prezioso e poi lasciarlo senza tutela? Purtroppo, questo riguarda non solo le falde acquifere ma tutto l’ambiente. E’ di questi giorni la notizia del sequestro di alcuni depuratori comunali nella costiera amalfitana per superamento dei limiti consentiti. Ma la vera notizia è che qualcuno abbia fatto il controllo e che sia intervenuto il sequestro. L’Italia è piena di depuratori che non funzionano, funzionano parzialmente o funzionano male senza che nessuno intervenga. Peggio, soprattutto dal centro in giù ci sono ancora moltissimi casi in cui i liquami urbani defluiscono in acqua o sul terreno senza mai arrivare neppure al depuratore.
Ma, quando lo si dice, si alzano vibrate negazioni da parte dei Comuni. Eppure, nessuno si chiede come mai il nostro mare, nonostante siano stati vergognosamente aumentati i limiti per la balneabilità, continua ad essere, per tanti chilometri, gravemente e visivamente inquinato. I depuratori che non funzionano e le fognature che non ci sono c’entrano o no? O forse qualcuno pensa che i nostri mari saranno salvati dalle trivellazioni petrolifere e dagli airgun?