Pippo Civati ha le caratteristiche per essere un ottimo candidato sindaco di Milano e la sinistra orfana della stagione arancione, se lui decidesse, non potrebbe che sostenerlo”. Roma, Palacongressi dell’Eur, il Cinese ritorna sul palcoscenico della politica, Sergio Cofferati si prende quello della nuova Sinistra italiana in rampa di lancio. Civati non si presenta all’Eur e prende tempo: “Io non sono candidato. In ogni caso sarebbe il caso che Sinistra italiana si mettesse d’accordo su una posizione”. All’Eur, infatti, c’è Giuliano Pisapia, sindaco uscente passato a sostenere Mr. Expo Giuseppe Sala, ma Cofferati è netto: “Qui stiamo cos
truendo un partito della sinistra”.

Sel a Milano ha partecipato alle primarie col Pd e adesso sostiene Sala, anche se controvoglia…
È vero, ma la sinistra a Milano è fatta di tanti altri che non voterebbero mai per Sala ed è doveroso avere un candidato che li rappresenti: quella di Civati sarebbe un’ottima candidatura. Ma deve decidere lui.

Qualcuno ha fatto anche il suo nome, è un’ipotesi?
No, no. Lo escludo. Faccio il parlamentare europeo da indipendente nel Pse, richiede molto impegno. E voglio dare un contributo importante alla costruzione di questo nuovo partito di sinistra.

Insomma, lei insisterebbe su Civati?
Le sigle politiche sono distinte in questo momento, ma l’esperienza arancione di Pisapia non può continuare con Sala: è una storia che non gli appartiene culturalmente e politicamente. E Civati sarebbe il candidato giusto, invece.

Il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, l’accusa di voler far vincere la destra “anche a Milano, come ha già fatto in Liguria”.
Quelli che erano per Pastorino non avrebbero mai votato per la Paita. La sinistra a Genova ha perso per colpa di Guerini e del Pd, dovrebbe ricordarsi delle ingerenze della destra nelle primarie.

Sinistra italiana comincia riempiendo il Palacongressi dell’Eur, più di tremila persone. E adesso?
Partiamo bene, al di là di ogni aspettativa. Pluralità di storie e generazioni, vedo tanti giovani. Sono davvero contento. Adesso apriremo una fase di confronto nelle città: l’obiettivo è quello di costruire un partito pesante, con un radicamento forte e in cui il dibattito non è sostituito dalle decisioni della rete, da internet. La gente si deve guardare in faccia, perché il confronto reale, anche quando critico, consolida il rispetto reciproco. Dopo l’estate cominceremo a tirare le somme. Intanto ci sono le amministrative con le loro diverse situazioni e positive anomalie: a Cagliari stiamo con Zedda e uno schema di centrosinistra classico, a Napoli con De Magistris che governa senza il Pd.

Roma? Come vede un possibile ritorno in campo di Ignazio Marino per fare “altre” primarie come auspica Stefano Fassina?
Marino è stato trattato dal Pd nel modo peggiore possibile. Per me, però, gli conviene lasciar sedimentare le tensioni create per ritornare successivamente con forza nell’agone politico.

Poi c’è il referendum. C’è il rischio di arrivare al congresso già con le ossa rotte, non trova?
No, sono passaggi inevitabili, ma non possiamo e non dobbiamo misurarci sul contingente, dobbiamo pensare al lungo periodo.

Quali sono gli obiettivi?
Governare. Non mi interessano organizzazioni minoritarie.

Guarda ancora al Pd?
Alla sua base certamente, tanti stanno venendo con noi e tanti verranno ancora.

I dirigenti? Le piacerebbe ritrovarsi un giorno di nuovo nello stesso partito di Massimo D’Alema?
Tutti quelli che vorranno venire saranno ben accolti.

Anche Denis Verdini?
Il discrimine, a partire da un’idea precisa sul valore sociale del lavoro, è essere di sinistra.

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