Lo faceva notare Francesco Cancellato, il direttore de Linkiesta, in un suo articolo: mai il momento è stato così propizio e forse mai si ripresenterà un’occasione simile. Le piazze del 23 gennaio osannate dai media come il trionfo dell’arcobaleno, un Family Day snobbato da Bergoglio in persona e passato alla storia come un raduno di invasati religiosi, l’intero star system e la grande impresa a perorare la causa delle unioni civili, un Sanremo che più friendly non si può. Bisognava, al cospetto di tutto questo, fare solo due cose: votare il canguro e approvare le unioni civili. E invece il nostro parlamento ha voluto perdere questa occasione storica, rimandandola ancora.
Chi mi conosce sa che non sono affatto tenero con il Partito democratico: talmente critico che, nella mente binaria del renziano standard, appartengo anima e corpo al M5S. Inutile spiegare che ho votato Sel, che le mie scelte elettorali sono raramente condivise da più del 4% della popolazione e che se il Pd fosse di sinistra – e non il rifugio di omofobi, avanzi da oratorio, transfughi della destra berlusconiana e mausoleo post-dalemiano – potrebbe essere non dico la mia casa politica, ma almeno un partito da valutare in cabina elettorale. Il vizio d’origine che non perdono al Pd è quello di aver portato avanti il ddl Cirinnà mantenendo la spaccatura interna tra cattodem e chi la legge, almeno a parole, dice di volerla. Se questa frattura fosse stata sanata all’origine (e quando Renzi vuole, sa farlo, come con la riforma sulla scuola e il Jobs act, per esempio) si sarebbe evitata la pantomima pentastellata del canguro. Per cui, ed è questo il mio pensiero, se il problema c’è lo dobbiamo originariamente a un partito che non si è speso, anima e corpo, per il successo della legge.
Ma detto questo, non si possono non riscontrare tutte le peripezie della logica che animano l’azione parlamentare del partito di Grillo e, bisogna ammetterlo, l’incapacità di portare avanti un’azione politica che abbia come faro il reale interesse comune. Sembra che la spavalderia di Di Battista, il bon ton (sempre un po’ acido) di Di Maio, l’esuberanza di Paola Taverna e le buone intenzioni di Airola abbiano un limite fortissimo nella volontà ferrea del comico genovese di dirigere i lavori. E se ti fai comandare a bacchetta, se porti avanti una linea e basta una telefonata della sera prima a farti cambiare direzione – pare che ci siano degli SMS che inchiodano i pentastellati alle loro responsabilità: avevano assicurato sostegno al canguro, poi notte tempo, chissà cosa è successo – ebbene, tu ci fai la figura del burattino e il concetto stesso di democrazia di cui tanto vai cianciando non si sposa con quelli che sono i tuoi atti. Questa per dirne solo una.
Perché se davvero volessi essere perfido, mi verrebbe da chiedere a Di Battista e al suo piglio da eterno adolescente che non è ancora uscito dallo schema contrappositivo con la figura paterna – per cui subisce a casa e fa il bulletto altrove – cosa c’è di democratico in un movimento che non capisce che la democrazia, oltre a dar voce al popolo, è sistema di regole condiviso. Su tale sistema si costruisce un progetto o un’azione politica. E a me fa strano che, su questioni che interessano un intero paese e che ricadono su un gruppo sociale, si faccia votare su un blog (con quali controlli, poi?) qualcuno che ha il solo merito di aver messo il like giusto a suo tempo, quando Grillo era solo un comico intervistato da “Striscia la notizia”. Nel dizionario della lingua italiana questo ha un solo nome: oligarchia.
Ancora domanderei ai pentastellati, occupati a fare video in cui espongono concetti che evidentemente sfuggono loro, cosa significa la frase “il governo ponga la fiducia”. Perché sulle iniziative parlamentari non si può e per trasformare il ddl Cirinnà in legge del governo significa ricominciare tutto da capo, sottoporre la questione ad Alfano (che come è noto, non ha le posizioni di Lady Gaga in materia) e poi magari trovarsi a non votarla perché si sa, “mai col Pd”. E la domanda sorge spontanea: ma questa presa per i fondelli cui prodest? E tranquilli, è solo latino.
Chiederei a questi piccoli analfabeti della politica, ammantati di tutta l’arroganza possibile (perché si sa, inettitudine e superbia sono formidabili alleate) se l’obbedienza a un principio riguardo un regolamento interno del Senato abbia più valore della richiesta di diritto (e di diritti) di una fascia della popolazione che da trent’anni aspetta quella legge. E farei notar loro, infine, che articoli come questo io, di solito, li scrivo in direzione del Pd: significherà qualcosa?
Potevate fare una cosa e una soltanto: dire “il canguro non ci piace ed è una pratica che contestiamo. Ma visto che il Pd non sa andare oltre le sue divisioni interne e visto che ci teniamo alla richiesta di democrazia di una parte non indifferente del nostro Paese, portiamo avanti questa legge. Perché prima dei cavilli di qual si voglia natura, viene il bene collettivo”. Avreste avuto il plauso di un’intera comunità, forse anche il suo voto, avreste umiliato il vostro avversario e lo avreste messo in crisi subito dopo. Ma per fare tutto questo non ci vuole solo capacità politica, ma anche nobiltà d’animo. La stessa che avete dimostrato di non avere. E questo qualifica il M5S per quello che è destinato a divenire: l’emanazione di un mouse dove i clic giusti li dirige una mano sola.