Gli ultimi due responsabili della Rusada deceduti per "imprecisati problemi cardiaci" alla vigilia della visita degli ispettori Iaaf che daranno il via libera alla partecipazione degli atleti di Mosca alle Olimpiadi di Rio. Ora non ci sarà più nessuno da additare per lo scandalo dei falsi laboratori e delle positività coperte degli atleti russi
Hanno comandato il fraudolento sistema dell’antidoping russo negli ultimi otto anni, travolto dallo scandalo che ha causato la sospensione a tempo indeterminato della Federazione. Ma per le loro colpe, comunque vada, non pagheranno. Nikita Kamayev e Vyacheslav Sinev, ultimo e penultimo capo della Rusada, sono morti. A pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, per non meglio precisati “problemi cardiaci“, proprio alla vigilia della visita degli ispettori Iaaf da cui potrebbe dipendere la partecipazione degli atleti di Mosca alle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Decessi che alimentano i sospetti su quanto sta accadendo nel mondo dello sport russo.
Nikita Kamayev è stato uno dei protagonisti dello scandalo doping nell’atletica russa scoperto dalla Wada (l’Agenzia mondiale antidoping). Numero uno della Rusada dal 2011 al 2015, all’inizio aveva reagito bollando come “assurde” le accuse e paragonando ironicamente il contenuto dei report dell’inchiesta a un film di James Bond: “Ho una fondina, una pistola e ogni giorno vado negli scantinati della Lubyanka (il quartier generale del Kgb, nda)”. Poi a dicembre era stato costretto a dimettersi, finendo per essere uno dei capri espiatori della vicenda. Sabato mattina è morto improvvisamente all’età di 52 anni. Secondo quanto riportato dall’agenzia Itar Tass, per colpa di un infarto mentre sciava: “Purtroppo Nikita è morto, pare sia stato vittima di un attacco cardiaco fulminante”, ha dichiarato Ramil Khabriyev, che lo ha sostituito ai vertici della Rusada, aggiungendo anche che “non si era mai lamentato di problemi di cuore, almeno con me. Forse sua moglie ne era al corrente”.
Non si tratta però della prima morte illustre all’interno dell’agenzia antidoping russa. Solo qualche giorno fa, il 3 febbraio, è scomparso il suo predecessore Vyacheslav Sinev. In un alone di mistero. Il sito ufficiale della Rusada ha riportato la notizia solo due giorni dopo, con uno stringato comunicato in cui non si fa alcun riferimento alle circostanze della morte, ma solo alla sua “competenza ed esperienza”, e alle condoglianze espresse a familiari e amici. Secondo l’emittente locale Ren Tv, “le cause del decesso non sono state rese note”, alcune agenzie anche qui hanno parlato genericamente di “problemi cardiaci”. Sinev era stato direttore generale della Rusada dal 2008 al 2010, cedendo poi il posto a Kamayev e diventando capo del comitato esecutivo.
In meno di due settimane sono morti entrambi. Tragica coincidenza, fino a prova contraria. Non ci sarà più nessuno da additare per lo scandalo dei falsi laboratori e delle positività coperte degli atleti russi. A Mosca, però, sono già pronti a voltare pagina: in questi giorni è attesa la terza visita degli ispettori della Iaaf (l’organo mondiale dell’atletica), per valutare i miglioramenti dell’antidoping russa ai fini della riammissione della Federazione alle gare. Se tutto andrà bene, la Russia verrà riabilitata in tempo per partecipare ai Giochi di Rio. Chiudendo i conti col passato.