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Turbofilm, dai record più assurdi (leccare una patata per un’ora e un quarto) ai documentari in Etiopia: ecco il collettivo Alterazioni Video

C’è chi li ha definiti dadaisti, chi avanguardisti, chi ha evocato la sperimentazioni di Duchamp, chi ne ha perfino apprezzato le doti di regia e messa in scena nei loro lavori di più lungo metraggio, ma il collettivo che ha inventato i TurboFilm è prima di tutto promotore di una delle vie possibili nella rielaborazione del gesto artistico nel prolungato attimo di disfacimento delle solide e insormontabili categorie “culturali” e “artistiche” del Novecento

di Davide Turrini

Un video con un signore davanti ad un pc mentre lecca una patata per un’ora e quattro minuti battendo il record del Guinness dei Primati, un film da 34 minuti girato in Etiopia tra le tribù travolte dalla costruzione della megadiga Gibe III dove si mescolano tradizionale documentazione e sottolineatura kitsch del quotidiano occidentalizzato. Due esempi agli antipodi per far capire i confini dello slittamento produttivo e di senso di Alterazioni Video, il collettivo artistico fondato a Milano nel 2004 da Paololuca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Matteo Erenbourg, Andrea Masu e Giacomo Porfiri, attivo tra l’Italia, Berlino e New York.

C’è chi li ha definiti dadaisti, chi avanguardisti, chi ha evocato la sperimentazioni di Duchamp, chi ne ha perfino apprezzato le doti di regia e messa in scena nei loro lavori di più lungo metraggio, ma il collettivo che ha inventato i TurboFilm è prima di tutto promotore di una delle vie possibili nella rielaborazione del gesto artistico nel prolungato attimo di disfacimento delle solide e insormontabili categorie “culturali” e “artistiche” del Novecento. “Siamo artisti contemporanei che provano a fare cinema, quando questo è oramai diventato blasé e incartapecorito”, spiega Masu al FQMagazine.

La partecipazione alla 52esima Biennale di Venezia con Painting, un lavoro che ha documentato lo stratificarsi continuo di scritte e cancellazioni lungo le mura esterne del carcere di San Vittore a Milano, apparteneva ancora all’ambito della videoarte. Oggi invece il linguaggio del quintetto milanese è diventato un guazzabuglio, un rimescolamento, una fusione plastica di input dal web, reminiscenze classicheggianti, provocazioni culturali. Un po’ come quell’Ambaradan, uno dei dieci Turbofilm girati negli ultimi 5 anni che verranno proiettati durante la lunga retrospettiva che lo Spazio Oberdan di Milano offrirà fino al 4 marzo 2016. “Ambaradan è una parola che significa caos. L’hanno inventata all’epoca dell’invasione dell’Etiopia i soldati italiani dopo una battaglia in cui non capivano più quali erano le tribù alleate e quelle nemiche – continua Masu – Abbiamo seguito il cambio epocale per quei luoghi dovuto alla costruzione della Gibe III da parte della ditta italiana Savini. Abbiamo incontrato una tribù Karo e documentato ciò che vuol dire vivere in un villaggio oggi tra miseria, musica rap, e la solita troupe di bianchi che chiede loro cosa significa vivere in un villaggio così oggi”.

Ambaradan si trasforma così in un videoclip in cui gli abitanti del villaggio, con scarpe Puma fosforescenti, cantano un pezzo hip hop davanti a un pannello su cui è fotografata la Gibe III. “I TurboFilm sono un nuovo genere, come lo erano il western o la fantascienza. La performance si svolge sul luogo e con le persone che incontriamo. Lì raccogliamo gli input e giriamo. Creiamo sul posto costumi e scenografie. A turno noi cinque ci scambiamo i ruoli di produzione e regia”. La classica ‘recherche’ antropologica si fonde con le esigenze intuitive e concettuali dell’arte contemporanea, e si tinge di notevole sarcasmo come per Black Rain, il TurboFilm su Lampedusa: “Siamo andati là mentre Maroni, ministro dell’Interno, parlava di invasione dei popoli neri come una piaga biblica. Abbiamo così scoperto questo fenomeno meteorologico della ‘pioggia sporca’, abbiamo cercato i responsabili e abbiamo trovato uno stregone che la evocava. Il set? Abbiamo vestito gli attori con pezzi di barche raccolte sull’isola”.

Ma il bello, probabilmente, deve ancora a venire. Perché i cinque di Alterazioni Video si sono buttati in qualcosa di ben più competitivo di quanto fatto fino adesso. Nel 2008 i cinque hanno realizzato il più grande cevapcic (polpettone di carne grigliata ndr) al mondo, un evento pubblico nella piazza principale di Ljubljana in occasione di una mostra nel museo di arte contemporanea. Da qui l’idea di provare a battere record su situazioni impensabili come dimostra la pagina dove Alterazioni Video batte il record dello stare in equilibrio su un pallone da ginnastica con in mano un ficus finto (6 minuti), guardare Via col vento abbracciati al proprio portatile (quasi 4 ore), l’attesa più lunga al telefono per mettersi in contatto con una Hotline (circa 15 minuti), il leccamento della patata e il record davvero più importante: una raffica ininterrotta di “suca” detti senza pausa davanti alla videocamera per 1 minuto e 03 secondi. “Purtroppo questo record è stato appena battuto dall’indiano Suresh Gaur con 1 minuto e 04. E’ uno yoghi indiano, lavora di diaframma, ci sta demolendo ogni performance. Così noi adesso andiamo in India e sfidiamo lui come altri indiani, la popolazione più competitiva al mondo e giriamo il nuovo film. Gli indiani detengono ancora il record dell’uomo con le unghie più lunghe o quello del pattinatore più rasoterra al mondo”. Dopo diverse formule produttive, tra cui il crowdfunding, Masu e compagnia cercano un produttore con 20-30mila euro: “Il nostro è un modo di osservare diversi aspetti della natura dell’uomo: l’identità, il nazionalismo, la lotta per la sopravvivenza. E in India la competizione agonistica per questi record ha qualcosa di estremamente spirituale. Il nuovo TurboFilm sarà su questo”.

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