Il premier: "I grillini vogliono solo far male al Pd. Se continuano metto la fiducia dopo un’intesa con Ncd". Il vicepresidente della Camera: "Noi ci siamo al 100 per cento: il Pd la vuole votare o vuole fare propaganda sulla pelle dei diritti dei cittadini?". Ma i democratici non si fidano. Così la stepchild potrebbe essere compresa in una riforma generale del settore
Se non apparisse ironico, dopo tutto quello che è successo negli ultimi giorni, mesi e anni, si potrebbe dire che questa sembra la settimana decisiva per la legge sulle unioni civili. Ma è l’ennesima illusione ottica. Il colpo sotto al tavolo lo dà questa volta il presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha parlato da segretario del Pd all’assemblea del partito: noi non abbiamo i voti al Senato per approvare il disegno di legge Cirinnà, quindi o i Cinquestelle votano con noi o facciamo un accordo di maggioranza e metto la fiducia. Tradotto: togliamo l’adozione del figlio del partner e recuperiamo gli alleati centristi (con la minoranza Pd emarginata, di nuovo). Il M5s cerca di togliergli l’alibi: “Lancio un appello – chiarisce Luigi Di Maio, membro del direttorio, a In Mezz’ora, su Rai3 – Sulle unioni noi ci siamo al 100 per cento: il Pd la vuole votare? Oppure vuole fare propaganda sulla pelle dei diritti dei cittadini?”. “Noi – aggiunge – vogliamo votarlo articolo per articolo questo ddl per portare a casa la legge. Valuteremo poi gli emendamenti ma non per stravolgere la legge”. Anzi, fa di più: si dice personalmente favorevole alla legge così com’è, adozione compresa, indebolendo dunque le ricostruzioni giornalistiche che lo vedevano garante di un elettorato campano conservatore e più vicino alle sensibilità cattoliche.
Ma non basta. Il Pd dice di non fidarsi, Renzi ha già attivato i canali diplomatici con Ncd, ha telefonato ad Alfano annunciando cos’avrebbe fatto. Il presidente del Consiglio non vuole finire nel pantano degli emendamenti che con voti segreti e libertà di coscienza rischiano di deformare per sempre la legge.
Video di Manolo Lanaro
Martedì Renzi incontra i senatori Pd: “Decisivo”
La conclusione, per ora, è che bisognerà aspettare martedì sera quando il capogruppo al Senato Luigi Zanda riunirà i parlamentari del Pd e alla riunione parteciperà anche lo stesso capo del governo. Si discuterà su due opzioni: andare in Aula e votare tutto così com’è, emendamento per emendamento; oppure buttare giù un maxi-emendamento, dal quale togliere di mezzo la stepchild adoption, su cui porre la fiducia in modo da farla votare agli alleati della destra della maggioranza, dai cattolici del Pd all’Udc.
Il Pd: “Non ci fidiamo del M5s”
Ma come? Il M5s ribadisce che i voti “sono a disposizione della legge” come aveva detto già Alessandro Di Battista nei giorni scorsi e il Pd li ignora? I democratici ne fanno un problema di fiducia: non si fidano più dei grillini, dicono. Più tardi ribadisce: “M5s un giorno dice sì e l’altro no sulle unioni civili, è la solita posizione strumentale degli ultimi mesi. La realtà è che loro la legge non la vogliono altrimenti avrebbero votato l’emendamento Marcucci”. Quindi avanti verso l’approvazione della legge in qualche modo: serve, dice Renzi, “la stessa tenacia della legge elettorale, riforma Pa, lavoro. Non possiamo permetterci un’unica cosa: frustrare la speranza come abbiamo fatto con i Dico 10 anni fa“.
Il piano di Renzi: stralciare le adozioni e rinviarle alla Camera
Ma l’uscita di Renzi non è casuale. Anzi, si può dire che è quasi studiata, progettata a tavolino, ha già basi di solidità. Gli era stato chiesto – dai giornali, dal suo partito – di metterci la faccia: e lui ce la mette. Il solo fatto di affiancare la legge sulle unioni civili al grado di Jobs Act e Italicum (e tutti sanno quanto il capo del governo tenga a quelle leggi) è significativo per capire il salto di qualità. Nell’assemblea di martedì dunque si discuterà della exit strategy da una situazione di impantanamento, nella quale Renzi non vuole lasciare il partito, con il rischio Vietnam degli emendamenti leghisti, della libertà di coscienza diffusa, delle insidie del voto segreto.
Quindi il piano B è votare le unioni civili senza adozione del figlio acquisito e elaborare un disegno di legge specifico sulle adozioni per riordinare tutto il settore, sia eterosessuali che omosessuali. Magari un ddl da incardinare alla Camera, dove Pd, Sel e magari Cinquestelle (libertà di coscienza o meno) hanno un’ampia maggioranza per avviare l’iter senza problemi. “E’ un universo quello delle adozioni – sostiene il segretario del Pd – molto complesso non solo sulle adozioni omosessuali ma anche su quelle eterosessuali, con una legge che non funziona e prevede tempi molto lunghi”. Certo, si farà un ultimo tentativo per andare fino in fondo con la Cirinnà, ma l’Ansa racconta che venerdì pomeriggio, in una pausa del consiglio Ue, Renzi ha sentito per telefono Angelino Alfano e gli ha proposto di tentare la via dell’accordo di maggioranza per intestare poi al governo il merito di una riforma attesa in Italia da anni. La tentazione era anche quella del decreto, ma poi la strada è stata scartata. C’è il problema che la maggioranza dei senatori vuole la legge così com’è, i laici potrebbero mettersi di traverso, ma Renzi ricorderà che non ci sono i voti per andare fino in fondo e l’alternativa è rinviare ancora, lasciando l’Italia ultima nella classifica dei diritti nell’intera Europa.
Pd e M5s, scambio di accuse: “Giocate sulle persone”
L’effetto è che sia il Pd sia il M5s dicono di voler tutelare le persone che acquisirebbero nuovi diritti con l’approvazione della legge Cirinnà, ma alla fine resta un dialogo tra sordi che si rinfacciano le stesse cose, anche con toni di disprezzo reciproco, come l’imitazione del presidente della senatrice Paola Taverna o viceversa Di Maio che gli dà del comico. “E’ fondamentale che non si corra il rischio, in nome di uno squallido gioco politico di alcune forze pronte a tutto pur di fare male al Pd, di far del male alle persone che in questo momento aspettano di non avere più paura. Questo è il punto qualificante per il Pd” dice Renzi nell’intervento conclusivo all’assemblea del Pd. Poco prima aveva detto una cosa simile: “Capisco la sindrome Lucy e Charlie Brown, quella di staccarsi dal padrone all’ultimo minuto. Ma loro hanno l’obiettivo fare il male del Pd, noi abbiamo l’obiettivo di fare il bene dell’Italia. Il sindaco di Livorno ha detto che il Pd deve morire, noi che l’Italia deve vivere”. Di Maio rovescia il concetto nell’altro campo: “Lancio un appello – chiarisce a In Mezz’ora, su Rai3 – Sulle unioni noi ci siamo al 100 per cento: il Pd la vuole votare? Oppure vuole fare propaganda sulla pelle dei diritti dei cittadini?”.
Mi dicono che un misero personaggio in cerca di autore, in mancanza di programma candidati e personalità, non abbia…
Pubblicato da Paola Taverna su Domenica 21 febbraio 2016
Renzi: “Accordo con Grillo? Dovevamo tentare”
Una distanza che resta anche sulla ricostruzione delle dinamiche degli ultimi giorni con il Pd che si sente “tradito” per un accordo che i Cinquestelle continuano a smentire. “Venti minuti prima del voto – è la versione di Renzi – il capogruppo del Pd Luigi Zanda ha saputo del dietrofront del M5S. Sulla base dei numeri che avevamo in Senato che comprendevano quelli del gruppo di Verdini e di Sel che ci hanno assicurato subito il sostegno. Sono ‘strani amori’, come il Sanremo di anni fa. Alla luce dei numeri che c’erano abbiamo pensato di fare un accordo con Beppe Grillo e il M5S. E’ stato un errore? Qualcuno dice sì, qualcuno no. Ma credo che non ci saremmo perdonati il fatto di non tentarlo”. Di Maio cancella tutto e assicura che il M5s non ha cambiato idea, “non c’è stato mai un accordo con il Pd”. Soprattutto, “non mi sono candidato per fare il Machiavelli della situazione”. “Sulla stepchild decide l’Aula – continua – Noi abbiamo lasciato libertà di coscienza. Non credo sia un problema se un gruppo di persone che ci sostiene è contrario, come Movimento riflettiamo le divisioni del Paese e le rispettiamo”. Anche la protesta in rete contro la decisione di non votare il canguro dipende, per Di Maio, dal fatto che “su internet ci sono molti ‘troll‘”. “Secondo me se la base ha protestato è solo perché è vittima della disinformazione“.
I problemi di Renzi (dentro e fuori il partito)
Qui però si affacciano alcuni problemi per Renzi. Il primo: le aspettative delle associazioni Lgbt che oggi stesso lo hanno incontrato durante l’assemblea del Pd. “La stepchild adoption – gli hanno detto – è il cuore della legge. Uno stralcio è inaccettabile”. Quindi non una legge pur che sia, ma almeno questa legge.
Il secondo problema, che forse impensierisce poco il presidente del Consiglio: la minoranza Pd, ma anche l’area dei Giovani Turchi (che esprimono il ministro Andrea Orlando e il presidente del Pd Matteo Orfini) hanno già detto che l’adozione deve rimanere. “Sarà giustissimo rispettare il dibattito dei senatori – dice Roberto Speranza – Nel 2013 si è fatto un congresso, vinto da Renzi, in cui la posizione era unioni civili e stepchild così come nel programma con cui Bersani si presentò alle elezioni. Se accordo di governo significa rinunciare alla stepchild io sono contrario, dobbiamo difendere le nostre idee, il nostro punto di vista e confrontarci nel dibattito parlamentare”. Più netto Miguel Gotor: “Sia chiaro: se scegliere l’accordo con Ncd significa rinunciare alla stepchild adoption noi non ci stiamo”. L’orfiniano Francesco Verducci fissa il margine d’azione: “Limare le cose che non vanno” ma “mantenere l’impostazione del testo Cirinnà, che è l’impostazione di tutte le culture fondative del Pd”. La mediazione più avanzata con Ncd, Udc e gli altri nanetti al governo può essere “un intervento ad hoc per la deterrenza contro l’utero in affitto”.
Lo Giudice: “M5s, basta stop and go”. Monaco: “Linea Pd a zigzag”
Così da una parte ora a fare appello ai Cinquestelle è Sergio Lo Giudice, senatore Pd, omosessuale, ex presidente di Arcigay per quasi 10 anni, sposato (a Oslo), padre di un bambino avuto con la maternità surrogata (quello che viene chiamato “utero in affitto”) negli Stati Uniti. “Un anno fa il gruppo M5S votava compatto in commissione il ddl Cirinnà – dice Lo Giudice – Pochi giorni fa il senatore Martelli ha detto al FattoTV che lo avevano fatto a titolo personale. Alessandro Di Battista ha invitato il Pd a mettere la fiducia e votarsi la legge con Ncd, oggi Di Maio dichiara che loro ci sono al cento per cento. Questi stop and go dei Cinque Stelle stanno ammazzando la legge sulle unioni civili e le speranze di milioni di italiani”. Ma – a riprova che la confusione regna ovunque – lo stesso rilievo viene fatto da Franco Monaco, senatore del Pd, considerato vicino a Romano Prodi, proprio nei confronti del Partito democratico: “Chi ci capisce è bravo della linea Pd sulle unioni civili- dice – Prima l’asse con i 5 stelle, ora la proposta di un compromesso con Ncd; prima la sovranità del Parlamento e la libertà di coscienza per i senatori Pd, ora l’ipotesi di un voto di fiducia posto dal governo; prima il canguro intero che esautora il Parlamento, poi il canguro a metà, infine la rinuncia al canguro; prima la stepchild adoption come irrinunciabile, ora non più. Uno zig zag indecifrabile che testimonia confusione sul profilo identitario del Pd quale partito plurale e laico”.
Gotor: “Renzi dica chiaramente se vuole l’adozione”
Il risultato finale – tra i tanti – è anche che l’uscita di Renzi si presta alle ricostruzioni maliziose e il timore che usi le difficoltà parlamentari per arrivare a una legge che convince di più un presidente del Consiglio cattolico, con un padre che organizzava gite a Medjugorje, un fratello neocatecumenale, un cognato prete, una moglie devota a una concezione della religione definita “pre-risorgimentale”, un amico (Marco Carrai) ritenuto vicino a Comunione e Liberazione. A onor del vero il capo del governo fino a oggi ha smepre sostenuto il testo di Monica Cirinnà, ma senza mai esporsi e senza entrae nel dibattito nel modo energico che ha scelto oggi per “minacciare” un’intesa (al ribasso) con Alfano. Così il senatore bersaniano Miguel Gotor, per esempio, dice: “Se è proprio questo (l’adozione, ndr) che in realtà non si vuole, lo si dica con chiarezza e senza furbizie e forzature procedurali, assumendosi la responsabilità delle proprie posizioni davanti all’opinione pubblica del Paese”.