Il paradosso segnalato nella ricerca "Warning on Crime" dell'Università di Torino: i Paesi più virtuosi sono quelli che hanno norme meno efficaci rispetto all'Italia per contastare gli appetiti dei boss. Proprio mentre aumentano le grandi opere tranfrontaliere, come il Tav
Gli appalti pubblici europei e le opere transfrontaliere, come la Tav, possono diventare l’Eldorado della criminalità organizzata. L’allarme emerge dal rapporto “Warning on Crime” realizzato dalle ricercatrici dell’Università di Torino Valeria Ferraris, Caterina Mazza and Laura Scomparin. L’assenza di sensibilità al problema mafioso da parte dei decisori europei, unita alla scarsa consapevolezza dei possibili nessi tra criminalità organizzata e corruzione, può creare dei varchi per gli appetiti criminali. Nazioni come la Finlandia e la Francia, che nelle classifiche sulla corruzione percepita hanno posizioni da prime della classe, mostrano da questo punto di vista un livello di vulnerabilità molto alto. Dove la corruzione e l’infiltrazione mafiosa non destano preoccupazione, i livelli di attenzione possono rimanere pericolosamente bassi, con il paradosso di trasformare queste nazioni in territori di conquista per il crimine organizzato.
“Gli strumenti normativi presenti nei vari Paesi si concentrano quasi esclusivamente sulla corruzione e non su altri tipi di crimine; altre tipologie di reato, dalla criminalità organizzata a quella dei cosiddetti colletti bianchi sono previste autonomamente solo in casi eccezionali” spiegano le ricercatrici. “Nello studio siamo partiti considerando la criminalità organizzata come uno dei punti focali in materia di vulnerabilità degli appalti, ma abbiamo rilevato che negli altri Paesi questa prospettiva è quasi del tutto assente. L’Italia è davvero un unicum su questo.”
Dunque il nostro Paese, che già vive mille problemi sul fronte degli appalti, potrebbe presto trovarsi in buona compagnia. La disattenzione rende l’Europa un territorio ancora più appetibile e ciò può accelerare il trasferimento all’estero di alcuni interessi delle mafie nostrane. “È un rischio reale, perché la scarsa attenzione al reato associativo connesso al tema appalti può creare all’estero delle “opportunità” in più”, aggiungono le studiose. “È vero che gli appalti restano ancora in larga parte un mercato nazionale, nel senso che è rara la partecipazione a bandi esteri da parte delle imprese criminali, ma esiste parallelamente il rischio di un radicamento dei gruppi mafiosi in quei contesti economici dove il mercato è in crescita. E l’aumento di opere pubbliche transfrontaliere finanziate o cofinanziate dall’Unione Europea aumenta questi rischi”.
Lo studio presentato lubedì 22 febbraio a Torino alla presenza, tra gli altri, del ministro della Giustizia Andrea Orlando, affronta in particolare il caso della Tav Torino-Lione. “La Tav ha reso evidente a tutti che non si può più pensare efficacemente a strumenti preventivi e di contrasto all’illegalità negli appalti pubblici strettamente ancorati ai confini e alle sovranità nazionali, ma occorre sempre più ragionare in termini di transfrontieralità e di condivisione di politiche e normative di contrasto”. Dove le sensibilità e gli strumenti sono diversi, gli ingranaggi già traballanti si inceppano, a tutto beneficio di chi è intenzionato ad approfittarne. “In presenza di norme e meccanismi di controlli disomogenei i problemi finiscono col dover essere affrontati in modo contingenziale” è la conclusione delle ricercatrici “perciò anche se l’Italia è un Paese particolarmente attrezzato in materia, l’efficacia degli interventi non può non risentirne”.