La notizia della morte di Umberto Eco tocca ognuno di noi in modi diversi, ci intristisce per ragioni diverse. Certo l’Italia di questa mattina non sembra più la stessa, come se quell’intellettuale gargantuesco, formidabile, ironico, capace di usare tutte le corde della cultura per capire, criticare, innovare e divertire fosse un punto di riferimento per tutti noi e insieme una marca dello spirito italiano esportata nel mondo intero, l’unico nome italiano conosciuto anche nei villaggi più sperduti della Cina o delle Ande.
Uomo del Rinascimento, versato in tutte le discipline possibili, genio linguistico, grande filosofo, inventore di nuove istituzioni accademiche, scrittore di best-seller, giornalista e critico corrosivo, Eco eccede qualsiasi classificazione, non rientra in nessuna casella e forse, proprio in questo, è stato il migliore rappresentante della cultura italiana, fatta di individui e non di scuole, di personaggi unici e irripetibili con una fantasia e una libertà di uscire dagli schemi che il mondo intero ci invidia.

Ognuno di noi lo ricorderà a suo modo, domandandosi perché e come ha contato nella propria vita. Molti studenti lo ricorderanno per il suo fondamentale libretto su Come si scrive una tesi di laurea, gli accademici per L’Opera aperta e i suoi trattati di semiotica, i più probabilmente per i romanzi, che hanno ritmato la vita letteraria italiana dall’apparizione folgorante nel 1980 de Il Nome della Rosa, che tutti, ammiratori e detrattori, leggemmo appassionatamente, incollati la notte a quell’intrigo medievale come a una telenovela brasiliana…
Ciò che mi preme ricordare oggi, nella miriade dei suoi scritti, sono forse gli scritti meno “nobili”: né i grandi trattati di semiotica, né i best-seller internazionali, ma quegli scritti minimi, i pezzi di costume, i commenti goliardici alla cultura accademica, insomma gli articoli di giornale raccolti nel primo e nel secondo Diario Minimo, libri che sono stati sul mio comodino per tutta la mia giovinezza (per non menzionare altri luoghi intimi della casa!) e che al liceo con i compagni solevamo aprire e leggere a voce alta facendoci grasse risate, un modo di esorcizzare la cultura alta che ci propinavano a scuola e imparare a farcene beffa pur rispettandola.
In questi articoli semi-seri, modestamente raccolti in una serie di libretti dal 1963 agli Anni Novanta c’è tutta la grande sapienza di Eco, il suo sguardo disincantato sul mondo, il suo stile grottesco e parodistico capace di giocare con la cultura come fosse un mazzo di carte, perché, come dice Eco stesso nella prefazione alla seconda edizione del Diario Minimo, “una delle funzioni delle cose poco serie è di gettare diffidenza sulle cose troppo serie: questa è la funzione seria della parodia”.
Come dimenticare allora la Fenomenologia di Mike Buongiorno in cui il presentatore televisivo culto dell’Italia del dopoguerra veniva analizzato nel minimo dettaglio socio-culturale in uno stile irresistibile e profondo, molto più profondo di tanti tromboni che si considerano mass-mediologi: “Mike Bongiorno è privo di senso dell’umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l’interlocutore sia simpaticamente anormale”. Sembra di vederlo Mike Buongiorno, con quella sua aria ottusa e contenta, personaggio esemplare di una cultura dei mass-media che seduce perché fa sognare la mediocrità, chiedendo allo spettatore nient’altro che di essere quello che è già.
Tra i miei preferiti resta le serie delle Istruzioni per l’uso, tra cui l’indimenticabile pezzo su come presentare un catalogo d’arte. L’artista immaginario, Prosciuttini, da trent’anni dipinge triangoli astratti intitolando i quadri, nell’ordine; Composizione; Due più infinito; E= Mc2; Allende, Allende il Cile non si arrende, Le Nom du Père; A/traverso… Il critico deve allora scegliere se presentare il catalogo con una lettera aperta: “Caro Prosciuttini, quando vedo i tuoi triangoli mi ritrovo a Uqbar, teste Jorge Luis… Un Pierre Menard che mi propone forme ricreate in altra età. Lascivie a centottanta gradi: potremmo liberarci della Necessità?” o usare invece uno stile scientifico: “I triangoli di Prosciuttini sono dei grafi. Funzioni preposizionali di concrete tipologie”, o ancora l’interpretazione politica: “I triangoli di Prosciuttini come forme che si rifiutano di essere valori di scambio”, oppure riferirsi alla metafisica influente dell’epoca e usare la teoria filosofica alla moda per scrivere: “I triangoli di Prosciuttini potrebbero, nel loro mutuo annullamento e rotazione “catastrofica”, apparire come una implosività del fallo che si fa vagina dentata”.
E poi, il progetto della Cacopedia, coltissima parodia del sapere universale elaborata nelle pizzerie di Bologna con un gruppo di amici e discepoli di Eco, un progetto di un’enciclopedia all’incontrario, una storpiatura del sapere che su chi, come me, viveva nella “regola monastica” del sapere accademico, aveva l’effetto di un gesto fantozziano liberatorio. Come la critica letteraria della conta: Tre Civette sul Comò, scritta in perfetto “accademese”, che cita il saggio immaginario strutturalista Les Chouettes di Jakobson e Lévi-Strauss “dove si mette in luce come i primi due ottonari presentino esseri infraumani (le civette e il comò) mentre i due seguenti presentano esseri umani e parimenti nel primo e nel terzo ottonario sono in scena dei soggetti, nel secondo e nel quarto delle azioni”.
Le parodie di Eco sono, letteralmente, da scompisciarsi dalle risate: è uno stile geniale, liberatorio e colto, che ammicca a chi sa ma non esclude chi non sa, che ride del sapere capendone insieme l’importanza e che, nella sua perfetta italianità, sa che non ci si può mai prendere sul serio fino in fondo. Eco ci ha insegnato che la cultura è importante perché ci permette di vedere le cose con distacco: anche la cultura stessa. In questo per me Eco è stato un maestro. 
Gloria Origgi
Ecole Normale Supérieure
Cultura - 20 Febbraio 2016
Umberto Eco ci ha insegnato a vedere le cose con distacco. Anche la cultura
La notizia della morte di Umberto Eco tocca ognuno di noi in modi diversi, ci intristisce per ragioni diverse. Certo l’Italia di questa mattina non sembra più la stessa, come se quell’intellettuale gargantuesco, formidabile, ironico, capace di usare tutte le corde della cultura per capire, criticare, innovare e divertire fosse un punto di riferimento per tutti noi e insieme una marca dello spirito italiano esportata nel mondo intero, l’unico nome italiano conosciuto anche nei villaggi più sperduti della Cina o delle Ande.
Uomo del Rinascimento, versato in tutte le discipline possibili, genio linguistico, grande filosofo, inventore di nuove istituzioni accademiche, scrittore di best-seller, giornalista e critico corrosivo, Eco eccede qualsiasi classificazione, non rientra in nessuna casella e forse, proprio in questo, è stato il migliore rappresentante della cultura italiana, fatta di individui e non di scuole, di personaggi unici e irripetibili con una fantasia e una libertà di uscire dagli schemi che il mondo intero ci invidia.
Ognuno di noi lo ricorderà a suo modo, domandandosi perché e come ha contato nella propria vita. Molti studenti lo ricorderanno per il suo fondamentale libretto su Come si scrive una tesi di laurea, gli accademici per L’Opera aperta e i suoi trattati di semiotica, i più probabilmente per i romanzi, che hanno ritmato la vita letteraria italiana dall’apparizione folgorante nel 1980 de Il Nome della Rosa, che tutti, ammiratori e detrattori, leggemmo appassionatamente, incollati la notte a quell’intrigo medievale come a una telenovela brasiliana…
Ciò che mi preme ricordare oggi, nella miriade dei suoi scritti, sono forse gli scritti meno “nobili”: né i grandi trattati di semiotica, né i best-seller internazionali, ma quegli scritti minimi, i pezzi di costume, i commenti goliardici alla cultura accademica, insomma gli articoli di giornale raccolti nel primo e nel secondo Diario Minimo, libri che sono stati sul mio comodino per tutta la mia giovinezza (per non menzionare altri luoghi intimi della casa!) e che al liceo con i compagni solevamo aprire e leggere a voce alta facendoci grasse risate, un modo di esorcizzare la cultura alta che ci propinavano a scuola e imparare a farcene beffa pur rispettandola.
In questi articoli semi-seri, modestamente raccolti in una serie di libretti dal 1963 agli Anni Novanta c’è tutta la grande sapienza di Eco, il suo sguardo disincantato sul mondo, il suo stile grottesco e parodistico capace di giocare con la cultura come fosse un mazzo di carte, perché, come dice Eco stesso nella prefazione alla seconda edizione del Diario Minimo, “una delle funzioni delle cose poco serie è di gettare diffidenza sulle cose troppo serie: questa è la funzione seria della parodia”.
Come dimenticare allora la Fenomenologia di Mike Buongiorno in cui il presentatore televisivo culto dell’Italia del dopoguerra veniva analizzato nel minimo dettaglio socio-culturale in uno stile irresistibile e profondo, molto più profondo di tanti tromboni che si considerano mass-mediologi: “Mike Bongiorno è privo di senso dell’umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà. Gli sfugge la natura del paradosso; come gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo che l’interlocutore sia simpaticamente anormale”. Sembra di vederlo Mike Buongiorno, con quella sua aria ottusa e contenta, personaggio esemplare di una cultura dei mass-media che seduce perché fa sognare la mediocrità, chiedendo allo spettatore nient’altro che di essere quello che è già.
Tra i miei preferiti resta le serie delle Istruzioni per l’uso, tra cui l’indimenticabile pezzo su come presentare un catalogo d’arte. L’artista immaginario, Prosciuttini, da trent’anni dipinge triangoli astratti intitolando i quadri, nell’ordine; Composizione; Due più infinito; E= Mc2; Allende, Allende il Cile non si arrende, Le Nom du Père; A/traverso… Il critico deve allora scegliere se presentare il catalogo con una lettera aperta: “Caro Prosciuttini, quando vedo i tuoi triangoli mi ritrovo a Uqbar, teste Jorge Luis… Un Pierre Menard che mi propone forme ricreate in altra età. Lascivie a centottanta gradi: potremmo liberarci della Necessità?” o usare invece uno stile scientifico: “I triangoli di Prosciuttini sono dei grafi. Funzioni preposizionali di concrete tipologie”, o ancora l’interpretazione politica: “I triangoli di Prosciuttini come forme che si rifiutano di essere valori di scambio”, oppure riferirsi alla metafisica influente dell’epoca e usare la teoria filosofica alla moda per scrivere: “I triangoli di Prosciuttini potrebbero, nel loro mutuo annullamento e rotazione “catastrofica”, apparire come una implosività del fallo che si fa vagina dentata”.
E poi, il progetto della Cacopedia, coltissima parodia del sapere universale elaborata nelle pizzerie di Bologna con un gruppo di amici e discepoli di Eco, un progetto di un’enciclopedia all’incontrario, una storpiatura del sapere che su chi, come me, viveva nella “regola monastica” del sapere accademico, aveva l’effetto di un gesto fantozziano liberatorio. Come la critica letteraria della conta: Tre Civette sul Comò, scritta in perfetto “accademese”, che cita il saggio immaginario strutturalista Les Chouettes di Jakobson e Lévi-Strauss “dove si mette in luce come i primi due ottonari presentino esseri infraumani (le civette e il comò) mentre i due seguenti presentano esseri umani e parimenti nel primo e nel terzo ottonario sono in scena dei soggetti, nel secondo e nel quarto delle azioni”.
Le parodie di Eco sono, letteralmente, da scompisciarsi dalle risate: è uno stile geniale, liberatorio e colto, che ammicca a chi sa ma non esclude chi non sa, che ride del sapere capendone insieme l’importanza e che, nella sua perfetta italianità, sa che non ci si può mai prendere sul serio fino in fondo. Eco ci ha insegnato che la cultura è importante perché ci permette di vedere le cose con distacco: anche la cultura stessa. In questo per me Eco è stato un maestro.
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Roma, 12 mar. (Adnkronos) - Aspettare, ponderare. Giorgia Meloni non avrebbe ancora deciso se partecipare o meno alla video-call dei 'volenterosi', convocata per sabato dal Regno Unito. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha chiamato di nuovo a raccolta i leader di quei Paesi pronti a fornire il loro supporto per assicurare la pace in Ucraina, dopo un possibile accordo di tregua con la Russia. Ma la partecipazione dell'Italia all'incontro da remoto, si apprende da fonti di governo, non è ancora confermata e la presidente del Consiglio starebbe riflettendo sul da farsi.
Il problema di fondo, viene spiegato, è essenzialmente uno: il governo italiano è fortemente contrario all'invio di truppe al fronte in Ucraina; dunque, se la riunione di Londra rientra nell'ambito di un invio di uomini, "noi non partecipiamo", il refrain che arriva da Palazzo Chigi. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda la riunione dei Capi di Stato maggiore europei svoltasi martedì a Parigi con il presidente francese Emmanuel Macron: "In quel caso non eravamo parte del gruppo dei cosiddetti 'volenterosi', siamo andati lì come osservatori". Le diplomazie restano comunque in contatto.
Meloni è al lavoro sul discorso che dovrà pronunciare alle Camere la prossima settimana prima del Consiglio europeo del 20-21 marzo: un passaggio impegnativo, sul quale i partiti della maggioranza sono chiamati a compattarsi dopo aver votato in maniera difforme a Strasburgo. Gli europarlamentari di Fratelli d'Italia hanno dato il loro sì alla risoluzione sul Libro bianco sulla difesa, che sollecita i 27 Paesi dell'Ue ad agire con urgenza per garantire la sicurezza del Continente, accogliendo le conclusioni del Consiglio europeo sul riarmo.
Tuttavia, la delegazione di Fdi si è astenuta sulla risoluzione riguardante l'Ucraina dopo aver richiesto, senza successo, un rinvio del voto. Secondo Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr, il testo non avrebbe tenuto conto dell'accordo raggiunto a Gedda tra Stati Uniti e Ucraina per un possibile cessate il fuoco, rischiando così di "scatenare l'odio verso Donald Trump e gli Usa, anziché aiutare l'Ucraina".
Il nostro "non è stato un doppio voto", dice all'Adnkronos un membro dell'esecutivo in quota Fratelli d'Italia: "La posizione è chiara: se approvi un testo troppo anti-Usa, come fai poi a farti mediatore con gli Usa?". Sulla stessa risoluzione per l'Ucraina, la Lega ha votato contro mentre Forza Italia si è espressa a favore.
Anche da Palazzo Chigi sottolineano come il testo della risoluzione sull'Ucraina fosse troppo sbilanciato 'contro' gli Stati Uniti: Fratelli d'Italia a Strasburgo - il ragionamento che trapela dai piani alti del governo - ha sempre votato a favore della libertà e della sicurezza dell'Ucraina, ma questa volta il testo della risoluzione "era molto più 'accusatorio' verso l'amministrazione Usa" rispetto ad altre volte. Fratelli d'Italia non avrebbe mai votato contro quella risoluzione: "Ma non potevamo nemmeno votare a favore tout court", spiegano.
Sull'astensione, come confermato poi da Procaccini, ha inciso la notizia arrivata dall'Arabia Saudita ieri sera sulla proposta di un cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina e la ripresa dell'assistenza americana a Kiev: "Non ci stiamo smarcando da nulla, quello di Fratelli d'Italia non era un voto contro l'Ucraina", il concetto che viene ribadito. Il voto a macchia di leopardo del centrodestra, ad ogni modo, non impensierisce Palazzo Chigi: in questo momento - si sottolinea - c'è un problema internazionale ben più ampio e la maggioranza di governo ha dimostrato che nei momenti importanti "è sempre uscita unita e compatta".
Almeno per ora, non sembrerebbe all'orizzonte un vertice con Meloni e gli altri leader della maggioranza, Antonio Tajani e Matteo Salvini (anche se i tre ogni settimana si incontrano per fare il punto della situazione su tutti i dossier). Sempre da palazzo Chigi viene evidenziata la "piena sintonia" tra Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che rispondendo alla Camera all'interrogazione del Movimento 5 Stelle sul piano di riarmo approvato oggi dall'Unione europea ha ribadito che i finanziamenti per la difesa non andranno a discapito di sanità e servizi pubblici, rimarcando il suo no a spese per il riarmo che rialzino in modo oneroso il debito pubblico con rischi anche per la stabilità della zona euro. (di Antonio Atte)
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Palermo, 13 mar. (Adnkronos) - All'alba di oggi i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina hanno effettuato una vasta operazione nelle Province di Messina e Catania, con l’esecuzione di misure cautelari emesse dai Gip dei Tribunali del capoluogo peloritano e di quello etneo, su richiesta delle rispettive Procure, nei confronti 39 persone, a vario titolo indagate, per associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al narcotraffico, numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti - tutti reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale "poiché commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare il clan Cappello-Cintorino' e trasferimento fraudolento di valori.
Le due ordinanze sono il risultato dello stretto coordinamento investigativo attuato tra gli Uffici Giudiziari di Catania e di Messina, sotto la supervisione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, al fine di monitorare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati clan per effetto delle cointeressenze nei territori “di confine” delle due province.
I particolari dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che sarà tenuta alle ore 10:30, presso il Palazzo di Giustizia di Messina (via Tommaso Cannizzaro).
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.