L'inchiesta ha portato all'arresto dei vertici della municipalizzata, accusati di aver sottatto dalle casse circa due milioni di euro. Le confessioni dell'ex contabile Antoniazzi: "Dal municipio ci chiedevano di stornare fatture che non erano in grado di pagare". Tra le accuse, i buchi nascosti alla vigilia delle elezioni amministrative
È un quadro impressionante quello che emerge dalle indagini sulla passata gestione di Asm, la multiutility di Pavia e provincia. Lo spiega il giudice per le indagini preliminari Erminio Rizzi, nell’autorizzare gli arresti dell’ex presidente e di altri tre ex manager il 3 febbraio scorso, tutti accusati di appropriazione indebita.
Avrebbero distratto dalle casse dell’azienda pubblica “almeno due milioni di euro” riferisce il magistrato, attraverso “assegni – aggiunge – e numerosi ordini di bonifico bancario, sottoscritti dal presidente Giampaolo Chirichelli e dal direttore generale di Asm Pavia Claudio Tedesi e dal suo omologo in Asm Lavori, Luca Filippi Filippi (tutti in carica non oltre ottobre 2015 ndr): in alcuni casi nominativamente a favore del Comune di Pavia ma in realtà incassati su un conto corrente bancario intestato al contabile di Asm, Pietro Antoniazzi“.
Quest’ultimo fu arrestato nell’ottobre del 2015, dopo la scoperta del suo conto in una banca della provincia di Piacenza; dopodiché ha iniziato a riempire pagine e pagine di verbali di interrogatorio, rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Pavia Mario Venditti. Tra i dettagli dell’inchiesta il Gip ha messo l’accento su un aspetto: l’utilizzo delle partecipate Asm Pavia e Asm Lavori “come una sorta di camera di compensazione – spiega il giudice – per aggiustare i conti dell’amministrazione del comune di Pavia”.
Si legge in un verbale di Pietro Antoniazzi del 17 novembre 2015: “Il Comune di Pavia ci ha chiesto in maniera diretta di stornargli delle fatture molto vecchie del 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 semplicemente perché non avevano più soldi a sufficienza su quel capitolo di spesa. Quindi hanno chiesto ad Asm, personalmente a me (…) di fare delle note di credito facendo delle contestazioni sui lavori… che loro non volevano più pagare, non avendo più il capitolo di spesa o il denaro sufficiente, perché magari da quel capitolo di spesa l’avevano spostato ad un altro e quindi lì non c’erano più i soldi per pagare quella fattura”.
Davvero anomalo l’aiuto che la municipalizzata avrebbe dato alle finanze comunali, per cui le indagini su questo fronte continuano. Quel che è certo è “la disinvoltura – scrive sempre il giudice Rizzi – con la quale i vertici della partecipata hanno gestito la contabilità e i bilanci”. Tra i casi citati dall’accusa, il tentativo di mascherare ingenti perdite di bilancio, alla vigilia delle elezioni del 2014, di un buco di almeno mezzo milione di euro: una pubblicità troppo negativa a ridosso del voto. “Perdite e sbilanci – osserva il giudice Rizzi – che venivano occultate mediante il ricorso al più banale ma anche più efficace e nel contempo più truffaldino, degli espedienti, la predisposizione di fatture maggiorate o di fatture per operazioni inesistenti”.
Secondo i magistrati, i bilanci e i documenti amministrativi in Asm – negli anni della gestione precedente all’attuale – “non si predisponevano secondo le regole della contabilità, bensì secondo le esigenze degli amministratori, fino a piegare le poste di bilancio alle necessità politico elettorali e addirittura fino a predisporre falsamente i documenti contabili e soprattutto a coprire le spoliazioni a man bassa di denaro pubblico”.