“Simili decisioni non sono state assunte, in tutta Italia, nemmeno nei confronti di chi ha ricevuto avvisi di garanzia o ha procedimenti penali in corso”. Maristella Caldato, consigliera comunale di Treviso eletta nel Pd, commenta così la decisione del partito di espellerla. La sua colpa? Essere “responsabile di gravi danni all’immagine del Pd”, questa la decisione della commissione di garanzia provinciale dei democratici, ovvero l’organo che si esprime su eventuali sanzioni contro gli iscritti che non rispettino le regole interne. Gli addebiti che le vengono mossi, a leggere il provvedimento, sono una serie di votazioni in consiglio comunale in cui Caldato non si è espressa come il resto della maggioranza di centrosinistra che sostiene il sindaco Giovanni Manildo.
Come quando lo scorso novembre ha votato contro la delibera per modificare lo statuto della Actt Servizi spa, società partecipata dal comune che si occupa della gestione di alcuni immobili, ritenuta da Caldato “inutile e per questo motivo da mettere in liquidazione, tanto più che le norme approvate dal governo impongono di tagliare società del genere”. Ragioni che hanno spinto la consigliera a depositare pure un esposto alla Corte dei conti,con la richiesta di verificare se il mantenimento in vita dell’Actt sia causa di un danno erariale.
“Ho agito secondo quello che è il mio dovere civico”, sostiene la consigliera. Ma il capogruppo del Pd in comune, Giovanni Tonella, non la vede così: “La situazione è diventata insostenibile. Caldato vota sempre senza seguire le indicazioni del partito. E su Facebook critica qualsiasi decisione presa dalla sua amministrazione. Non si capisce perché debba rimanere dentro un partito contro cui è sistematicamente in disaccordo”.
Così il 18 gennaio scorso Tonella, insieme al segretario Pd di Treviso, Andrea Michielan, ha portato il caso davanti ai probi viri, che a un mese di distanza hanno deciso per l’espulsione. “Non sono io a essere in disaccordo con il partito – ribatte Caldato – è l’amministrazione che non rispetta il programma elettorale. Le delibere non possono arrivare sempre già preconfezionate. Se agli altri consiglieri sta bene, a me non sta bene”.
Quello dell’esposto alla Corte dei conti è solo l’ultimo episodio di uno scontro che va avanti da mesi, tanto che Caldato aveva già ricevuto un richiamo scritto dalla commissione di garanzia, ed era stata esclusa dalle riunioni di maggioranza. Tanti i motivi di dissapore tra lei e i compagni. Come le due mozioni presentate da Caldato per ridurre del 30% i compensi di sindaco, assessori e consiglieri, proposta che i colleghi non avevano preso bene.
E come una serie di provvedimenti sostenuti da Pd e alleati, contro cui si è opposta Caldato, forte delle sue 568 preferenze alle urne (“più di quante ne abbiano prese gli altri consiglieri”). Per esempio il piano di rischio dell’aeroporto Canova: “Sono stati accolti i rilievi delle società immobiliari, e non quelli di cittadini e associazioni”, accusa la consigliera ribelle. Passando per gli stanziamenti del bilancio di previsione: “Il capitolo destinato ai contributi per i cittadini in difficoltà è di appena 260 milioni, meno della metà dei 530 necessari. I quartieri sono abbandonati, ma 1,3 milioni di euro verranno destinati al rifacimento di due piazze in centro. Queste non possono essere le misure di un programma di centrosinistra”.
Fino alle questioni urbanistiche: “La maggioranza – sostiene Caldato – ha votato un atto di indirizzo che conferma il Pat (Piano di assetto del territorio, ndr) della precedente giunta di centrodestra a cui il Pd, attuale sindaco compreso, si era opposto quando era in minoranza. Se in campagna elettorale si parla di zero consumo di suolo, non si devono concedere nuove lottizzazioni”.
Ribatte il capogruppo Tonella: “Se avessimo azzerato il Pat, per un certo periodo avrebbe avuto valore il precedente piano regolatore e nei fatti sarebbe stato consentito più consumo di suolo. Avremmo anche dovuto spendere più soldi per predisporre un nuovo documento. Tutta la maggioranza ha valutato la strada seguita di emendare il Pat come la migliore. Tranne una consigliera”. Caldato, appunto. Ritenuta colpevole di avere macchiato l’immagine del partito per comportamenti giudicati non consoni “al ruolo di consigliere comunale di maggioranza, iscritto al Pd”. Partito che però Caldato è tutt’altro intenzionata a lasciare, decisa ad appellarsi alla commissione di garanzia regionale. E, se necessario, a quella nazionale.
@gigi_gno