Il governo Renzi ha incassato due importanti vittorie sul piano delle riforme: l’approvazione definitiva della legge elettorale e quella ancora in itinere della revisione costituzionale. L’analisi dell’Italicum ne rivela pregi e difetti. Il rischio di votare con sistemi diversi per Camera e Senato.
di Paolo Balduzzi e Massimo Bordignon (Fonte: Lavoce.info)
Luci e ombre dell’Italicum
A due anni dal suo insediamento, il governo Renzi ha incassato due importanti vittorie sul piano delle riforme: l’approvazione (definitiva) della legge elettorale e quella (in itinere e al netto del passaggio parlamentare) della riforma costituzionale. Ci soffermiamo qui sulla legge elettorale. La nuova legge elettorale (legge 52/2015, cosiddetto Italicum) sostituisce ciò che resta della precedente legge 270/2005 (cosiddetto “Porcellum”) a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 1/2014. L’iter di approvazione ha avuto vita difficile, ma non tribolata (sono stati necessari più dei due canonici passaggi alle Camere). Del resto, la legge è frutto di un elaborato compromesso sia tra forze politiche opposte (l’origine della proposta di legge è nell’accordo tra Pd e Forza Italia, il famoso “patto del Nazareno”) sia tra partiti della stessa maggioranza, con distinguo perfino tra le correnti del Pd.
Il premio di maggioranza
La legge prevede un premio di maggioranza alla prima lista, se questa raccoglie oltre il 40 per cento dei voti (avrà diritto a 340 seggi). Doppio turno tra le prime due liste in caso opposto (il vincente otterrà anche in questo caso 340 seggi). Il premio di maggioranza prevede una soglia di accesso per rispondere a una delle critiche mosse dalla Corte costituzionale in fase di giudizio abrogativo su parti del “Porcellum”; tuttavia, alcuni ritengono che il premio sia oltremodo eccessivo. La presenza di un doppio turno è pensata per legittimare il vincitore, cui comunque è attribuita una maggioranza ampia, anche nel caso di risultato più debole al primo turno. A peggiorare la criticità della norma è la previsione che il premio sia appannaggio della prima lista e non della prima coalizione. Da un lato, ciò genera il timore che un partito, anche minoritario, ottenga troppo potere in parlamento; dall’altro, solleva il problema della formazione di liste uniche in cui confluiscono più partiti, ma in maniera decisamente più opaca di quanto può avvenire in una coalizione.
Come si costruiscono le liste elettorali
Per quanto riguarda le liste elettorali, la legge stabilisce la presenza di capilista bloccati e la possibilità di candidature multiple. Il territorio italiano sarà diviso in cento collegi di dimensione variabile (da un minimo di tre candidati a un massimo di nove), all’interno di venti circoscrizioni regionali. Il capolista, in ogni collegio, è bloccato, nel senso che il primo seggio conquistato dal partito in quel collegio spetta al capolista. Inoltre, ogni capolista può presentarsi in dieci collegi differenti e scegliere dopo il voto, in caso di elezione plurima, dove farsi eleggere e, di conseguenza, chi far entrare in parlamento al proprio posto.
Il fatto di avere un capolista bloccato non è, in sé, un aspetto particolarmente positivo; a peggiorare le cose, viene reiterata la possibilità di candidarsi in più collegi, senza nemmeno indicare un criterio esplicito di scelta nel caso il candidato sia eletto in più di un collegio. Vale comunque la pena di sottolineare che nessuno impedisce a un partito di far scegliere agli elettori i capilista, per esempio attraverso il meccanismo delle primarie. Paradossalmente, poi, un abbondante ricorso alle candidature multiple aumenterebbe il numero di candidati eletti con le preferenze (si veda il punto seguente). La legge prevede anche il ritorno alle preferenze (multiple). L’Italicum reintroduce nell’elezione per la Camera, dopo oltre vent’anni, la possibilità di esprimere una o addirittura due preferenze, nel caso si indichino candidati di genere diverso: sarà quindi interessante vedere quanti elettori utilizzeranno lo strumento e come lo faranno, vale a dire quale eventuale vantaggio di genere emergerà dalla reintroduzione delle preferenze. L’equilibrio tra i generi dovrebbe essere garantito anche da altre norme sull’alternanza di uomini e donne all’interno della stessa lista di collegio.
La soglia del 3 per cento
Per entrare alla Camera un partito deve ottenere almeno il 3 per cento dei voti. Per compensare i partiti più piccoli, che sono penalizzati dal premio di maggioranza, è stata assicurata una soglia di esclusione piuttosto bassa. Tuttavia, se da un lato una soglia di questo tipo permetterà una maggiore rappresentatività, dall’altro polverizzerà ulteriormente le minoranze, che saranno più divise e renderanno più forte la stessa maggioranza. La legge entra in vigore a luglio 2016. Se si votasse domani, come ogni tanto si legge, non lo si farebbe con l’Italicum, ma con la legge proporzionale uscita dalla sentenza della Corte costituzionale. La nuova legge elettorale va quindi a braccetto con la riforma costituzionale, di cui si parlerà in un altro contributo. Vale qui la pena di ricordare solo che, con l’approvazione definitiva della riforma costituzionale, il senato non voterà più la fiducia al governo e sarà composto da rappresentanti delle regioni e dei sindaci. Sarebbe interessante, quanto probabilmente deleterio, vedere cosa accadrebbe si si votasse con due leggi elettorali completamente diverse per Camera e Senato nel caso la riforma costituzionale non dovesse passare. Probabilmente, prima che il presidente della Repubblica sciolga le Camere, il parlamento legifererà in materia.