Più che una questione di talento, ormai è un fatto di puntiglio. Leonardo DiCaprio un Oscar deve averlo, in un modo o nell’altro: la prima candidatura, da attore non protagonista, risale al 1994 (Buon compleanno Mr Grape). E passi la nomination andata a vuoto per The Aviator, e passi per il “ci siamo quasi” di Blood Diamond, passi pure per lo smacco all’ottima interpretazione di The Wolf of Wall Street: l’occasione buona, a quanto pare, sarà Revenant. Anche se il 41enne attore elegantemente ricorda che la statuetta non è “l’approdo di una carriera”, la sua prova estrema nel film di Alejandro Iñarritu difficilmente non potrà portarlo sul palco per i 45 secondi del discorso.
Se l’Academy dovesse, clamorosamente e nuovamente, snobbarlo. DiCaprio ne avrà una statuetta homemade, fatta in casa con amore dalle fan e dai fan siberiani dell’attore. Gli abitanti – o meglio, supponiamo le abitanti – di una remota cittadina della Yakuzia, nella Siberia orientale, terrorizzate all’idea che il loro idolo potesse rimanere a mani vuote ancora una volta nella Notte degli Oscar del 28 febbraio, hanno deciso di autotassarsi, donando per lui i loro oggetti preziosi all’associazione, creata ad hoc, dall’eloquente titolo “L’Oscar a Leo”. Gioielli in oro e argento che, raccolti e fusi insieme, diventeranno una statuina più possibile somigliante a quella ufficiale degli Academy Awards.
Forse per omaggiare le origini russe dell’attore (che ha anche nome e sangue italiano), o per ringraziarlo di essersi interessato al caso della tigre siberiana, per proteggere la quale ha incontrato Vladimir Putin nel 2010. O forse, ancora, per riconoscenza nei confronti dell’attore hollywoodiano che di recente ha espresso il desiderio di interpretare uno dei grandi della storia russa. Lenin, preferibilmente. Ma anche Rasputin, o Putin addirittura, purché sia russo. Tanta dedizione va premiata. Certo, una raccolta fondi in favore di un miliardario americano ha del surreale. Ma pure un DiCaprio senza Oscar, a onor del vero.