L'opera ha qualcosa di diverso e di nuovo in mezzo al delirio citazionista (spassose le sequenze dedicate al Il Padrino): una magico frame stop di quel meccanismo omicida di concorrenza e crudeltà in cui sembra che l’intero mondo sia ricaduto senza accorgersene sopprimendo il più debole senza pietà. Per questo è paradossalmente più adatta ad un adulto che a un bambino
Non importa ciò che sei, perché nella vita puoi essere ciò che vuoi. La vita nella megalopoli di Zootropolis, il nuovo film omonimo prodotto da Walt Disney Animation Studios in uscita il 18 febbraio, è un Eden idilliaco dove sono state cancellate le differenze istintuali tra animali predatori e prede, tra grossi mammiferi e lillipuziani roditori. Per questo la bella ed energica coniglietta Judy può avere l’ambizione di uscire dal mondo contadino di mamma e papà per diventare poliziotta cittadina tra enormi colleghi che se la potrebbero tranquillamente mangiare come antipasto. Spedita a fare multe, missione che persegue con grande rapidità, Judy si imbatterà in Nick, una volpe furbetta che organizza piccole truffe, ma che sembra al corrente di alcuni dettagli legati alla sparizione di 14 differenti animali: caso irrisolto che sta facendo penare polizia e amministrazione locale.
L’improvvisata coppia stanerà complotto e complottatori in una rocambolesca detection che toccherà i quattro straordinari set naturalistici (Tundratown è uno spettacolo) in cui è divisa la città di Zootropolis. Il film diretto da Byron Howard, Rich Moore e Jared Bush, supervisionato dal grand mogul Pixar, John Lasseter, ha sì qua e la qualche debito visivo con creazioni animate e fumetti precedenti – il minimondo di conigli&carote fa l’occhiolino alle strisce di Richard Scarry; le palazzine signorili e la laboriosa quotidianità dei roditori ricordano I viaggi di Gulliver; il protagonista Nick sembra il Mr. Fox di Wes Anderson –, ma scorre rapidissimo tra le maglie dell’avventura e del buddy movie divertendo lo spettatore con dosi di sanissimo umorismo che riecheggiano culturalmente e sociologicamente il mondo degli adulti: si vedano la sequenza degli impiegati burocratici interpretati dai bradipi, i topolini e le volpi che interpretano i ruoli dei truffatori e dei ladruncoli.
Zootropolis, che in originale tra i doppiatori degli animali protagonisti annovera perfino Shakira, è ancorato molto ai tic e alle ossessioni dell’oggi con l’uso smodato di smartphone, app e selfie, ma ancora di più fa fare un piccolo salto alla moralina/pannicello caldo disneyano che da Dumbo ad oggi ha spesso mostrato il senso di rivalsa, speranza ed equilibrio futuro per tanti animaletti umanizzati e molto sfigati. Grazie al meccanismo magico della sospensione dell’incredulità, mai così calzante come nell’ultima animazione Disney con animali antropomorfi, l’incantesimo può incontrare l’utopia. C’è sì nel film di Howard-Moore-Bush la metafora dello scontro tra ‘diversi’ e della sua difficoltosa sintesi, ma c’è pure l’azzardo di una mutazione genetica generale, una pax sociale tra predatori e prede che è all’origine di molte riflessioni animaliste contemporanee. Tanto lo sappiamo tutti: al di là dei buoni propositi in Zootropolis, la realtà di sopraffazione tra animali, e soprattutto tra uomini e animali, può essere solo la durissima lotta di classe rappresentata in un film di Ken Loach.
Eppure Zootropolis ha qualcosa di diverso e di nuovo in mezzo al delirio citazionista (spassose le sequenze dedicate al Il Padrino): una magico frame stop di quel meccanismo omicida di concorrenza e crudeltà in cui sembra che l’intero mondo sia ricaduto senza accorgersene sopprimendo il più debole senza pietà (tra animali per natura, tra uomo e animali con un po’ di artificio). Per questo il nuovo film Disney è paradossalmente più adatto ad un adulto che a un bambino. Un po’ come in quella sequenza di Io sto con gli ippopotami, il film in cui Bud Spencer e Terence Hill bloccavano a suon di sganassoni il trasporto clandestino di animali esotici, aprivano il boccaporto della nave in cui erano rinchiusi gli animali, ed ecco che struzzi, antilopi, zebre e ghepardi fuggivano all’impazzata pensando più al generale desiderio di sopravvivenza che alla sopraffazione immediata del più debole. Se usciti da Zootropolis proverete un po’più di rispetto per la vita peculiare di ogni singolo animale vuol dire che anche Disney sa insegnare qualcosa all’indaffarato uomo contemporaneo. Favola. Lacrima. The End.
Il trailer