Il nipote del boss entra in sala operatoria e muore prima che l’intervento abbia inizio: sono tre i medici indagati per omicidio colposo nell’inchiesta sul decesso di Aldo Gionta, nipote di Valentino, capoclan della camorra di Torre Annunziata (Napoli) oggi al 41 bis. Gli inquirenti cercano di far luce su quanto avvenuto nella sala operatoria dell’ospedale Sant’Anna e Maria Santissima della Neve di Boscotrecase, dove il 47enne avrebbe dovuto essere sottoposto a un intervento chirurgico di routine, almeno sulla carta. Invece è morto subito dopo l’anestesia. La famiglia ha già annunciato una battaglia legale. Una storia paradossale se si pensa che le cronache raccontano di boss e loro parenti ricoverati nelle migliori cliniche e con cure ad hoc, anche durante periodi di latitanza. Totò Riina, Bernardo Provenzano, Matteo Messina Denaro, ma anche Sebastiano Signati, il latitante della ’ndrangheta, ricercato dal 2005 e intercettato a dicembre scorso proprio in una clinica, a sud di Bruxelles.
LA MORTE E L’INCHIESTA PER OMICIDIO COLPOSO – Aldo Gionta, cugino omonimo del boss-poeta e nipote del capoclan Valentino, era entrato in ospedale la mattina di venerdì, 12 febbraio. Doveva sottoporsi a un intervento di riduzione della frattura scomposta a tibia e perone, procurata in seguito a un incidente stradale nel quale era rimasto coinvolto giorni prima. Ma il 47enne è morto poco dopo l’anestesia spinale, in sala operatoria, per arresto cardiocircolatorio. I carabinieri hanno sequestrato la cartella clinica e la procura di Torre Annunziata ha aperto un’inchiesta per stabilire se sia sia trattato o meno di un caso di malasanità. Il pm Silvio Pavia ha iscritto nel registro degli indagati l’anestesista Giuseppe Oriolo, il primario del reparto di Ortopedia Gaetano Sannino e il cardiologo Luigi Granato. Un atto dovuto per consentire ai medici di nominare i propri avvocati e i consulenti di parte, che potranno assistere all’autopsia disposta dal pubblico ministero.
I PARENTI PRONTI A DARE BATTAGLIA – Subito dopo il decesso, nelle corsie dell’ospedale è esplosa la rabbia dei familiari del 47enne. Urla e insulti contro medici e personale sanitario e pugni contro le pareti. Nessuno poteva aspettarsi un epilogo simile. L’inchiesta è partita d’ufficio, ma i parenti di Aldo Gionta, attraverso l’avvocato Giovanni Tortora, hanno già fatto sapere che presenteranno una denuncia in procura. Nel frattempo la direzione strategica dell’Asl Napoli 3 Sud ha assicurato che saranno eseguiti tutti gli accertamenti del caso per verificare se ci siano responsabilità individuali nel decesso del paziente. Il 47enne non era uno qualsiasi. Aveva piccoli precedenti ed era scampato a tutte le operazioni che avevano decimato il gruppo criminale collegato alla sua famiglia: non compariva nelle intercettazioni e neppure nelle deposizioni dei pentiti. Neppure in quelle che nel 2008 portarono al blitz ‘Alta Marea’ e all’arresto di 88 persone, fra cui anche il boss, la moglie e i tre figli. Eppure Aldo Gionta era il nipote di Valentino (figlio del fratello Ernesto), capoclan della cosca che ha seminato terrore e sangue a Torre Annunziata e che sta scontando l’ergastolo nel carcere di Novara, al 41 bis.
IL PARADOSSO PER IL NIPOTE DEL BOSS – Comunque finisca l’inchiesta, quanto accaduto è un paradosso, considerando che da anni le cronache raccontano di capoclan e loro familiari curati nelle migliori cliniche. Anche durante le latitanze, persino all’estero. E con tutte le cure del caso. Fascicoli d’inchiesta documentano del viaggio a Marsiglia di Bernardo Provenzano e del suo ricovero nella clinica ‘La Casamance” dove il capomafia fu sottoposto a intervento alla prostata. E che dire di Matteo Messina Denaro. Il pentito Vincenzo Sinacori ha dichiarato che nel 1994 il boss, latitante da un quarto di secolo, si recò in una clinica oculistica di Barcellona, in Spagna, per curare una forte forma di strabismo. E sotto il profilo della ‘copertura sanitaria’ fu una latitanza tranquilla anche quella di Totò Riina e della moglie Ninetta Bagarella, che ha potuto partorire tranquillamente tutti e quattro i figli in una clinica di Palermo.