Un evento atteso da mille anni, ovvero dal grande scisma del 1054 nel cristianesimo tra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente. "Il mio caro fratello Kirill. Questo incontro - ha detto Bergoglio - è un dono di Dio"
La storia della Chiesa cattolica passa per Cuba. Papa Francesco è arrivato a L’Avana per lo storico abbraccio con il Patriarca di Mosca ed è stato accolto alla scaletta dell’aereo dal presidente Raul Castro. Bergoglio, che era stato a Cuba nel settembre 2015, è tornato nell’isola caraibica per una brevissima sosta di appena tre ore prima di arrivare in Messico per il suo dodicesimo viaggio internazionale soltanto per poter incontrare il Patriarca di Mosca: “Il mio caro fratello Kirill”, come lo ha subito salutato Francesco. “Questo incontro – ha aggiunto Bergoglio – è un dono di Dio”.
Un evento atteso da mille anni, ovvero dal grande scisma del 1054 nel cristianesimo tra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente. È la prima volta in assoluto, infatti, che un Papa e un Patriarca di Mosca si incontrano. Un abbraccio, di per sé già di altissimo valore storico, che acquista un significato ancora più importante per il luogo in cui avviene, ovvero Cuba sotto la regia di Raul Castro che ha lavorato molto perché ciò avvenisse mentre sia Bergoglio che Kirill erano in America latina. “Chi mai avrebbe immaginato – ha commentato il numero due della Segreteria di Stato vaticana, monsignor Giovanni Angelo Becciu – che Cuba poteva essere sede di un evento di tale portata?”.
“È un viaggio impegnativo, – ha detto Francesco ai 76 giornalisti del volo papale che gli hanno regalato un sombrero – troppo serrato, ma tanto voluto: tanto voluto dal mio fratello Kirill, da me e anche dai messicani”. Il sogno di Karol Wojtyla si è, dunque, avverato. San Giovanni Paolo II lo aveva desiderato quando il capo della Chiesa ortodossa Russa era ancora Alessio II, il diretto predecessore di Kirill, così come aveva sperato di poter compiere un viaggio a Mosca, ma i tempi non erano ancora maturi. Ora per Bergoglio, che ha già ricevuto due volte in Vaticano Vladimir Putin, si spalancano anche le porte dell’ex Unione Sovietica. Un faccia a faccia di due ore a porte chiuse, quello tra Francesco e Kirill, con la sola presenza di due traduttori, per chiarire i tanti punti di distanza che ancora separano i leader della Chiesa cattolica e della “Terza Roma”.
Al centro del colloquio le tensioni tra la Russia e l’Ucraina, ma soprattutto “l’ecumenismo del sangue” ovvero i numerosi cristiani perseguitati ancora nel mondo, in particolare in Siria e nel resto del Medio Oriente, e l’urgenza di lavorare insieme per mettere fine a quella che Bergoglio ha più volte definito “una atroce e inspiegabile persecuzione” che spesso avviene “con il silenzio vergognoso di tanti”. Al termine del colloquio a porte chiuse, il Papa e il Patriarca di Mosca hanno firmato una dichiarazione congiunta sotto gli occhi di un soddisfatto Raul Castro che non ha mai nascosto di essere un grande ammiratore di Bergoglio: “Se il Papa continua così, tornerò alla Chiesa cattolica”.
“Finalmente! Siamo fratelli“, ha detto Francesco a Kirill toccandosi il cuore all’inizio del colloquio privato. “Anche se le nostre difficoltà non si sono ancora appianate c’è la possibilità di incontrarci e questo è bello”, ha risposto il Patriarca di Mosca che ha però aggiunto: “Ora le cose sono più facili”. E Francesco ha subito precisato: “È più chiaro che questa è la volontà di Dio”. Kirill ha donato a Bergoglio una copia della Madonna di Kazan. Il Papa ha ricambiato con una reliquia di san Cirillo e un calice. “Le nostre due Chiese – ha detto Kirill parlando a braccio al termine del colloquio privato – possono lavorare insieme attivamente difendendo il cristianesimo in tutto il mondo e con piena responsabilità affinché non ci sia più la guerra, affinché ovunque la vita umana sia rispettata, perché si rafforzino le fondamenta della morale, della famiglia e della persona”.
“Abbiamo parlato come fratelli”, ha replicato Bergoglio anch’egli rispondendo a braccio. “Abbiamo lo stesso battesimo. Siamo vescovi. Abbiamo parlato delle nostre Chiese. Ci siamo trovati d’accordo sul fatto che l’unità si costruisce nel cammino. Abbiamo parlato chiaramente senza mezze parole. Vi confesso che ho sentito la consolazione dello Spirito in questo dialogo. Ringrazio per l’umiltà fraterna di Kirill e il suo forte desiderio di unità. Sono venute fuori una serie di iniziative che credo siano fattibili e si potranno realizzare e per questo voglio ringraziare ancora una volta il Patriarca per la sua benevola accoglienza. Non voglio andare via senza dare un forte ringraziamento a Cuba, al grande popolo cubano e al suo presidente. Lo ringrazio per la sua disponibilità attiva. Se continua così – ha concluso il Papa – Cuba sarà la capitale dell’unità”.
Nella dichiarazione congiunta i due leader religiosi hanno espresso il loro dolore per i cristiani perseguitati soprattutto in Medio Oriente chiedendo alla comunità internazionale di “porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, di contribuire attraverso il dialogo a un rapido ristabilimento della pace civile”. Appello per la lotta alla terrorismo e la libertà religiosa: “Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace”. Attenzione anche per i poveri e i profughi: “Non possiamo rimanere indifferenti alla sorte di milioni di migranti e di rifugiati che bussano alla porta dei paesi ricchi”. E per la famiglia naturale “in crisi in molti paesi”. Essa “si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna. È l’amore che sigilla la loro unione e insegna loro ad accogliersi reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica”.
Infine, la richiesta “di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio. Lo sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale. Siamo anche preoccupati dallo sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l’immutabilità dei principi morali cristiani, basati sul rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del creatore”. Con un appello finale per la pace in Ucraina.