Li ha lasciati dove capitava pensando di non essere scoperto. Doveva diventare una delle migliaia di mini discariche che costellano le strade secondarie italiane. Tra il mucchio di rifiuti però, è stato rinvenuto un documento con il recapito della ditta che li aveva abbandonati sul territorio di Limbiate, cittadina a 20 chilometri a nord di Milano. La polizia locale ha avuto gioco facile a rintracciare l’impenditore – la sede della società era a Carate Brianza – per comminare la sanzione prevista.

Una bolla di trasporto galeotta che ha permesso di scrivere un lieto fine a questo singolo caso. Di solito però non va così. E negli anni il fenomeno ha assunto dimensioni tali da convincere Amsa, la società del Comune di Milano che si occupa della raccolta dei rifiuti, a creare una applicazione per cellulari proprio per segnalare le mini discariche che fioriscono ovunque. Un’iniziativa lanciata nel 2012 e con alcuni aspetti innovativi: la versione aggiornata del 2015 permette di inviare una foto del mucchio di spazzatura che viene individuato con precisione grazie alla geolocalizzazione. E ha altre funzioni come la sveglia che ricorda il calendario dei passaggi Amsa.

Solo attraverso questa app, che già nella prima versione era stata scaricata da 50mila persone, nel 2015 sono arrivate 2,700 segnalazioni dal territorio milanese. Una goccia rispetto al totale: 17,375. “Per scarichi abusivi – precisano da Amsa – si intende dal semplice sacchetto di rifiuti abbandonato di fianco a un cestino fino a una serie di mobili lasciati sul marciapiede o su un prato”. Una marea di spazzatura e un problema consistente tanto che anche Massimo De Rosa, parlamentare del Movimento 5 Stelle originario del milanese, sta lavorando sulla questione a suon di carte. Al deputato è stata inviata una relazione proprio da un’azienda privata del settore. Un documento che punta il dito contro la normativa, cioè un pasticcio burocratico che crea terreno fertile per chi scarica abusivamente: la raccolta dei rifiuti è di competenza dell’Amministrazione locale, un regime che però non permette ai privati di colmare le eventuali lacune.

Per spiegarlo nella relazione viene usato l’esempio di un qualunque cittadino che decide di cambiare le piastrelle del bagno. “Questa attività produce 15 secchi di macerie per un peso di circa 300 kg” ipotizza il documento. Un quantativo tale da costringere la persona a noleggiare un furgoncino per caricare questi rifiuti e portarli alla ricicleria più vicina a casa sua. Lì però incappa nella prima difficoltà perché “scopre che per regolamento si può accedere solo con auto privata”. Gli ostacoli però non finiscono a quel punto, perché se è vero che con la propria macchina si può entrare in ricicleria è vero anche che si possono portare solo tre secchi alla volta e non più di tre volte al mese. I rifiuti dovrebbero dunque rimanere per oltre un mese a casa del cittadino. L’unica altra opzione è rivolgersi ad Amsa per un ritiro programmato “stabilendo – spiega la relazione – precisamente le modalità e gli orari (non prima e non dopo un certo orario altrimenti si incorre in sanzione) in cui poter posizionare i rifiuti sul marciapiede al fine di essere ritirati dal servizio dedicato”. L’azienda deve però far fronte a un gran numero di richieste.

Una soluzione più semplice potrebbe dunque essere rivolgersi ai privati, ma questi non possono intervenire per il regime in cui operano i comuni. “Molti sig. Rossi, purtroppo non hanno un gran senso civico e optano per una terza possibilità – conclude il documento – invogliati e quasi giustificati da questo assurdo vuoto normativo decidono di andare in una stradina di periferia o di campagna e lì abbandonano i loro rifiuti”. La stessa scelta dell’imprenditore di Carate Brianza, lui però ha dimenticato la bolla che lo ha incastrato.

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