La bufera si sposta sull’amministratore delegato Francesco Caio e sul ministero dello Sviluppo economico (Mise). A scatenarla sono da un lato il sindacato più rappresentativo in Poste Italiane, la Cisl, dall’altro il M5S che parla di “silenzio sospetto” del ministro Guidi sulla “Posteleaks” rivelata dal Fatto Quotidiano. Che i controlli sulla qualità del servizio postale – essenziali per ottenere finanziamenti miliardari tra Italia e Ue – siano stati truccati, ormai, l’ha confermato persino Poste che, dopo un’inchiesta interna, ha individuato 1.300 dipendenti impegnati nell’operazione. Un elenco depositato alla Procura di Roma che procede per truffa, per ora contro ignoti, ai danni dell’azienda. Molti tra questi dipendenti adesso rischiano il posto di lavoro o la sospensione. E la Cisl, che rappresenta il 53 per cento dei postini, non ci sta.
Si chiede come sia possibile ignorare, nell’inchiesta interna, l’eventuale “regia nazionale” dei vecchi vertici, riferendosi all’era dell’ex ad Massimo Sarmi, passando poi al periodo Caio. Annuncia “il più grande contenzioso giudiziario della storia di Poste” con le richieste di risarcimento danni che i suoi iscritti, dopo le sanzioni disciplinari o i licenziamenti, avvieranno contro l’azienda.
Poi sottoscrive, verso Caio, un’accusa velata, senza nomi e cognomi ma intrisa di insinuazioni: “Qualche ‘vestale’ – scrive la Cisl – oggi responsabile di importanti funzioni aziendali… dovrebbe chiedersi se anche sotto la sua gestione sono continuati comportamenti illegittimi, che l’inchiesta avrebbe dovuto evidenziare, con chiare responsabilità individuali e non di massa”.
In altre parole, si accusa l’amministrazione Caio di avere ancora in seno, ai suoi vertici, funzionari che consumano “comportamenti illegittimi” e non sono stati sfiorati da provvedimenti. Non è dato conoscere il nome della “vestale”, però. Né quali siano i comportamenti illegittimi. Il comunicato non ne parla. Il peggio è che, da parte di Caio, non è ancora giunta risposta. Senza contare che il tutto, peraltro, avviene sotto gli occhi della Procura che sta indagando. Nel frattempo la Uil ha chiesto di “fare chiarezza” e la Cgil suggerisce ai suoi iscritti di non accettare più pressioni, da parte dei superiori, per eventuali comportamenti scorretti nella consegna delle lettere. Resta da capire dove fossero, i sindacati, quando il sistema del controllo di qualità veniva taroccato da ben 1.300 dipendenti.
Il M5S vuole invece sapere dov’è la ministra dello Sviluppo economico Federica Guidi, alla quale, dopo le inchieste del Fatto, nel giugno 2015, avevano rivolto un’interrogazione parlamentare. La deputata M5S Arianna Spessotto, infatti, aveva chiesto se il ministero fosse a conoscenza della prassi, in uso alle Poste, di truccare i dati sulla qualità.
La risposta non è pervenuta. Il Fatto ieri ha rivelato, però, che un importante funzionario del Mise, Gianpiero Castano, nell’aprile 2014 fu messo al corrente della vicenda da un gruppo di operai che avevano perso i loro posti di lavoro nei Centri di meccanizzazione postale di tutta Italia. La manutenzione dei Cmp fu appaltata a un’azienda che si occupa di igienizzazione e mai aveva gestito una macchina postale. Durante la vertenza sindacale, gli operai raccontano a Castano che i controlli di qualità sono truccati ma il discorso si chiude con un “facciamo finta che non ci siamo detti niente”. Alcuni operai presenti all’incontro, ormai ex dipendenti di alcuni Cmp del Nord Italia, sotto la protezione dell’anonimato hanno rivelato quella conversazione al Mise aggiungendo di essere “disposti a raccontare tutto dinanzi un pm”.
Il M5S ieri è così tornato sul punto con un comunicato, invitando la ministra a riferire nella commissione Trasporti della Camera e definendo il suo “silenzio” come “sospetto”. “Se è vero che chi tace acconsente – scrive il M5S – dovremmo dedurre che il silenzio del ministro Guidi equivale a un’ammissione di colpa. È evidente l’imbarazzo del ministro che ha preferito far finta di nulla e non rispondere piuttosto che chiarire il gigantesco imbroglio dei controlli di qualità sul servizio postale, sottoposto proprio alla vigilanza del Mise”.
“Il sospetto – continua il M5S – è che, senza questo gigantesco imbroglio, Poste Italiane non sarebbe in grado di garantire gli standard qualitativi che le permettono di mantenere l’affidamento del servizio universale e i relativi finanziamenti pubblici per centinaia di milioni di euro. Tutto ciò sotto lo sguardo del ministero che, come denunciato da alcuni coraggiosi lavoratori, sapeva tutto, ma non ha fatto nulla”.
da Il Fatto Quotidiano del 12 febbraio 2016