In Europa le costruzioni e la sanità sono i settori più esposti alla corruzione e al crimine organizzato. Nell’ambito della salute pubblica in particolare, i Paesi più a rischio sono l’Italia e il Polonia. A dimostrarlo, a pochi giorni dal nuovo scandalo tangenti nella sanità lombarda, una ricerca dell’Università di Torino sulla vulnerabillità degli appalti pubblici di 25 Paesi membri dell’Ue (sono esclusi Belgio, Cipro e Grecia), intitolata “Warning on Crime” e realizzato dalle ricercatrici Valeria Ferraris, Caterina Mazza and Laura Scomparin. Secondo lo studio, presentato lunedì 22 febbraio nell’ateneo piemontese, tutti gli appalti pubblici europei sono permeabili alla criminalità, ma la disomogeneità delle norme tra gli Stati e la scarsa attenzione dei decisori pubblici può addirittura peggiorare la situazione attuale, creando in Europa nuove opportunità per gli affari criminali.
La spesa per beni, opere e servizi ammonta da sola, ogni anno, a un quinto del Pil dell’Unione
Gli appalti pubblici rappresentano una gigantesca attrazione per gli appetiti delle organizzazioni criminali e dei colletti bianchi. La spesa per beni, opere e servizi ammonta da sola, ogni anno, a un quinto del Pil dell’Unione. Non tutti i settori sono però uguali. Costruzione e salute sono quelli che impiegano la quota maggiore dei finanziamenti e anche per questo rappresentano il tallone d’Achille d’Europa. Nel caso della sanità il rischio è rappresentato soprattutto dalle alleanze opache che si instaurano tra soggetto pubblico e interessi privati.
“Gli appalti per le forniture mediche sono destinati a una ristretta cerchia di operatori del settore” si legge nella ricerca. “E’ molto interessante rilevare che quasi mai questi appalti vengono assegnati a fornitori stranieri”. I contratti transfrontalieri rappresentano solo il 2,48% del valore complessivo dei contratti per la fornitura di attrezzature mediche, prodotti farmaceutici e prodotti per la cura delle persone. Sintomo di assenza di una vera concorrenza e dell’importanza delle intese personali tra acquirenti e fornitori. Non a caso nel settore “collusioni, cartelli d’impresa e frodi sono pratiche comuni”.
Diversi i problemi nel settore delle costruzioni, dove il livello di specializzazione richiesto è molto basso e quindi più ampia la platea di potenziali partecipanti alle gare. I maggiori problemi sorgono nella fase dei subappalti. Non a caso anche i Paesi che normalmente mantengono bassi livelli di regolamentazione, come la Finlandia, si preoccupano di filtrare l’accesso a questo mercato. Dal punto di vista della vulnerabilità, le costruzioni coincidono al settore di massimo rischio per Italia, Austria, Francia, Finlandia, Portogallo, Spagna e Svezia. Mentre la sanità è considerata un settore particolarmente sensibile soprattutto in Italia e Polonia.
Nella sanità quasi mai le forniture sono vinte da aziende straniere. E’ sintomo di frodi e collusioni
Non sono esenti da forti rischi anche il settore dei trasporti, dell’energia e dello smaltimento rifiuti, seppure in modo differenziato nei vari paesi. Pur non entrando in dettagli, la ricerca tiene conto anche di altri ambiti particolarmente opachi. “Gli appalti pubblici connessi con alla difesa, la pubblica sicurezza e l’esercito sono considerati molto vulnerabili soprattutto per una diffusa mancanza di trasparenza”. A questi si uniscono i contratti assegnati a livello locale, dove “legami familiari, relazioni sociali, amicizie e conoscenze, la necessità di fornire opportunità di lavoro per le comunità locali, soprattutto in un momento di crisi, e la mancanza di conoscenza e professionalità nelle piccole amministrazioni” costituiscono altrettanti fattori di rischio. Ultimo, ma non per importanza, l’ambito dei servizi sociali ed educativi, dove le emergenze (vere o presunte) generano spesso un abuso di procedure speciali che eliminano qualsiasi forma di concorrenza e rendono impossibili i controlli.
Nei 25 Paesi analizzati la differente vulnerabilità degli appalti pubblici dipende soprattutto dal generale livello di corruzione e illegalità dei governi locali e nazionali. La ricerca distingue le nazioni sulla basi di tre livelli di rischio (alto, medio e basso) a partire dallo studio delle normative, dei precedenti giudiziari e di rapporti e studi precedenti. “Una valutazione di alto rischio non significa che gli appalti pubblici in quel paese sono influenzati da infiltrazioni criminali, corruzione e comportamenti non etici – avvertono però le ricercatrici –. Vuol dire piuttosto che gli appalti pubblici sono giudicati vulnerabili secondo gli standard di quel paese specifico”.
Contrariamente a quel che si crede, i problemi non nascono sempre dall’assenza di regole o di strumenti di deterrenza. Rispetto agli altri Stati l’Italia è un unicum nella sua dotazione di strumenti normativi, ma ciò non la mette a riparo dai rischi: fatta la legge, trovato l’inganno. Lo dimostra la lunga serie di tecniche utilizzate per inquinare le procedure d’appalto. Dai bandi scritti ad hoc “per rispondere a bisogni non esistenti e appositamente fabbricati”, alla “diffusione di informazioni riservate relative al bando di gara allo scopo di favorire alcuni partecipanti”. Tutti problemi difficilmente risolvibili per la metà dei paesi analizzati (tra cui l’Italia). Ma è soprattutto l’assenza di reali controlli in fase di esecuzione dei lavori a generare gli effetti più perversi. “La stazione appaltante sembra dimenticare il contratto una volta che è stato assegnato e nella maggior parte dei paesi non sono previste autorità incaricate di monitorare l’esecuzione del contratto” sostiene la ricerca.
Bandi su misura o passati sottobanco, assenza di controlli sui lavori svolti. Così in Italia si froda sugli appalti
I guai cominciano dopo l’assegnazione dell’appalto. Con la bassa qualità dei materiali utilizzati, l’aumento fittizio dei costi e i ritardi nelle esecuzioni. Su questi aspetti l’Italia mostra una debolezza seconda solo a quella dell’Austria, nonostante sia l’unico Paese a vantare sistemi di controllo focalizzati sull’esecuzione degli appalti, con l’impiego di unità speciali incaricate di svolgere controlli e indagini sulle grandi opere. Che cos’è che non funziona? “Siamo arrivati alla conclusione che la sovrapposizione di competenze rischia di aumentare la vulnerabilità. O di richiedere meccanismi di coordinamento non sempre facili da realizzare”.
Le ricette in ogni caso non sono semplici. Ridurre la burocratizzazione dei controlli e potenziarli, uniformare le norme, aumentare la richiesta di accountability da parte dei cittadini su come sono spesi i fondi pubblici, valutare i risultati delle misure adottate, sono alcuni degli aspetti che la ricerca individua come essenziali.