Bergoglio ha comunicato che a settembre non sarà a Genova. Tra impegni e le giustificazioni addotte del numero uno della Cei, pesa in realtà un rapporto segnato dalle gaffe - le congratulazioni a Scola - e lo scontro sulla eccessiva ingerenza della Chiesa italiana nella vita politica del Paese
Dopo Scola, Papa Francesco dà buca anche a Bagnasco. Dopo aver annullato la visita a Milano programmata per il 7 maggio 2016, a settembre Bergoglio non sarà a Genova per il 26esimo Congresso eucaristico nazionale. “È ormai una decisione ufficiale”, ha affermato il cardinale Bagnasco. “Abbiamo atteso e sperato che il Papa potesse rispondere positivamente alle nostre richieste, – ha aggiunto il porporato – ma purtroppo me lo ha comunicato e anche lui naturalmente è dispiaciuto, però gli impegni all’estero, in modo particolare, gli impediscono questa presenza. Sarà comunque presente spiritualmente con la sua preghiera e noi con la nostra accanto a lui”.
Erano oltre 20 anni che un Papa non disertava questo importante appuntamento della Chiesa italiana. Benedetto XVI non vi aveva mancato mai. San Giovanni Paolo II soltanto una volta, nel 1994, in 27 anni di pontificato. Il motivo della decisione di Francesco? Ufficialmente perché il Papa non vuole fare visite pastorali in Italia durante il Giubileo, ma in realtà, essendo quello di Genova un appuntamento della Cei, Bergoglio vuole ancora di più sottolineare la distanza con la Chiesa italiana e Bagnasco anche per la sua continua ingerenza nella vita politica in particolare sulle unioni civili. Non a caso il Papa non ha ricevuto il presidente della Cei alla vigilia del primo Consiglio episcopale permanente del 2016 dove al centro del dibattito c’era il tema delle unioni civili e del ddl Cirinnà che vuole regolarle disciplinando anche l’istituto delle adozioni.
Nella prolusione a quella riunione Bagnasco si limitò a citare le parole che Bergoglio aveva rivolto pochi giorni prima alla Rota Romana sottolineando chiaramente che “non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione“. Posizione presente anche nella dichiarazione congiunta che Francesco e Kirill hanno firmato nel loro storico incontro a L’Avana: “Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica”.
La distanza tra il Papa e Bagnasco in merito alle unioni civili non è, dunque, sulle posizioni – che coincidono esattamente – ma sui metodi per esprimerle e in particolare sull’ingerenza nella vita politica del Paese del presidente della Cei che negli ultimi giorni è arrivato perfino a chiedere il voto segreto in Parlamento sul ddl Cirinnà dando indicazioni procedurali dirette alla politica. In questo modo si è registrata anche la distanza tra il porporato e il numero due della Chiesa italiana, monsignor Nunzio Galantino, che ha, invece, preferito il silenzio: “Per rispetto del Parlamento e delle istituzioni preferisco non parlare”. Nel 2010 l’allora cardinale Bergoglio si oppose alla legge argentina che equipara il matrimonio alle unioni gay sostenuta dalla presidentessa Cristina Fernández de Kirchner. Ma lo fece sempre dal pulpito, invitando alla preghiera, mai dalla piazza. E nonostante ciò i suoi non pochi critici, anche all’interno della Chiesa argentina, attribuirono alla sua opposizione l’approvazione della legge definendo l’azione del futuro Papa come un vero e proprio “errore strategico”.
La distanza tra Francesco e Bagnasco è, invece, nota da tempo, fin dalla sera dell’elezione con il telegramma di auguri della Cei a “Papa Scola”. Una gaffe destinata a incrinare per sempre i rapporti tra Bergoglio e la Chiesa italiana. L’ultima sferzante critica del Papa alla Cei è arrivata a Firenze nel novembre 2015 in occasione del quinto convegno nazionale dei vescovi della Penisola: “Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro”. E proprio in quell’occasione Francesco aveva detto ai presuli: “Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia”.
Nei primi tre anni di pontificato con Bagnasco lo scontro è stato sempre manifesto. Da quando il Papa ha chiesto ai vescovi di eleggere direttamente il loro presidente, alla decisione di escludere il capo della Cei dalla Congregazione per i vescovi fino a quella di aprire personalmente l’annuale assemblea generale della Chiesa italiana che si svolge a maggio in Vaticano. Ma Bagnasco non ha mai rinunciato alla “contro prolusione” e al tentativo, invano, di non far aprire al Papa le successive assemblee della Chiesa italiana. Eppure fino a oggi questa “guerra fredda” tra Francesco e Bagnasco non ha mai portato alle dimissioni del presidente della Cei.
Twitter: @FrancescoGrana