Il procedimento era stato aperto a ottobre. Dopo la pubblicazione delle intercettazioni disposte nell’ambito dell'inchiesta della procura di Caltanissetta nei confronti dell'ex presidente della sezione misure cautelari del Tribunale di Palermo. Ma, almeno secondo il Consiglio superiore, il magistrato non deve essere trasferito
Il Consiglio superiore della magistratura si avvia a chiudere gli strascichi del caso Palermo. La prima commissione del Csm proporrà infatti di archiviare la pratica sul presidente della sezione misure cautelari del tribunale di Roma, Guglielmo Muntoni. Una pratica aperta a ottobre alla luce della pubblicazione delle intercettazioni disposte nell’ambito del procedimento penale della procura di Caltanissetta nei confronti di Silvana Saguto, allora presidente della sezione misure cautelari del Tribunale di Palermo. Proprio per i rapporti con la Saguto, il procuratore generale della Corte di Cassazione ha promosso due mesi fa nei confronti di Muntoni l’azione disciplinare. Ma, almeno secondo il Csm, il magistrato non deve essere trasferito.
La prima Commissione di Palazzo dei Marescialli ha svolto un’istruttoria a tutto campo, acquisendo documenti e procedendo a diverse audizioni, a partire dal magistrato interessato per accertare se, da quanto emerso, sia opportuna la sua permanenza a Roma. I fatti contestati sono d’altra parte sotto la lente di ingrandimento della procura generale della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare che deve accertare se Muntoni si sia adoperato per far ottenere a Lorenzo Caramma, marito del magistrato Silvana Saguto, gli incarichi a cui ambiva. Se si sia attivato perché lo stesso Caramma fosse designato quale coadiutore degli amministratori giudiziari del compendio relativo alle quote della società ‘La Cascina’ finita nelle maglie dell’inchiesta ‘Mafia Capitale’. E in particolare a che titolo si fosse pensato a lui, ingegnere meccanico, come manager per la gestione del Cara di Mineo, il centro per l’assistenza di centinaia di rifugiati. La procura infine deve accertare se Muntoni si sia dato da fare attivamente affinchè un altro collegio della sua sezione nominasse l’avvocato Cappellano Seminara (anche lui protagonista dell’inchiesta di Caltanissetta) quale amministratore giudiziario del vasto compendio dei beni oggetto di un altro sequestro: in questo caso – secondo la ricostruzione emersa dalle audizioni al Csm – si limitò a dare un consiglio su richiesta dei suoi colleghi a cui spettava la scelta .
Quel che è già certo fin d’ora è che fu l’inchiesta di Caltanissetta ad impedire il perfezionamento dell’incarico per il Cara di Mineo a favore del marito di Silvana Saguto, come ha rivelato lo stesso Muntoni sentito a Palazzo dei Marescialli il 25 novembre scorso: pochi mesi prima, nel luglio del 2015, quando il tribunale di Roma aveva disposto l’amministrazione giudiziaria nei confronti de ‘La Cascina’, il magistrato aveva pensato di nominare amministratore proprio l’ingegner Caramma corrispondendo a pressanti richieste della collega, travolta da enormi difficoltà finanziarie. Poi, come detto, era deflagrato sui giornali il caso Palermo e non se ne fece più nulla.
Per il Csm non ci sono “elementi certi e obiettivi” che giustifichino la rimozione del magistrato dal tribunale di Roma. Anche perché i fatti accertati “devono essere in rapporto di causalità con la ritenuta compromissione della piena indipendenza e imparzialità nello svolgimento della funzione giurisdizionale, sicché il provvedimento di trasferimento si manifesti come indispensabile per la restaurazione della credibilità, dell’autorevolezza e dell’imparzialità dell’amministrazione”, si legge nella delibera proposta al plenum. Che sottolinea come “non vi siano stati né turbamento né (per quanto consta a questa Commissione) pregiudizio per l’azione giudiziaria in concreto esercitata”. La parola finale sul caso spetta ora alla Procuratore Generale della Cassazione che, a dicembre, ha deciso comunque di promuovere nei confronti di Muntoni l’azione disciplinare.