“A volte potrebbe sembrare che le carceri si propongano di mettere le persone in condizione di continuare a commettere delitti, più che a promuovere processi di riabilitazione che permettano di far fronte ai problemi sociali, psicologici e familiari che hanno portato una persona a un determinato atteggiamento”. È la denuncia che Papa Francesco ha voluto rivolgere, nelle sue ultime ore in Messico prima di rientrare a Roma, nel carcere di Ciudad Juárez, città al confine con gli Stati Uniti considerata la più pericolosa al mondo per l’altissimo numero di omicidi che si verificano ogni anno. Proprio alla vigilia dell’arrivo del Pontefice nel Paese, nella prigione di Topo Chico a Monterrey c’era stata una rivolta di detenuti per favorire un tentativo di fuga con un bilancio di 60 morti.
A Ciudad Juárez il Papa si è voluto anche fermare simbolicamente vicino al confine in rete metallica con il Texas eretto dall’amministrazione nord-americana per arginare il flusso di migranti. Un invito eloquente a non creare muri di divisione. “Il problema della sicurezza – ha spiegato Bergoglio ai detenuti – non si risolve solamente incarcerando, ma è un appello a intervenire per affrontare le cause strutturali e culturali dell’insicurezza che colpiscono l’intero tessuto sociale“. Per il Papa, infatti, “il reinserimento sociale inizia con la frequenza alla scuola di tutti i nostri figli e con un lavoro degno per le loro famiglie, creando spazi pubblici per il tempo libero e la ricreazione, abilitando le istanze di partecipazione civica, i servizi sanitari, l’accesso ai servizi basici, per nominare solo alcune misure”. Nel corso del suo pontificato più volte Francesco si è espresso anche contro l’ergastolo definendolo “una pena di morte nascosta”.
Ai 700 detenuti incontrati nel carcere di Ciudad Juárez Bergoglio ha voluto rivolgere un appello: “Ora vi può toccare la parte più dura, più difficile, però, perché possa essere quella che generi un più grande frutto, impegnatevi fin da qui dentro a capovolgere le situazioni che generano ulteriore esclusione. Parlate con i vostri cari, raccontate loro la vostra esperienza, aiutate a frenare il giro vizioso della violenza e dell’esclusione. Chi ha sofferto profondamente il dolore e, potremmo dire, ‘ha sperimentato l’inferno’ può diventare un profeta nella società. Lavorate perché questa società che usa e getta non continui a mietere vittime“.
Non è la prima volta che Francesco entra in un carcere. Lo aveva fatto durante le sue visite pastorali a Castrovillari, a Isernia, a Napoli, a Rebibbia dove aveva lavato i piedi a 12 detenuti, e prima ancora nell’istituto minorile di Casal del Marmo. Durante l’Anno Santo Bergoglio ha deciso che anche i detenuti possono ottenere l’indulgenza nelle cappelle delle loro carceri. “Celebrare il Giubileo della misericordia con voi – ha spiegato il Papa – è ricordare il cammino urgente che dobbiamo intraprendere per rompere i giri viziosi della violenza e della delinquenza. Già abbiamo perso diversi decenni pensando e credendo che tutto si risolve isolando, separando, incarcerando, togliendosi i problemi di torno, credendo che questi mezzi risolvano veramente i problemi”.
Altrettanto forte è stata la denuncia che il Papa ha fatto incontrando i rappresentanti del mondo del lavoro: “La mentalità dominante pone il flusso di persone al servizio dei flussi di capitale provocando in molti casi lo sfruttamento dei dipendenti come oggetti da usare e gettare. Dio chiederà conto agli schiavisti dei nostri giorni, e noi dobbiamo fare tutto il possibile perché queste situazioni non si verifichino più. Il flusso di capitale non può determinare il flusso e la vita delle persone”. Bergoglio ha sottolineato che è proprio a causa della “mancanza di opportunità di istruzione e lavoro sostenibile e redditizio“, soprattutto per i giovani, che si genera quella povertà che “diventa il terreno favorevole per cadere nella spirale del narcotraffico e della violenza”.
Francesco ha precisato che “il tempo in cui viviamo ha imposto il paradigma dell’utilità economica come principio delle relazioni personali. La mentalità dominante propugna la maggior quantità possibile di profitti, a qualunque costo e in modo immediato. Non solo provoca la perdita della dimensione etica delle imprese, ma dimentica che il miglior investimento che si può fare è quello di investire sulla gente, sulle persone, sulle loro famiglie. Il miglior investimento è quello di creare opportunità“. Bergoglio ha ribadito che “il guadagno e il capitale non sono beni al di sopra dell’uomo, ma sono al servizio del bene comune. E quando il bene comune è piegato al servizio del profitto e il capitale è l’unico guadagno possibile, questo si chiama esclusione”.
Infine, il Papa ha voluto fare un esame di coscienza con i rappresentati del mondo del lavoro: “Che cosa vuole lasciare il Messico ai suoi figli? Vuole lasciare un ricordo di sfruttamento, di salari inadeguati, di molestie sul lavoro? O vuole lasciare la cultura della memoria del lavoro dignitoso, di un tetto decoroso e della terra per lavorare? In che cultura vogliamo vedere la nascita di quelli che ci seguiranno? Che atmosfera respireranno? Un’aria viziata dalla corruzione, dalla violenza, dall’insicurezza e dalla sfiducia o, al contrario, un’aria in grado di generare alternative, generare rinnovamento e cambiamento? So che il progetto non è facile, – ha concluso Francesco – ma so che è peggio lasciare il futuro nelle mani della corruzione, della brutalità, della mancanza di equità”.
Twitter: @FrancescoGrana