Quella dei tedeschi ha il sapore di una mossa più politica che finanziaria e che non mancherà di suscitare aspre polemiche nel dibattito sul referendum con il quale a giugno i cittadini britannici decideranno se uscire o se restare nell'Unione europea
Una mossa più politica che finanziaria e che non mancherà di suscitare aspre polemiche nel dibattito sulla Brexit, cioè sul referendum con il quale a giugno i cittadini britannici decideranno se uscire o se restare nell’Unione europea. La notizia è quella delle trattative per l’acquisizione del London Stock Exchange da parte della Borsa di Francoforte. Una fusione alla pari, si dice, al termine della quale però gli azionisti di Deutsche Börse si troveranno in mano il 54,4% del nuovo colosso finanziario contro il 45,6% dei soci britannici.
Un’operazione che ha un senso industriale, perché darebbe un forte impulso allo sviluppo delle piazze finanziarie coinvolte (Francoforte, Londra e Milano, che è controllata dal London Stock Exchange), creando un polo con la leadership assoluta negli scambi e nelle attività di clearing in Europa: notevoli le sinergie che si potrebbero creare sia sotto il profilo della crescita e dei ricavi, sia sotto quello dei costi. Non a caso, la notizia delle trattative è stata accolta molto positivamente in Borsa con un forte rialzo delle quotazioni del London Stock Exchange e di Deutsche Börse. Tuttavia, l’ipotesi di una fusione tra i due mercati dovrà fare i conti con almeno due ordini di problemi. Il primo, di carattere tecnico-politico, riguarda l’Antitrust europeo che sarà chiamato a valutare l’operazione di concentrazione. I precedenti non sono a favore di Deutsche Börse: quattro anni fa il gruppo tedesco fu costretto ad abbandonare il progetto di fusione con New York proprio per le obiezioni avanzate da Bruxelles. In termini di concentrazione degli scambi e delle attività di clearing, una fusione Francoforte-Londra-Milano ha una rilevanza tale che una via libera, anche condizionato, non è affatto scontato.
Ma il tema più caldo è quello politico: in Gran Bretagna la campagna elettorale in vista del referendum è entrata nel vivo e sta spaccando i conservatori con il sindaco di Londra, il capelluto Boris Johnson, che sfida apertamente il premier David Cameron candidandosi alla leadership del partito e schierandosi per la Brexit. Il sentimento antieuropeista è cresciuto in molto in questi anni e una partita come quella della vendita del London Stock Exchange ai tedeschi non è destinata a rimanere in secondo piano nei dibattiti e nelle polemiche anche perché l’industria finanziaria e tutto ciò che ruota intorno alla City è altamente strategico per il Paese, trattandosi di fatto della prima industria britannica. E’ vero che la piazza finanziaria è solo il luogo degli scambi, ma ha una valenza anche simbolica molto forte per un Paese molto geloso della sua sovranità, anche monetaria. I politici e i media più nazionalisti (e non solo loro) potrebbero mettersi di traverso all’operazione già nei prossimi giorni e – sotto la pressione dell’opinione pubblica – la trattativa rischia di complicarsi. Del resto non è la prima volta che Francoforte cerca di conquistare Londra: due tentativi di fusione vennero discussi nel 2000 e poi ancora nel 2004. Allora non se ne fece nulla. Oggi Deutsche Börse torna alla carica entrando di fatto in campagna elettorale: una mossa calcolata o una clamorosa svista politica? Difficile dirlo, ma le probabilità che questa volta la fusione vada in porto non sembrano elevatissime…