Stanno trasformando la Grecia nel lazzaretto d’Europa. Perché non costruire hotspots anche in Turchia? Ancora una volta, dopo la gestione approssimativa del Grexit, Bruxelles e Berlino stanno imboccando una strada che non conduce a nulla. Una non decisione spesso è ben peggiore di un’altra sbagliata. E’ da un anno almeno che si segnala il flusso biblico di profughi e migranti che fuggono dalla morte e dalla guerra, giungendo sulle isole greche del Dodecanneso, ma solo oggi la Nato invia le sue truppe navali in quel fazzoletto di acque in cui si muore ogni giorno.

Qualcuno ipotizza che la protezione smisurata di cui gode Ankara rifletta gli interessi geopolitici nella nuova guerra fredda con Mosca, ma questo ai greci di Lesbo, Chios, Leros e Rodi non importa. Qui si sta rischiando grosso, con il germe della violenza e della protesta popolare che, da pacifica, potrebbe anche assumere altre spiacevoli vesti.
Iorgos (nome di fantasia, ndr) ha 47 anni e gestisce un B&B sull’isola di Lesbo. Mi dice che non ha votato estrema destra, non si sente razzista né xenofobo, ma si chiede: “Cosa accadrà alla mia attività dopo la creazione degli hotspots? Qui tra poco arriveranno i primi turisti per la Pasqua Ortodossa: sono la nostra unica fonte di reddito”. Per questo è sceso in piazza appiccando fuoco a qualche ruota di un tir per richiamare anche i media ad una maggiore partecipazione al problema. “Voi in Italia vi occupate solo di gossip e politica: e a noi chi pensa?”. Dopo quel fuoco hanno inscenato un corteo sino al cantiere dove sta sorgendo un hotspot. Il risultato? Tafferugli, sassaiola e tanta amarezza mentre solo ieri a Mitylini sono giunti altri 1200 migranti in una sola ondata che nessuno sull’isola può gestire.
I lacrimogeni sparati dal Mat agli abitanti del villaggio di Pyli a Kos, che chiedevano solo di spostare quei campi lontani da zone turistiche, rappresentano l’ennesimo pugno in faccia sferrato ai greci. Nel Paese si respira un’aria pesante. Non sono solo tre anni di sacrifici ad aver fiaccato la gente, ma l’assenza di una prospettiva. Perché nessuno sa con certezza se i compiti a casa svolti (in parte o in toto) da Atene condurranno davvero ad un miglioramento.
Diecimila trattori hanno spezzato in due la Grecia: bloccano autostrade e svincoli, porti e strade statali. Al confine con la Bulgaria si segnalano code infinite di tir che avrebbero dovuto imbarcarsi a Patrasso, ma che non sono neanche partiti per via dei blocchi. Ieri una delegazione ha inviato al gabinetto di Tsipras una serie di richieste: protestano contro la riforma della previdenza sociale.
In piazza nei giorni scorsi anche medici, giornalisti, avvocati e pompe funebri. Si procede alla cieca, con l’ombra di una nuova crisi di governo. La Merkel intanto arriva ancora in ritardo: dice che non bisogna chiudere i confini, ma intanto quello tra Grecia e Fyrom lo è da un pezzo. Senza contare Ungheria e Austria, con il valico del Brennero da ieri out. La cancelliera al Consiglio europeo di domani si batterà “per adottare una soluzione di accordo con la Turchia”. Ma a questo punto perché non usare i tre miliardi dati alla Turchia per fare lì gli hotspots e non in un paese membro dell’Ue?
twitter@FDepalo
Francesco De Palo
Giornalista freelance e scrittore
Zonaeuro - 18 Febbraio 2016
Grecia, migranti e hotspots: non trasformiamola nel lazzaretto d’Europa
Stanno trasformando la Grecia nel lazzaretto d’Europa. Perché non costruire hotspots anche in Turchia? Ancora una volta, dopo la gestione approssimativa del Grexit, Bruxelles e Berlino stanno imboccando una strada che non conduce a nulla. Una non decisione spesso è ben peggiore di un’altra sbagliata. E’ da un anno almeno che si segnala il flusso biblico di profughi e migranti che fuggono dalla morte e dalla guerra, giungendo sulle isole greche del Dodecanneso, ma solo oggi la Nato invia le sue truppe navali in quel fazzoletto di acque in cui si muore ogni giorno.
Qualcuno ipotizza che la protezione smisurata di cui gode Ankara rifletta gli interessi geopolitici nella nuova guerra fredda con Mosca, ma questo ai greci di Lesbo, Chios, Leros e Rodi non importa. Qui si sta rischiando grosso, con il germe della violenza e della protesta popolare che, da pacifica, potrebbe anche assumere altre spiacevoli vesti.
Iorgos (nome di fantasia, ndr) ha 47 anni e gestisce un B&B sull’isola di Lesbo. Mi dice che non ha votato estrema destra, non si sente razzista né xenofobo, ma si chiede: “Cosa accadrà alla mia attività dopo la creazione degli hotspots? Qui tra poco arriveranno i primi turisti per la Pasqua Ortodossa: sono la nostra unica fonte di reddito”. Per questo è sceso in piazza appiccando fuoco a qualche ruota di un tir per richiamare anche i media ad una maggiore partecipazione al problema. “Voi in Italia vi occupate solo di gossip e politica: e a noi chi pensa?”. Dopo quel fuoco hanno inscenato un corteo sino al cantiere dove sta sorgendo un hotspot. Il risultato? Tafferugli, sassaiola e tanta amarezza mentre solo ieri a Mitylini sono giunti altri 1200 migranti in una sola ondata che nessuno sull’isola può gestire.
I lacrimogeni sparati dal Mat agli abitanti del villaggio di Pyli a Kos, che chiedevano solo di spostare quei campi lontani da zone turistiche, rappresentano l’ennesimo pugno in faccia sferrato ai greci. Nel Paese si respira un’aria pesante. Non sono solo tre anni di sacrifici ad aver fiaccato la gente, ma l’assenza di una prospettiva. Perché nessuno sa con certezza se i compiti a casa svolti (in parte o in toto) da Atene condurranno davvero ad un miglioramento.
Diecimila trattori hanno spezzato in due la Grecia: bloccano autostrade e svincoli, porti e strade statali. Al confine con la Bulgaria si segnalano code infinite di tir che avrebbero dovuto imbarcarsi a Patrasso, ma che non sono neanche partiti per via dei blocchi. Ieri una delegazione ha inviato al gabinetto di Tsipras una serie di richieste: protestano contro la riforma della previdenza sociale.
In piazza nei giorni scorsi anche medici, giornalisti, avvocati e pompe funebri. Si procede alla cieca, con l’ombra di una nuova crisi di governo. La Merkel intanto arriva ancora in ritardo: dice che non bisogna chiudere i confini, ma intanto quello tra Grecia e Fyrom lo è da un pezzo. Senza contare Ungheria e Austria, con il valico del Brennero da ieri out. La cancelliera al Consiglio europeo di domani si batterà “per adottare una soluzione di accordo con la Turchia”. Ma a questo punto perché non usare i tre miliardi dati alla Turchia per fare lì gli hotspots e non in un paese membro dell’Ue?
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Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.