Il presidente della Commissione lavoro della Camera: "Le parole di Poletti mi rassicurano ma per essere definitivamente tranquilli chiederemo che il testo della delega venga cambiato"
“Al salasso di Monti non possiamo aggiungere un nuovo salasso”. Così Cesare Damiano, deputato Pd, avverte il governo sul tema delle pensioni di reversibilità, divenuto caldo in queste ore. La polemica è partita dal disegno di legge delega sul contrasto alla povertà, approdato da poco alla commissione Lavoro della Camera, presieduta dallo stesso Damiano. Nel testo, si fa riferimento all’intenzione di razionalizzare “prestazioni di natura previdenziale” tra le quali rientra proprio la reversibilità, cioè la quota di assegno che, dopo la morte del pensionato, viene corrisposta al coniuge e alla famiglia. Dopo le dure critiche rivolte al governo, accusato di fare cassa sulle spalle delle vedove, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha affermato che “per il futuro non è allo studio nessun intervento sulle pensioni di reversibilità”. Ma questo non basta: pur dicendosi rassicurato, Damiano spiega che, per essere davvero tranquilli, quel testo va cambiato.
Per definire il nocciolo della questione, bisogna prima chiarire in cosa consiste la pensione di reversibilità. Si tratta dell’importo della pensione che un beneficiario del nucleo familiare riceve alla morte del lavoratore assicurato o pensionato, uno strumento introdotto per tutelare i coniugi, soprattutto le donne, che non avevano una pensione propria e che spesso avevano un reddito al di sotto della soglia di povertà. Nel 2015, sono state erogate 183mila pensioni di reversibilità per un importo medio di 650 euro. L’assegno corrisponde al 60% della pensione del familiare deceduto se c’è solo il coniuge, all’80% se c’è anche un figlio e al 100% se ci sono più figli. Dopo l’ultimo chiarimento di Poletti sul tema, Damiano spiega a ilfattoquotidiano.it: “Le parole del ministro mi rassicurano ma, poiché carta canta e villan dorme, come ben sa Poletti, per essere definitivamente tranquilli chiederemo che il testo della delega venga cambiato”.
Ma qual è il punto contestato del decreto? Il governo intende razionalizzare, cioè di fatto ridurre, le prestazioni di tipo assistenziale, oltre che “altre prestazioni di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi”. E la relazione tecnica al decreto precisa che di questa categoria fanno parte anche le pensioni di reversibilità. “Noi chiederemo di cancellare il riferimento ad ‘altre prestazioni anche di natura previdenziale’ – prosegue il presidente della commissione Lavoro – Il sistema previdenziale è già stato sottoposto lungamente a salassi, a partire dagli interventi del governo Monti, che hanno avuto effetti controproducenti. A quel salasso non possiamo aggiungere un nuovo salasso. La mucca l’abbiamo già munta con il governo Monti”. L’idea dell’ex ministro del Lavoro è che la partita delle pensioni vada giocata in un altro campo, e non nel recinto delle misure assistenziali. “Riteniamo che il tema della previdenza debba essere trattato nell’ambito delle correzioni del sistema previdenziale – spiega il deputato dem – anche perché ci sono numerosi problemi che vanno risolti, dalla flessibilità del sistema pensionistico agli esodati. Eventuali risparmi devono essere indirizzati a risolvere i problemi previdenziali. Altra cosa è l’assistenza. Apprezzo che il governo abbia deciso di destinare risorse a un assegno universale contro la povertà. Ma l’importante è che non si peschino risorse dal sistema previdenziale”.
Il dibattito si è acceso nei giorni scorsi in seguito all’intervento di Ivan Pedretti, segretario Spi Cgil, sull’Huffington Post. Il sindacalista aveva parlato di una “rapina legalizzata” accusando il governo di “fare cassa sulle spalle delle vedove”. “L’accesso alla pensione di reversibilità – scriveva Pedretti – d’ora in poi sarà legato all’Isee, per il quale conta il reddito familiare e non quello individuale. Di conseguenza il numero di coloro che vi avranno accesso inevitabilmente si ridurrà e saranno tante le persone che non si vedranno più garantito questo diritto”. Nelle ore seguenti, il governo aveva ricordato che il decreto interessa solo le prestazioni future, non quelle in essere. E che il testo di legge “impedisce di far cassa”: la norma prevede che gli eventuali risparmi derivati dai tagli “siano destinati all’incremento del finanziamento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale”.
Ma questo non è bastato a placare le polemiche, anche perché non si smentivano i tagli alle future pensioni di reversibilità. Così è dovuto intervenire direttamente Poletti.”La polemica sulle pensioni di reversibilità è totalmente infondata – ha spiegato il ministro – Per il futuro non è allo studio nessun intervento sulle pensioni di reversibilità; tutto quello che la delega si propone è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale”. Il titolare di via Veneto se l’è presa con quanti hanno puntato il dito contro il governo: “Evidentemente c’è chi cerca facile visibilità e si diletta ad inventare un problema che non c’è per poi poter dire di averlo risolto. La proposta di legge delega del governo lascia esplicitamente intatti tutti i trattamenti in essere”. A questo punto, la palla passa alla commissione Lavoro della Camera, che dovrà discutere il testo e fare proposte di modifica. Che però non sono vincolanti. E anche in passato, il governo ha ignorato alcune indicazioni della commissione riguardo al Jobs act. Ora, resta da capire se stavolta l’esecutivo seguirà i suggerimenti del parlamento.