L'allora “più giovane presidente di provincia d'Italia” davanti alle telecamere di La7 diceva di essere “contrario alla candidatura alle primarie di chi ha ricevuto un avviso di garanzia” e di preferire la Guzzanti a Zalone. Avverso ai matrimoni gay e scettico sulle unioni civili, all'accusa della conduttrice essere di destra il futuro premier rivendica la sua natura di “rutelliano”
Vale la pena riguardare oggi la prima intervista di Matteo Renzi a Daria Bignardi del dicembre del 2008. Nessuno dei due allora avrebbe pensato che sette anni e mezzo dopo la conduttrice affermata avrebbe guadagnato a 55 anni la poltrona di direttrice di RAI 3 grazie al direttore generale scelto proprio da quel giovane politico provinciale.
Oggi le domande della sciura della tv al parvenu fiorentino assumono un altro senso, come le risposte del “più giovane presidente di provincia d’Italia”, che nel frattempo è diventato premier. La domanda: “Se lei fosse presidente della RAI che farebbe? Quali programmi chiuderebbe?” allora sembrava senza senso. Oggi è drammaticamente di attualità. Ed è divertente scoprire che Renzi voleva chiudere Domenica In e il programma di RAI 2 del mattino, chissà perché. Mentre sosteneva di voler promuovere i giovani interni salvo poi, con l’eccezione del neodirettore di RAI 1 Andrea Fabiano, favorire con il nuovo corso molti esterni maturi come Daria Bignardi, Gabriele Romagnoli e Ilaria Dallatana.
Renzi si conferma un navigatore che fiuta il vento e cambia le sue posizioni a secondo delle sue convenienze.
Nell’intervista dice di essere contrario alla candidatura alle primarie di chi ha ricevuto un avviso di garanzia, come Graziano Cioni, poi assolto in primo grado e condannato in appello, che per puro caso era il suo rivale nella corsa a sindaco in quel momento. Salvo poi, da presidente del consiglio, supportare senza arrossire un presidente della regione come Vincenzo De Luca e un sottosegretario come Francesca Barracciu.
Renzi nell’intervista sostiene di preferire Sabina Guzzanti a Checco Zalone. Oggi non lo ripeterebbe nemmeno sotto tortura.
Renzi è contrario al matrimonio omosessuale. Accetta obtorto collo le unioni civili ma subito aggiunge che dipende da quello che c’è dentro quella scatola che forse vorrebbe solo se vuota. Precisa che per lui basta il registro esistente in comune e sottolinea che invece di parlare delle pochissime coppie omosessuali che si sono registrate, meno di 40, preferisce pensare alle unioni di fatto formate dagli anziani con le loro badanti.
Daria Bignardi storce la bocca e come se stesse per vomitare lancia l’anatema: ‘lei è di destra’. Renzi rivendica la sua natura di rutelliano che – grazie alle primarie – vuole soffiare con una vera e propria O.p A. il Pd al suo azionista di maggioranza, l’ex Pci, a Firenze. Esattamente come poi farà conquistando l’Italia.
Dall’intervista si intuisce che la Bignardi dice il vero quando oggi dichiara di non essere ‘renziana’. Anche nel dicembre del 2008 con Renzi, sembrava più la proiezione televisiva della sinistra chic del Pd. Nulla a che vedere con quel giovane ex boyscout ex DC-Ppi-Margherita e fiero Rutelliano che ha davanti.
Il video del Fatto Quotidiano che ritrae il marito Luca Sofri nel backstage mentre si complimenta, dopo un’altra ospitata del 2014, con il neo segretario del Pd Renzi con un servile ‘Ottima intervista, capo’ non ha giovato. Però va detto che nel 2008 la conduttrice poneva a Renzi la domanda scomoda sull’intercettazione nella quale il rampante presidente della provincia si comportava come un esecutore sollecito dei voleri poco commendevoli dell’assessore Graziano Cioni. Daria Bignardi non affonda il colpo ricordando a Renzi quanto fosse servile in quella telefonata registrata dai carabinieri con quello stesso Cioni che aveva scaricato alla velocità della luce un minuto prima nella medesima intervista, barbarica davvero.
In conclusione, nell’intervista del 2008 Daria Bignardi non è per nulla renziana ma molto più veltroniana. Non tratta Renzi da ‘capo’ perché allora il capo della sua Ditta era Walter Veltroni. L’evoluzione successiva dei rapporti, fotografata dalle interviste sempre più riguardose in fondo riflette non solo l’ascesa di Renzi ma anche la sconfitta del mondo rappresentato dalla Bignardi. Il boy-scout provincialotto, democristiano e poco incline alle unioni tra gay ha vinto. Daria Bignardi dirigerà la rete perché in fondo, come il resto del Pd ex veltroniano, bersaniano, d’alemiano ecc… ha accettato il nuovo corso con tutti i suoi annessi poco piacevoli che allora osservava con disgusto, da Verdini in giù.
Comunque tra lei e Renzi già allora doveva essere scattato qualcosa. Il profumo del ‘capo’ futuro la Bignardi deve averlo sentito perché non si regala così un’intervista di 36 minuti a un presidente di Provincia che sfida il potere costituito del Pd. Anche perché lo share in prima serata stramazzò al 3,55 per cento.
Molto interessante anche l’invettiva renziana a inizio trasmissione contro i sindacalisti del comparto ferrovie. I macchinisti avevano osato scioperare proprio nel giorno del suo grande debutto sulla scena nazionale. La trasmissione iniziava alle 21. La storia è nota agli amanti delle intercettazioni d’annata: Renzi era uno dei tre ospiti della prima parte. Alle 16 e 34 il suo amico Andrea Bacci disperatamente cerca un elicottero per lui chiamando al telefono (mentre era intercettato per l’inchiesta sulla ‘Cricca’) l’amico imprenditore Riccardo Fusi.
“Matteo deve andare di corsa a Milano in trasmissione ..all’Invasioni Barbariche… i treni – implorava Bacci – sono tutti in ritardo di due ore … due ore e mezzo e non so come … (inc.) è bloccata .. lui ha bisogno di andarci in elicottero … ce l’ hai disponibile prova a sentire … trova una soluzione dai!”. Fusi lo stoppava così: “ma non vola l’elicottero ora … non passa l’Appenino l’elicottero .. non ce la fa … Andrea .. impossibile .. è impossibile … l’elicottero non è un problema .. ma non passa l’Appennino … non lo fanno decollare .. sono le 4 e mezzo fra partire e fare il piano di volo un’ora ci vuole .. non si può passare l’Appennino alle 5 e mezzo di sera …con la previsione che c’è non si vola …devo andare anch’io a Milano .. ho prenotato il treno per domani mattina”. Ecco perché Renzi era infuriato con i sindacalisti. Come i comuni mortali fu costretto a una corsa sul treno in ritardo da Firenze a Milano per essere nello studio de La7, lontano dalla stazione centrale, appena in tempo per la diretta.
Se la pioggia non avesse cospirato contro di lui e se Fusi avesse messo a disposizione il suo elicottero certamente sarebbe stato meno duro con la vertenza dei poveri ferrovieri.
Per la cronaca oggi quel Bacci (già socio di babbo Tiziano Renzi negli anni novanta, poi piazzato da Matteo a dirigere la società della Provincia, Florence Multimedia, poi presiedere della municipalizzata dell’energia Silfi di cui il comune possiede il 30 per cento quando Matteo è stato sindaco, imprenditore allora in affari con Fusi) è in corsa per la nomina ad amministratore di Telekom Sparkle. Sarebbe stata davvero una bella domanda per Daria Bignardi ricordare quell’episodio dell’elicottero per raggiungere proprio le Invasioni barbariche in una delle tante interviste barbariche successive però nessuno degli autori ha pensato di porla al ‘Capo’.